Il Parlamento europeo alla prova di Orban

Con il voto del 12 settembre 2018, l'assise europea si è espressa per attivare la procedura prevista per sanzionare la violazione dei principi di democrazia e dello stato di diritto in Ungheria

Il Parlamento europeo (PE) si è espressa nella giornata di mercoledì 12 settembre sulla violazione da parte dell’Ungheria di alcuni diritti e valori fondamentali nell’Unione europea (UE), diritti e valori che nessuno ha imposto agli Stati membri ma che essi stessi hanno riconosciuto. La procedura, ascesa alla cronaca come articolo 7, ha raggiunto per la prima volta questa fase. Viktor Orban, Primo ministro ungherese, si è recato a Strasburgo in audizione per perorare la sua causa, incentrando il suo discorso spavaldo sulla questione dell’immigrazione.

Orban ha ribadito: «Difenderemo le nostre frontiere anche contro di voi se sarà necessario. Solo noi possiamo decidere con chi vivere e come gestire le nostre frontiere. Abbiamo deciso di difendere l’Ungheria e l’Europa e non accettiamo che le forze pro-migrazione ci ricattino».

Ancora, attaccando frontalmente gli eurodeputati, non ha esitato a dire: «Voi vi siete fatti già un’idea su questa relazione, e il mio intervento non vi farà cambiare opinione, ma sono venuto lo stesso. Non condannerete un governo, ma l’Ungheria che da mille anni è membro della famiglia europea. Sono qui per difendere la mia patria: gli ungheresi hanno deciso che non saremo un paese di immigrazione».

L’attenzione dei media e di alcuni politici nostrani è concentrata proprio sulle posizioni anti immigrazione del governo ungherese, mentre la relazione alla quale fa riferimento Orban, preparata dall’eurodeputata olandese Judith Sargentini, è molto più complessa ed elenca 12 problematiche in Ungheria, tra cui l’indipendenza della magistratura, la libertà di espressione, i diritti dei migranti e dei rifugiati, la corruzione e i diritti delle minoranze (in particolare rom ed ebrei), che «rappresentano una minaccia sistemica alla democrazia, allo stato di diritto e ai diritti fondamentali in Ungheria».

Evidentemente è più semplice attirare l’opinione pubblica sul tema scottante della gestione dei flussi migratori che su altre iniziative portate avanti da Orban che rischiano di indebolire le fondamenta di uno stato democratico.

Infatti, Matteo Salvini, Ministro dell’Interno e leader della Lega, sostiene che «non si processano i popoli e i governi liberamente eletti, soprattutto se vogliono controllare un’immigrazione fuori controllo».

Gli fa eco Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che ritiene che «sanzionare l’Ungheria perché si rifiuta di essere invasa da immigrati clandestini è semplicemente follia». Ella ha ribadito di essere a fianco di Viktor Orban e del popolo ungherese, affermando che «non è Orban a tradire i valori fondanti della UE ma chi in Ue spalanca le porte all’immigrazione incontrollata, umilia i diritti dei popoli e nega la sovranità delle nazioni».

Eppure, per restare sul tema dell’immigrazione, mentre Salvini ha rinsaldato il rapporto con Orban in un recente incontro a Milano, è proprio l’atteggiamento di chiusura del premier ungherese verso la ricollocazione degli immigrati che sfavorisce l’Italia nella gestione dei flussi migratori.

Orban ha affermato di essere «disposto a cooperare con chiunque voglia fermare l’immigrazione. Mi tolgo il cappello di fronte al governo italiano per il coraggio che hanno avuto e che continuano ad avere». Quel governo italiano, però, non è compatto sul tema, tant’è vero che al PE il Movimento Cinque Stelle vota a favore delle sanzioni contro l’Ungheria, contrariamente a quanto fa la Lega.

L’articolo 7 del Trattato di Lisbona prevede un percorso che può portare a delle sanzioni nei confronti di uno Stato membro e ad una perdita temporanea dei diritti di voto del Consiglio dell’UE, quando esso violi i valori europei e lo stato di diritto.

Il meccanismo è chiaramente definito nello stesso articolo: «Su proposta motivata di un terzo degli Stati membri, del Parlamento europeo o della Commissione europea, il Consiglio, deliberando alla maggioranza dei quattro quinti dei suoi membri previa approvazione del Parlamento europeo, può constatare che esiste un evidente rischio di violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori di cui all’articolo 2.

Prima di procedere a tale constatazione il Consiglio ascolta lo Stato membro in questione e può rivolgergli delle raccomandazioni, deliberando secondo la stessa procedura». L’articolo 2 fa riferimento ai «valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze».

L’Europarlamento riunito in plenaria a Strasburgo, ha votato a favore dell’apertura della procedura prevista dall’articolo 7 contro l’Ungheria di Viktor Orban. Ora la questione verrà esaminata dal Consiglio Europeo che dovrà decidere quali sanzioni adottare nel caso concreto.

 

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