P3K- Pinocchio 3000

Pinocchio 3000 spreca malamente un’intuizione tutto sommato interessante: trasformare il burattino di legno in un robot, tanto dotato tecnologicamente, quanto povero di sentimenti e di senso morale. Un’idea che aveva già affascinato Kubrick e Spielberg che con AI avevano provato a esplorare i confini tra uomo e macchina prendendo spunto proprio da una certa chiave di lettura della fiaba collodiana, ma che la visione fantascientifica del canadese Robichaud banalizza e semplifica all’estremo, privando il racconto di tutto il fascino originario. Un fallimento che non dipende solo dalla pochezza tecnica del lungometraggio – a testimoniare che l’animazione in 3D non è materia così facile da maneggiare come sembra – ma anche da una sceneggiatura scialba, da personaggi sbiaditi e dalla generale scarsità di idee e di inventiva che caratterizza tutta l’operazione. La storia stravolge sostanzialmente il racconto di Collodi, ambientando le vicende in una città ipertecnologica governata da un malvagio sindaco (che potrebbe vagamente ricordare Mangiafuoco) che odia i bambini e che coinvolge Pinocchio in un piano per trasformarli in robot. Ma sarà lo stesso Pinocchio, insieme a Geppetto, al suo fido maggiordomo pinguino e alla figlia del sindaco a mandare all’aria il complotto e a far rifiorire il verde al posto dell’acciaio e del cemento della città. Poche le cose da sottolineare. Tra i personaggi, il più interessante (forse l’unico in cui affiora una certa ambiguità) è la Fata Cyberina (agghiacciante il doppiaggio di Platinette), mentre l’intento pedagogico è ispirato ad un ecologismo superficiale e di maniera che ricorda il Celentano degli albori (solo con quarant’anni di ritardo). Il film è ricco di citazioni (da Il Signore degli Anelli a Io, robot) ma, in questo contesto, finiscono per sembrare più tentativi di sopperire alla mancanza di fantasia che non chicche da cinefili. Deludenti anche le canzoni. È vero che P3K è un film pensato per un pubblico di bambini, ma i film di Pixar, Walt Disney e Dreamworks ci hanno insegnato che per piacere ai più piccoli non è necessario scadere nell’infantilismo. Libricinema Massimo Giraldi, Enrico Lancia, Fabio Melelli The best of Hollywood, Le Stelle dei sogni, Gremese editore, pp. 207, euro 30,00. Cento ritratti fotografici e altrettante schede esaurienti sul meglio del divismo hollywoodiano. Le immagini prese dalla prestigiosa raccolta dello studio Masi fanno rivivere stelle del passato e del presente, del secolo XXI ritrovano il loro immaginario: seducente, forte, avventuroso, brillante, giocoso o drammatico. La lettura fotografica del volume colma una vuoto editoriale, perché consente, con l’agilità informativa, una carrellata nella storia del cinema che non ha la pretesa del saggio, ma di esso mantiene la precisione e la voglia di conoscere ancora di più. Da non perdere.

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