Poker on line che truffa!

Poker
Tavoli arancioni virtuali, un mazzo di 52 carte virtuali. Giocatori e soldi veri. Comincia un nuovo anno sociale con un nuovo gioco d’azzardo legale. È nato il poker on line. Con la recessione economica in atto, con la crisi dei mutui e delle banche, con l’indebitamento delle famiglie e il continuo aumento dei prezzi si avvertiva proprio l’impellente necessità di trovare un altro modo intelligente dove investire le nostre già scarse risorse. Così, alle 17 del 2 settembre scorso, si è conclusa la prima partita legale in Italia di poker on line con montepremi in denaro. Finora il gioco in Italia era vietato e i giocatori, circa 200 mila, giocavano sui siti Internet all’estero. L’amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato ha sottolineato come il provvedimento che dà avvio ai giochi di abilità rientri in un’attenta e puntuale strategia volta ad aumentare l’offerta di gioco sicuro in Italia, in modo da sottrarre quote di gioco illegale o irregolare attualmente praticato sui siti esteri. I Monopoli di Stato, in realtà, avevano tentato di oscurare alcuni siti, ma era come andare a caccia di leoni con un retino . Ora la stagione di caccia è chiusa e i giochi sono aperti: Rien va plus, le jeux sont faits. Secondo le previsioni, nei prossimi anni saranno circa 500 mila i giocatori via Internet, mentre due sono le società già approvate, ma che arriveranno a 30 entro un anno. Le illusioni del poker on line Secondo il filosofo francese Roger Caillois, le quattro pulsioni primarie del gioco sono l’agon o competizione, l’alea o caso, l’ilinx o vertigine, il mimicry o mimica. Il poker on line aumenta l’inganno cognitivo – ci spiega il sociologo Maurizio Fiasco, collaboratore della Consulta antiusura,- circa la controllabilità del risultato. Si combina l’aspetto di casualità (alea) con l’abilità (agon), e si coltiva l’illusione che il gioco sia anche agonistico perché bisogna decidere una tattica, bisogna saper bluffare, mentre perdura il totale arbitrio del caso. Con il poker on line si smarriscono anche gli indispensabili confini di luogo e di tempo. Nel poker classico, giocato tra amici, è importante anche il rituale scenico: il punto d’incontro, (appartamento, bisca) e la frequenza (settimanale, bisettimanale), perché formano un piccolo gruppo che ha valenza socializzante. Il gioco on line – aggiunge Maurizio Fiasco – fa saltare tutti i confini e i rituali. Innanzitutto bisogna sottolineare che i giocatori si conoscono senza mai incontrarsi e solo attraverso uno pseudonimo che sviluppa il comportamento infantile del mascheramento, di travisamento dell’identità. Si perde così tutta una serie di inibizioni dovute al fatto che non devo mostrare la faccia in pubblico. Questo fa crescere una forza collusiva ulteriore. Inoltre i tempi di elaborazione delle scelte diventano più veloci perché il supporto informatico consente l’i- stantaneità. Il rituale scenico viene così annullato, il gioco diventa una pratica solitaria e, invece della sana compagnia, cresce la solitudine che si voleva sconfiggere. Della bellezza del gioco, i bluff, gli sguardi, il controllo delle emozioni, cosa resta? Solo la freddezza di un computer, l’abilità delle mani sulla tastiera e la lucidità mentale del calcolo delle probabilità sulle carte ancora non uscite. Il luogo virtuale del computer annulla così le distanze e il tempo. Si può giocare da qualsiasi remoto: a casa, a scuola, in ufficio, dal telefonino e in qualsiasi momento e per quanto tempo si vuole. Giocatori compulsivi Siccome il gioco si basa sulla velocità, sulla frequenza e sulla forza di attrazione, le conseguenze sono evidenti. La scarsa consapevolezza del pericolo può portare a perdere i freni inibitori e trasformare dei bravi padri di famiglia in giocatori compulsivi. È una vera sindrome caratterizzata da una progressiva perdita della capacità di porre dei limiti al coinvolgimento, con un assorbimento sempre più esclusivo nell’attività di gioco. Ed è puerile la giustificazione che per il poker legale on line si usano somme esigue. Le puntate vanno, infatti, dai 50 centesimi ai 100 euro, mentre la quota di iscrizione ai tornei oscilla tra i 10 e i 300 euro; ma non c’è nessun limite alla ripetizione del gioco, per cui si può giocare all’infinito. Le stime statistiche dicono che dei giocatori usuali, fino al 3 per cento diventano giocatori compulsivi. Su 500 mila potenziali pokeristi virtuali, vuol dire che fino a 15 mila nuovi malati da dipenden za dal gioco on line si vanno ad aggiungere agli 800 mila già esistenti. Sono una cifra enorme, un peso sociale ed economico che ricade su tutta la comunità civile. A partire dalle famiglie. Nuovo paradigma statale Negli ultimi cento anni la posizione dei governi italiani, dalla fine dell’Ottocento ai primi anni Novanta del Novecento era stata chiara: il gioco d’azzardo era proibito ed era un disvalore, tranne alcune modalità che lo Stato autorizzava in tempi, luoghi e occasioni dedicate per contenerlo, come la schedina del totocalcio la domenica e il totip il sabato. Nei primi anni Novanta cambia il paradigma e il gioco d’azzardo diventa una leva fiscale per incrementare le entrate dello Stato: aumentano i giochi e la frequenza delle giocate. La svolta ulteriore avviene nel 2003, allorché le direttive del ministero dell’economia parlano di incrementare e qualificare l’economia dei giochi. Non è più – ci spiega il sociologo Maurizio Fiasco – ricavare delle entrate per l’erario, ma è creare valore economico con il gioco d’azzardo, dando l’opportunità con una legge favorevole affinché investitori stranieri portino liquidità in Italia. Con i giochi d’azzardo, cioè un giro d’affari di 50 miliardi l’anno, (vedi box), lo Stato incassa; ma nella realtà si riscontra una perdita sia in valori monetari, sia economici. Il gioco non ha indotto – aggiunge Maurizio Fiasco -, è un moltiplicatore negativo; non allarga il ciclo della produzione, ma lo riduce, perché sottrae domanda ad altri settori. Una parte del reddito spendibile per consumi e investimenti nei settori primari, secondari o nei servizi si perde in una pura dissipazione. I 50 miliardi persi nel gioco d’azzardo, investiti nel settore automobilistico frutterebbero 120 miliardi di indotto e molte più entrate per l’erario. Il fatto sconcertante è che una tale politica è portata avanti, con una staffetta paradossale, da tutti i governi, sia di centrodestra che di centrosinistra, perché alle spalle ci sono degli sponsor. La leva del cambiamento Una leva possibile del cambiamento potrebbe consistere nel far riconoscere la dipendenza da gioco come una vera e propria patologia; come lo è già per l’Organizzazione mondiale della sanità che considera la dipendenza da gioco d’azzardo come una malattia, e il giocatore compulsivo come persona bisognosa di una terapia. Nel nostro ordinamento non viene, invece, ancora riconosciuta. Se si riconoscesse come patologia di fronte ad operazioni di pubblicità aggressiva che crea dei bisogni inesistenti si potrà citare in giudizio l’azienda concessionaria. Basterebbe questo e la tendenza si invertirebbe. La pubblicità sarebbe così costretta, come è già per il fumo, a dover avvertire anche dei pericoli del gioco d’azzardo. Per ora ci restano i malati da dipendenza da gioco che gravano sulle famiglie e sui volontari, spesso ex giocatori, che con la loro opera li curano presso dei centri specializzati non gravando sul bilancio dello Stato. In Svizzera, invece, l’erario investe il 5 per cento delle entrate dal gioco d’azzardo per la cura dei giocatori patologici. In Italia ci affidiamo al volontariato e ad associazioni come l’Agita del Comune di Campoformido, in provincia di Udine, (www.sosazzardo. it), o ai giocatori anonimi (www.giocatorianonimi.org). Alla Consulta nazionale antiusura (www.consultantiusura.it) possono aiutarvi se siete caduti nella spirale dei debiti ed avere il sostegno spirituale di tanti laici e sacerdoti da anni impegnati nell’accompagnare centinaia di persone cadute nel baratro del gioco. Chiamiamolo, se volete, ancora così! IL RISCHIO DELL’USURA Cresce a dismisura il volume, stimato dalla Consulta antiusura, per il gioco d’azzardo legale. Le famiglie italiane che giocano sono 15 milioni, su un totale di oltre 23, e il giro d’affari toccherà quest’anno i 50 miliardi di euro, con un incremento del 20 per cento rispetto al 2007. I nuclei con minore potere d’acquisto spendono circa 2500 euro all’anno a famiglia. Siamo i primi al mondo per consumo pro capite del gioco d’azzardo, 500 euro a testa. Le conseguenze sono logiche e chiare: bilanci mensili sempre più a rischio indebitamento, relazioni familiari in crisi, drammi personali e vite intere spese a pagare i debiti dell’usura. Intanto lo Stato pensa ad incassare: solo nel 2007 le entrate da giochi d’azzardo sono state più di 7 miliardi di euro.

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