Nel Giardino dei ciliegi

  Tra gli appuntamenti della settimana: la storia di uno sgombero a Bologna in una originale versione del “Giardino dei ciliegi”; “Le notti bianche” di Dostoevskij; “Destinatario sconosciuto”, una storia ai tempi del nazismo; “Il ritorno a casa” di Harold Pinter; il Coro del Teatro Valdoca.

Trent’anni di felicità in comodato d’uso

Nel Giardino dei ciliegi Cechov immagina che in un anno non definito di fine Ottocento il giardino dei ciliegi di Ljuba e Gaev, proprietari terrieri nella Russia prerivoluzionaria, vada all’asta per debiti insieme alla loro casa. Ad acquistarlo è Lopachin, ex-servo della gleba arricchitosi dopo la fine della schiavitù, rampante rappresentante della borghesia in ascesa. Il centro del dramma è la scomparsa di un luogo magico, profondamente impregnato delle vite di chi lo abita, che in questa rilettura dell’opera di Cechov diventa il luogo della coppia. Lo spettacolo nasce dall’incontro tra i componenti di Kepler-452 con due personaggi “immaginari” realmente esistenti, Giuliano e Annalisa Bianchi, ossia Ljuba e Gaev, che per trent’anni hanno vissuto in una casa colonica concessa in comodato d’uso gratuito dal Comune nella periferia di Bologna, occupandosi di due attività principali: il controllo della popolazione dei piccioni e l’accoglienza di animali esotici o pericolosi. Successivamente convivono in casa Bianchi babbuini, carcerati ex 41-bis in borsa lavoro, una famiglia rom ospite, boa constrictor. Nel 2015, in coincidenza con l’avvicinarsi dell’apertura del parco i Bianchi ricevono un avviso di sfratto. La magia di questo contemporaneo Giardino dei ciliegi cessa improvvisamente di esistere in una mattinata di settembre. Una storia così lontana nel tempo e nello spazio da quella di Cechov eppure così simile nella sua essenza. Ora eccoli in scena, Giuliano e Annalisa, a vestire i panni di Ljuba e Gaev e a raccontare, insieme agli attori, la storia dello sgombero e del loro incontro.

“Il giardino dei ciliegi. Trent’anni di felicità in comodato d’uso”, ideazione e drammaturgia Kepler-452, regia Nicola Borghesi, con Annalisa e Giuliano Bianchi, Paola Aiello, Nicola Borghesi, Lodovico Guenzi; luci Vincent Longuemare, suoni Alberto “Bebo” Guidetti, scene e costumi Letizia Calori. Produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione. A Bologna, Arena del Sole, fino al 30/3.

Le notti bianche

Il protagonista, l’attore Giorgio Marchesi, è un “sognatore”, un diverso, un uomo impossibilitato alla quotidiana banalità della vita. Sogna, immagina, s’interroga sulla vita mentre gli altri invece vivono. Vorrebbe essere come gli altri, presi dai ritmi della vita, senza il tempo di porsi delle domande ma non riesce a stare dietro ai ritmi del quotidiano. Si è costruito un mondo solitario, lento, fatto però di mille cose. Conosce le persone che incontra senza parlarci mai davvero, eppure con un ognuno ha una specie di rapporto, costruito nella sua testa. Una storia semplice. Quattro notti tra luce e buio, un incontro casuale e magico, due persone sole che si aprono all’altro confidandosi, condividendo le loro storie, le loro esperienze, le loro speranze. Nel romanzo di Dostoevskij c’è soprattutto il tema del sogno, che aiuta a fuggire dalla realtà che non ci piace o che fa paura. Un attimo di felicità assoluta è poco in un’intera esistenza?

“Le notti bianche”, riadattamento dal romanzo di Fëdor Dostoevskij, regia di Francesco Giuffré, con Giorgio Marchesi e Camilla Diana. A Roma, Teatro Ghione, fino al 25/3.

Destinatario sconosciuto

“La mia attenzione si è rivolta a una fase precedente il conflitto, il 1933, il momento dell’ascesa al potere di Hitler – scrive Rosario Tedesco -, il momento in cui le ombre si stendevano su un’intera nazione, ancora ignara delle conseguenze di quello che è stato definito un delirio, e in modo non meno ipocrita come un’infatuazione. Ho scelto questo romanzo breve forse per il suo carattere privato, dapprima intimo e poi morboso. La grande amicizia che lega i due protagonisti e il suo progressivo disfarsi, come sintomo di una trasformazione – discesa agli inferi – dell’idea stessa di umanità, valori, cultura. Ed è sorprendente come un testo breve riesca così bene a illuminare e dissolvere gli enigmi della Storia. Un percorso nella Storia tedesca che racconta meglio di mille parole ciò che resta “indicibile”.

“Destinatario sconosciuto”, di Katherine Kressmann-Taylor, regia e drammaturgia di Rosario Tedesco, con Nicola Bortolotti e Rosario Tedesco, e con l’Ensemble Vocale S. Pietro a Majella. produzione: Goethe-Institut Napoli e “Bortolotti e Tedesco”. A Napoli, Nuovo Teatro Sanità, il 24 e 25/3.

I giuramenti del Teatro Valdoca

Un grande affresco con dodici giovani interpreti che coraggiosamente tenta un modo radicale, plenario e arcaico di fare teatro, e torna al cuore del lavoro trentennale della compagnia.
Nasce con questo lavoro il corpo di corpi, il Coro, con la sua fluida empatia, la sua grande vitalità di movimento, fra danza e scatto atletico, e la sua voce fatta di voci che cantano, 
che gridano in faccia al mondo la propria inquietudine, l’amore, l’ardore, o sussurrano una sapienza enigmatica, in linea col Coro della tragedia arcaica. Dal Coro spiccano i singoli interpreti coi loro a solo intensi e teneri. I Giuramenti chiamano attori e spettatori a farsi insieme comunità teatrale, in un patto duraturo con la propria pienezza, “fedeli a se stessi 
e al mistero”, in questo tempo che spegne e separa.

“Giuramenti”, scritto da Mariangela Gualtieri, regia Cesare Ronconi. Teatro Valdoca. A Roma, Teatro Vascello, fino al 25/3.

Pinter e il ritorno a casa

La storia è semplice: c’è una famiglia.  Come se fossero Orchi, tutti maschi. E la loro casa è come se fosse una tana. C’è il vecchio Orco, il capostipite. E poi i suoi due figli. Poi ce ne sarebbe un altro, quello nato per primo che tanto tempo fa, senza dire niente, se ne andò in America. Ora ritorna nella tana. Ritorna con la giovane moglie. Il branco fiuta la giovane ragazza, lei fiuta il branco, sempre più dappresso. Storia realistica e metafisica al tempo stesso. Tutto qua. Ah no, c’è un’altra cosa: il branco parla, secerne parole. Le parole sembra servino a comunicare. In realtà sono armi per conquistare il potere. Non per niente trattasi di Pinter!

“Il ritorno a casa” di Harold Pinter, traduzione Alessandra Serra, regia Carlo Lizzani, con Vittorio Caffè, Mario Ive, Carlo Lizzani, Valerio Ribeca, Marco Sicari, Debora Troiani, movimenti coreografici Cristina Pensiero, luci Valerio Camelin,
costumi Ludovica Rosenfeld, illustrazione Alberto Ruggieri,
produzione Attori & Tecnici. A Roma, Teatro Tordinona, fino al 31/3.

 

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