Nel nome di mia figlia

Èuna graziosa e giovane signora quella che mi riceve nella sua bella casa nel centro di Milano, vicino al Duomo, dove vive con la sua famiglia della vecchia borghesia milanese. Si chiama Silvia D’Intino. Come ti è nata l’idea di creare un centro per curare bambini cerebrolesi e con handicap di ogni tipo? le chiedo. Tutto è successo dopo che era mancata Benedetta – mi risponde -, la mia prima bambina, morta di cardiopatia congenita nell’87. Mia madre, che è medico psicoterapeuta, voleva ricordarla creando nel 1994, insieme a tutta la famiglia, il Centro Benedetta D’Intino a difesa del bambino e della famiglia. Bambini con complessi bisogni comunicativi giungono al centro da tutta Italia per seguire progetti di comunicazione aumentativa e alternativa, una metodologia clinica nata a Toronto, in Canada, circa trent’anni fa. Questi bambini – prosegue Silvia – vengono al centro per una valutazione in day-hospital. Poi l’équipe dei medici, insieme ai genitori, definisce quali sono le esigenze comunicative del bambino per permettergli di interagire nel suo ambiente di vita, con i fratelli, i compagni di scuola, gli insegnanti e gli amici. Ma cosa rappresenta quest’iniziativa per la sua fondatrice? All’inizio sentire sempre il nome del centro, quello di mia figlia, mi faceva un po’ effetto – confessa Silvia -. Era come se il dolore si facesse sempre sentire; ma poi ho capito che era un modo per ricordarla. Nell’88 è nata Serena, la mia seconda figlia, e nell’89 abbiamo adottato Mario. Oggi sono volontaria al centro e, dopo aver seguito alcuni corsi di formazione in comunicazione aumentativa e alternativa, ho cominciato finalmente ad interagire un poco con questi bambini. Esistono altri centri nel mondo: uno in Bolivia, a Cochabamba, per bambini con problemi di denutrizione; due in India, nel West Bengal, che si occupano di figli dei lebbrosi e di bambini con handicap sia fisico che psichico. Esiste pure un servizio di consultazione breve per bambini piccoli. Silvia me lo spiega: Si chiama Servizio 0-5, è un aiuto per i genitori che hanno problemi lievi con i loro bambini, per esempio l’insonnia, l’enuresi, le gelosie per il fratellino. Ci sono psicoterapeuti che li ascoltano e danno loro suggerimenti. C’è anche un numero verde. Il centro è una struttura privata e riconosciuta, ha varie modalità di pagamento a seconda del reddito. C’è chi non paga nulla. La fondazione è il principale sostenitore del centro. Questa riceve aiuti dalle famiglie e da benefattori privati. Organizza eventi di raccolta fondi, come il concerto di fine anno. C’è poi una rete di amici che aiuta in tutti i bisogni. I medici sono pagati, ma c’è anche una rete di volontariato assai efficace. Devo dire che ci sono di grande aiuto – riprende Silvia -; c’è chi va a trovare a casa i bambini, chi li accompagna per le cure e li riporta, chi viene quando organizziamo per loro giornate di gioco e di svago, gite all’aperto ecc. Fatti e fatterelli non mancano proprio – prosegue -: c’era un volontario che accompagnava al centro un ragazzino appassionato di calcio. Per dimostrargli il suo interessamento e comunicare con lui, ha cominciato a prendere la Gazzetta dello Sport. Così si è creata una grande amicizia. Ancora, una delle nostre bambine che veniva alle nostre giornate di gruppo è riuscita a preparare una pizza, impastandola con le sue mani. Era tutta contenta e ha detto: Finalmente la porto alla mia mamma: lei fa sempre tanto per me, ora ho fatto io una cosa per lei. Ora si sta creando una piccola biblioteca speciale per i bambini, con libri di favole appositamente modificati. Si vorrebbe aprirla anche a tutti i bambini con disabilità che vivono nel quartiere; ma servono ancora altri volontari… Noi volontari – prosegue ancora Silvia – ci riuniamo una volta al mese per scambiarci impressioni o difficoltà: tutti dicono che ricevono molto più di quel che danno. Silvia sorride: è una persona dolcissima, molto timida. Quando deve parlare in pubblico si preoccupa. Ora mi sto preparando per domani, domenica: dobbiamo portare i bambini a uno spettacolo teatrale di Arlecchino, rappresentato per noi dagli attori del Piccolo Teatro, che ce lo offrono gratuitamente. Verranno i bambini con i genitori e qualche volontario, non posso mancare a questa occasione!.

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