Ma com’è una scuola in Nepal?

Ma com'è una scuola in Nepal?

C’era una volta, lontano, lontano, una scuola, una scuola speciale, perché stava sull’Himalaya, la catena con le montagne più alta del mondo.

C’era una volta… (e c’è ancora) questa scuola in cima al mondo. La scopri se cammini a lungo, per sentieri che possono essere percorsi solo dall’uomo e dagli yak. Poi, improvvisamente, a 3400 metri, vedi un grappolo di basse costruzioni, addossate alla collina.

Una ha gli infissi e il tetto azzurri: è la casa del maestro. Vista così, da lontano, ricorda certe case nordiche, ma qui siamo nel cuore dell’Asia. La scuola è un piccolo edificio di sassi, con il tetto di lamiera ormai bruna. Poco lontano il sentiero continua, ma tu non lo segui, perché sei curioso e ti chiedi: ma com’è una scuola in Nepal?

Anche Sara, una giovane signora italiana, si è fatta la stessa domanda.

Ed è rimasta lì, ad aspettare la campanella, come il primo giorno di scuola, mentre il vento festosamente agita le preghiere scritte sulle stoffe colorate: solo così saliranno al cielo e le invocazioni troveranno accoglienza presso Buddha.

Attorno intanto la boscaglia bisbiglia e nasconde qualche insidia, qualche pericolo… Sara si guarda attorno.

I bambini giungono dai villaggi vicini: tutti si dirigono, in divisa, giacca blu e colletto azzurro, verso le due classi… ed entrano in aula solo quando il maestro batte il segnale d’inizio delle lezioni, percuotendo con una pietra una bombola d’ossigeno vuota, rotolata nel villaggio, da chissà quale spedizione e appesa all’entrata della scuola sull’Himalaya.

Sara entra e le sembra di varcare un piccolo tempio. Il ritratto colorato del re del Nepal, si confonde con i disegni più vari, le mappe e le carte geografiche e molti appunti, scritti e appesi là, per essere consultati, forse. Accanto al re fa bella mostra di sé la gigantografia di Edmund Hillary, il vincitore dell’Everest, vero eroe per i Nepalesi, perché tanto ha fatto per questo Paese di gente mite e semplice. La signora Sara si diverte a contare con i bambini nepalesi sui coloratissimi rettangoli di stoffa che oscillano appesi: sono le tabelline: 10×11=110 e poi anche 112×3=336…

Ma dove sono i maestri? Uno solo è il maestro che impartisce lezioni: prima in un’aula, poi nell’altra. I bambini più piccoli ascoltano attenti, eseguono il compito assegnato e intanto il maestro passa all’altro gruppo.

L’insegnante va e viene, come in una danza: non un bambino si distrae, né tenta di fare altro, gli occhi fissi sul proprio lavoro, dopo aver soddisfatto la curiosità della presenza europea e il divertimento, causato dalla pronunzia del nome: si comprende che per questi bambini la scuola è una vera opportunità, sono lì per imparare, avere un maestro è una fortuna e non possono rischiare di perdere tempo!

Solo qualche sbirciatina e un sorriso a Sara, che ricambia di nascosto e che vive assaporando il momento solenne fra quei banchi, che ricordano quelli del tempo dei suoi bis-bisnonni, fra quei colori accompagnati dalla danza elegante del maestro. A oltre tremila metri si concretizzano i loro sogni di conoscenza e sotto l’occhio vigile della roccia signora del mondo, l’Everest, che Sara si prepara ad incontrare nel suo lungo cammino. Poi un brusio, il maestro entra e con lui altri alunni, che stanno raccontando animatamente qualcosa: cosa diranno di così straordinario?

Sara traduce: questa notte l’insidia ha avuto un nome. Il ghepardo ha assalito e sgozzato due yak, proprio vicino al sentiero che introduce al piccolo villaggio.    

Il maestro si prende la testa fra le mani, gli altri parlottano tra loro. Lo yak, il grande bue nepalese vuol dire lavoro, mezzo di trasporto, latte, sicurezza. Perderne due è una disgrazia. Ma occorre andare avanti, con la speranza.

I sacrifici verranno ripagati. Uno sguardo fugace alla boscaglia e al sentiero e poi tutti tornano al loro lavoro.

E la danza riprende, nella scuola fra le nuvole dell’Himalaya, mentre i bambini allegramente provano le nuove matite colorate che vengono dall’Europa e che serviranno per tradurre in colori visibili la festa dei loro cuori nepalesi.

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