Partecipazione e ancora partecipazione

L’autunno ha portato un fatto insperato di cui si sono occupati tutti i media, anche Città nuova. Vogliamo tornarci su. È successo che la gente ha invaso le piazze per motivi i più diversi: per protestare, per sostenere, per rivendicare; per votare la scelta di un leader di un nuovo partito, quello Democratico; per approvare o dissentire sui provvedimenti di governo che riguardavano le politiche economiche concertate con i sindacati; per chiedere, con l’opposizione, la caduta del governo; per fare piazza pulita dei partiti con Beppe Grillo e… chi più ne ha più ne metta! Un fatto inatteso perché nei mesi precedenti tutti, o quasi tutti, avevano decretato una ormai assodata indifferenza nei confronti della politica. E allora i telegiornali e i programmi di approfondimento si sono affrettati a richiamare gli esperti, o i guru di turno, per analizzare, spiegare, valutare il fenomeno. Se ne sono sentite di tutti i colori. A mio parere, la cosa è invece molto più semplice di quello che non si creda. Nonostante i problemi, le nuove sfide, le derive, il disincanto, le cadute di stile e, ancor peggio, la corruzione, il consumismo sfrenato, la lotta per il potere eccetera eccetera, nella maggioranza assoluta della gente – anche nei giovani – rimane il desiderio di una vita vivibile, serena, creativa e anche affascinante, in una parola: sempre più umana. Quello che sta succedendo si chiama voglia di partecipazione, di esprimersi, di essere soggetti attivi, di contribuire a costruire il proprio presente e anche l’avvenire, quello personale e quello dei propri figli. Tutto ciò è un segnale, un buon segnale, che va colto anche se al momento appare confuso, contrastante, anche conflittuale. È una chance per inserire in questo movimento un indirizzo, un orientamento, un obiettivo: partecipare non per difendere gli interessi di parte, ideologici o pragmatici che siano, non solo per rivendicare miglioramenti economici e sociali (sacrosanti); non per fare di ogni erba un fascio. Partecipare per assumere la responsabilità della costruzione del bene comune della società. Dove ci sono bisogni e doveri differenziati e dove l’uguaglianza è diversificata e la libertà limitata da quella degli altri. Costruire il bene comune, il bene di tutti come ha invitato a fare la Settimana Sociale dei cattolici italiani appena conclusa a Siena. Ecco aprirsi ad ogni uomo e donna di buona volontà un affascinante percorso educativo per crescere in umanità.

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