Omofobia: né discriminazione né propaganda

Anche un solo discriminato giustifica una legge. Intervista a Lucia Fronza Crepaz, cattolica, presidente provinciale del PD di Trento
Manifestazione contro l'omofobia

Trentina e cattolica, ha una decisa vocazione politica, espressa nella sua vita in vari modi: nelle istituzioni, come parlamentare delle X e XI Legislatura, nella formazione dei giovani, per la diffusione dei valori che stanno alla base della politica, e ora nei partiti, come presidente provinciale del PD della sua Provincia, quella di Trento. «Ho capito che i partiti sono necessari come luogo di mediazione fra istituzioni e cittadini, altrimenti la composizione delle diverse sensibilità la fanno solo i poteri forti. Ho quindi deciso, con tutti i problemi conseguenti, di entrare nel PD perché mi sembrava più vivo di altri e più vicino a me per cultura».

In questo momento Lucia Fronza Crepaz è coinvolta nella definizione della legge provinciale sull’omofobia, richiesta da un’iniziativa popolare promossa da Arcigay e Arcilesbo. Chiarisce: «Avevo delle perplessità su alcuni passaggi della proposta di legge, per cui ho espresso il mio parere per migliorarla, non per cassarla». Proprio su questo argomento così dibattuto e che coinvolge la vita di tante persone, dopo l’articolo di Adriana Cosseddu pubblicato sul n. 20/2013, l’abbiamo intervistata.

La violenza contro un omosessuale è più grave di quella contro una donna o un portatore di handicap?
«No».

Perché allora una legge ad hoc?
«I diritti di tutti sono già scritti nella Costituzione, ma la politica e gli organi legislativi devono farsi carico di sottolineare questi valori anche con una legge ad hoc, se ci sono discriminazioni particolari in un certo momento storico».

Ma quando una società è costretta a regolare per legge la convivenza, non ha già perso?
«Certo, l’articolo sull’uguaglianza nella Costituzione parlerebbe già chiarissimo, però la politica a volte deve fare uno sforzo particolare di inclusione. La legge 104 contro la discriminazione delle persone con handicap e la legge contro la violenza sulle donne sono esempi di questo tipo».

Una legge che impedisca di dichiarare il proprio pensiero contrario al matrimonio omosessuale non è sbagliata e incostituzionale?
«Sì, ma non è il caso trentino. Se invece intende riferirsi alla proposta di legge Scalfarotto in discussione in Parlamento, allora sono molto contrariata e spaventata: quanta libertà vogliamo sacrificare alla sicurezza? Democrazia vuol dire lasciare sempre all’altro il diritto di sostenere un’idea contraria alla mia. Una cosa è la lotta alla discriminazione, altro è il libero pensiero».

La filosofa Nussbaum ha descritto il disgusto che provano alcuni eterosessuali verso i gay. Si può annullare la repulsione fisica con una legge?
«Penso che la repulsione istintiva vada vinta con l’educazione, come ogni altra repulsione. Ma l’estraneità all’omosessualità è comunque una questione naturale, perché la nostra specie è fondata ed ha bisogno dell’eterosessualità. Non vedo questa estraneità come una discriminazione».

La lobby gay tenta di sottrarre alle famiglie l’educazione sessuale dei figli?
«Non bisogna confondere il singolo omosessuale con la lobby gay di cui parla anche il papa. Questa lobby è contraria a qualsiasi associazione umana, ci vorrebbe tutti atomizzati, senza associazioni, né religioni, né nazionalità. È una lobby liberista e libertaria, contraria alla famiglia come alla Chiesa. Ci vuole individui consumatori, non persone. La battaglia omosessuale è da loro usata per altri scopi, gli omosessuali non c’entrano».

Un editorialista gay che va di moda, afferma che l’evoluzione della specie umana è nella coppia gay e non nella famiglia tradizionale.
«Mi sembra un “cupio dissolvi”, un pericoloso desiderio di “morte”. La felicità è apertura alla vita, all’eternità. Credo che l’inclinazione all’arte di tanti omo sia proprio questo: desiderio di eternità, di lasciare qualcosa dopo di noi».

Ritiene che un bambino abbia diritto a crescere con padre e madre?
«Certo».

Gay e lesbiche hanno diritto ad un figlio e all’adozione?
«Non esiste il diritto al figlio, neanche per le coppie eterosessuali. Bisogna invece dare una famiglia ad ogni bambino. Per l’adozione ai gay non sono d’accordo né come pediatra, né come mamma. Che due donne o due uomini abbiano un figlio è contro natura; hai bisogno del laboratorio, di tecniche artificiali, e quindi sei sempre sul filo dell’eugenetica. Il “diritto al figlio” ti porta facilmente a decidere “quale” figlio vuoi. Un altro aspetto, grave, è l’utero in affitto: è la fine del rispetto della donna. Credo invece sia giusto – ed in questo so di pormi in contrasto col pensiero di tanti cattolici – permettere il riconoscimento dei figli di unioni eterosessuali precedenti quando la coppia omosessuale è stabile».

Molti psicologi definiscono naturale l’omosessualità…
«Mettere sullo stesso piano omosessualità ed eterosessualità mi sembra pericoloso soprattutto per gli adolescenti, che passano un periodo in cui hanno dei problemi relazionali con l’altro sesso. Un adolescente ha bisogno dei suoi tempi per passare dalla fase in cui si sente meglio con quelli del suo sesso, a quelli dell’altro sesso. È importante nella fase adolescenziale distinguere bene per lasciarli davvero liberi di scegliere da adulti: nelle scuole e nella cultura in genere bisogna stare attenti a mantenere l’eterosessualità come “naturalità”».

Gli omosessuali chiedono “normalità”…
«Non bisognerebbe mai classificare le persone in conseguenza della loro scelta sessuale, dal punto di vista legislativo. Ma un solo omosessuale discriminato vale la legge contro l’omofobia».

Matrimonio per gli omosessuali o unioni civili?
«Se vogliamo integrare una minoranza, cioè creare l’ambiente migliore possibile per la loro vita normale, non bisogna stravolgere i vocaboli che servono per la maggioranza, ma crearne di nuovi. Famiglia e matrimonio li userei per l’eterosessualità, cioè l’uomo e la donna che si uniscono e generano figli. Quando trattiamo di minoranze, qui nel vicino Alto Adige, usiamo la doppia lingua, non stravolgiamo l’italiano perché il tedesco si trovi bene. Mettiamo invece tedeschi e ladini in condizione di poter usare la propria lingua e noi di capirli. Quindi creerei vocaboli nuovi».

Perché la Chiesa Cattolica è percepita come nemica da Onu, Oms e lobby gay?
«Per questioni antropologiche, perché rispetta la naturalità ed è contraria a tutti i progetti che tolgono alla persona le sue relazioni naturali riducendola ad individuo. È un contrasto ontologico».

Nell’affrontare questa legge quale metodo ha seguito?
«Quando mi sono candidata come presidente, ho subito chiarito la mia provenienza culturale e religiosa, perché il PD ha molte anime e l’appartenenza partitica non è ad una Chiesa ma ad un progetto, con tutta la laicità che comporta. L’ho fatto per avere poi la libertà di esprimere il mio parere su tutte le questioni. Di fronte all’argomento omosessualità, ho cercato di capire parlando con chi se ne sta occupando: la Chiesa, le Sentinelle in piedi, il Movimento per la vita, il Forum delle famiglie, un amico omosessuale col quale ho avuto un lunghissimo e fruttuoso colloquio. Le associazioni gay e lesbiche si erano già espresse nella proposta di legge iniziale. Ho cercato di fare in mondo che questa legge trentina sia contro la discriminazione, non per la promozione di una minoranza».

Problemi col suo essere cattolica?
«Ad un amico sacerdote, che sta pregando “per la mia salvezza”, ho promesso che ogni mattina mi chiederò: “C’è ancora spazio per la mia coscienza di cattolica nel punto politico in cui sono?”. Un esercizio molto utile, una domanda che tutti i cattolici in politica dovrebbero farsi».

Ma chi glielo fa fare?
«La mia passione per la politica, che è l’arte dell’inclusione di tutti quelli che non hanno voce, che è l’arte di amare la propria patria e città, di morire per la propria gente, di lavorare per un mondo unito. È faticoso, ma sento forte questa vocazione laica. D’altra parte le vocazioni vanno pagate, così si purificano».
 

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