Manzoni protagonista di un romanzo di Alessandro Zaccuri

Alessandro Zaccuri, scrittore e giornalista, è una delle voci letterarie cattoliche più interessanti. Non ama le etichette, parla meglio con il suo lavoro. La sua letteratura è colta, raffinata, sempre partecipata. L’ultimo romanzo, Poco a me stesso, pubblicato da Marsilio, ha come protagonista addirittura Alessandro Manzoni.

Quali sono i temi fondamentali del suo percorso letterario? Dopo sei libri di narrativa si può pensare ad aspetti caratterizzanti?
Due in particolare tornano spesso. La città, luogo in cui convergono storie, destini, sofferenze e gioie di tante persone, e il rapporto tra le generazioni. Nel 2003 ho scritto ‘Milano città di nessuno’ che da reportage giornalistico è diventato testimonianza di altro. Sempre Milano ha un ruolo anche in Poco a me stesso, il romanzo con protagonista Manzoni. La città, per come la vivo io, è un tema biblico. La storia dell’uomo inizia in un giardino e finisce con una città: la Gerusalemme celeste. Lo stesso vangelo di Luca è un viaggio verso Gerusalemme. Invece il tema del rapporto tra generazioni è una riflessione sulle origini. Entrambi sono temi laici che però si capiscono meglio in una prospettiva teologica. Per esempio, in Poco a me stesso quella del padre e del figlio e dell’amore nello spirito evoca la prospettiva trinitaria.

I temi della sua letteratura come si pongono nello spazio letterario attuale ripiegato soprattutto su temi distopici o su aspetti intimistici con un sottofondo spesso narcisistico?
La letteratura gioca sempre con il possibile o il verosimile. Quella attuale punta o su un mondo completamente diverso in cui le cose sono andate peggio che nella realtà o su un mondo intimistico e narcisistico. Nell’opera ‘Nel nome’ io parlo di mia madre, tuttavia non in maniera narcisistica. Lo hanno osservato i lettori. Lo scrittore ha la possibilità di prendere la parola in rappresentanza dell’altro, essa però richiede una particolare forma di sincerità nell’atteggiamento e di disponibilità. Per me la letteratura è una forma di ascolto.

Nel suo percorso narrativo c’è il tentativo di recuperare importanti autori italiani. Il suo ultimo romanzo, Poco a me stesso, è dedicato a Manzoni e, una decina di anni fa, ‘Il signor figlio’ parlava di Leopardi. Qual è il significato letterario, culturale e, se vuole, sociale di queste operazioni?
Sono due personaggi indispensabili della letteratura italiana, però un po’ monumentali. Immaginare per loro, come ho fatto, una vita plausibile ma un po’ diversa, è un tentativo di farli scendere dal piedistallo sul quale sono stati messi. Per Leopardi ho immaginato che non fosse morto di colera a Napoli, ma avesse continuato la sua vita altrove; per Manzoni che fosse figlio di Giulia Beccaria non legittimato. In questo modo li vedi più vicini a te e riesci a illuminare aspetti particolari della loro vita.

C’è una scelta valoriale in qualche maniera coerente con il suo credo nel misurarsi con Manzoni e Leopardi?
Io credo di sì. Per Manzoni senza dubbio. Egli porta la sua fede nell’incandescenza della realtà della sua epoca. Per Leopardi la cosa è più sfumata. Egli è testimone di come la poesia quando è autentica non può che essere teologica. Penso a ‘La ginestra’ in cui non può accogliere la presenza di Dio, ma riconosce qualcosa di meraviglioso nella tenacia con cui gli uomini possono prendersi cura degli altri.

Quali sono gli aspetti stilistici che danno peso e arte alla sua letteratura? Come lavora sulla lingua?
Per me ogni racconto deve trovare la sua lingua. Mi capita di variare lingua e stile. In Poco a me stesso ho usato un linguaggio che ricorda quello ottocentesco, in altri libri ho cercato di imitare cadenze dialettali. La dimensione linguistica è una delle grandi lezioni del Manzoni. La lingua è l’elemento di concretezza della letteratura.

Lei è indicato come uno degli autori contemporanei di ispirazione cristiana. La letteratura oggi può ancora confrontarsi con il divino e la Provvidenza? Ha senso questo tipo di discorso?
Ha sempre senso. Il disegno che sta dietro la vita, la possibilità almeno che ci sia presenza divina è fondamentale nella letteratura. Lo manifestano in maniera programmatica grandissimi autori internazionali. Corman McCarthy, morto lo scorso anno, faceva capire di essere legato alla tradizione religiosa. Il suo ultimissimo lavoro Stella Maris, che si svolge in una struttura psichiatrica, punta l’attenzione su un significato più profondo. John Fosse, Nobel per la letteratura 2023, è un cattolico convertito, la sua letteratura si occupa del Mistero e dell’ineffabile. La letteratura può aiutare a capire di essere parte di un disegno, che le storie hanno un valore l’una in relazione con le altre. Volendo si trova tanta letteratura che in forma problematica o polemica mette al centro l’interrogativo teologico. Tra gli italiani penso a Ferruccio Parazzoli.

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