Il M5S al potere?

Continuando l’analisi della situazione dei partiti in Italia, è la volta dei pentastellati. Secondo i sondaggi crescono nei consensi nonostante il caso Roma e il decisionismo di Beppe Grillo
Il leader del Movimento 5 stelle, Beppe Grillo e il vice presidente della Camera, Luigi di Maio (s), durante un momento del convegno su Acqua Pubblica presso l'aula dei Gruppi della Camera. Roma, 20 marzo 2017. ANSA/CLAUDIO PERI

Paura e speranza. Sono questi sentimenti, spesso a tinte forti, che il movimento suscita nella maggioranza degli elettori, dividendoli in due: anche lo sguardo degli scettici, infatti, tende a colorarsi dinanzi alla realistica possibilità di una loro conquista del governo nazionale. Quale dei due sentimenti sia quello che più colpisce nel segno non è possibile definirlo, poiché entrambi hanno radici piuttosto consistenti.

Sentimento contro Il pugno di ferro col quale Beppe Grillo conduce le sorti, tanto centrali quanto locali, del movimento, è – ad esempio – un dato che sgomenta: quando avranno formato il governo, in mano a chi staranno davvero le sorti del Paese? E riusciranno mai a trovare personale competente e presentabile all’estero senza compromettere il già labile decoro nazionale? E qui scatta, d’obbligo, la citazione di Virginia Raggi e delle vicende della giunta capitolina, che stanno lì a monumentale accrescimento delle paure dei paurosi

E poi che dire delle gazzarre parlamentari che i 5 stelle riescono a mettere su, tali da far rimpiangere cappi e mortadelle già sventolate in quelle aule? Un contegno che da solo tradisce l’attitudine antiparlamentare (e quindi antidemocratica) del gruppo. Ce n’è abbastanza per scomodare fascismi, vaticinare crolli dell’Europa, dare per certa la bancarotta dell’Italia, reietta dal consesso internazionale, il quale infatti già ora colloca il movimento tra i pericolosi populismi che hanno attecchito in Europa e figliato Trump negli Usa.

Sentimento a favore Ma ecco che gli stessi elementi sono valutati dall’altra metà in maniera tutt’affatto diversa. Il piglio decisionista di Grillo? Appare una garanzia, una specie di presidio contro la permeabilità del movimento da parte di arrampicatori e approfittatori; appare anche una vigilanza sul buon operato e sulla fedeltà agli impegni assunti da parte dei “cittadini portavoce”. Ripugna alla concezione democratica la figura del leader forte e decisionista? Ma perché, si argomenta, nei partiti tradizionali come funziona? Dappertutto si lascia baloccare le seconde fila con interviste, iniziative, convegni come se avessero un qualche potere; ma al dunque, vale solo la parola del capo, che sia Renzi, Berlusconi, Salvini o chi altri: tutti devono obbedire. I 5 stelle non sono competenti? Non tanto meno di altri, si risponde (e come contraddire?). I comportamenti poco istituzionali? Saranno pure da stigmatizzare, ma davanti all’impenetrabilità della “casta” chiusa a difesa dei propri privilegi (e a questo punto scatta la contro-citazione d’obbligo: il caso Minzolini), diventano necessari per non scadere nell’omertà. Qui sta il punto che non solo fa comprendere, forse giustifica il consenso al M5S.

Al di là del pregiudizio A fronte di limiti evidenti (e anche gravi) che sono presenti, seppure con sfumature diverse, nel nuovo quanto nel vecchio, i pentastellati hanno dalla loro il credito del neofita, dal quale ti puoi aspettare un clamoroso fallimento, certo, ma puoi anche avere la sorpresa di quel po’ di coerenza con le premesse dichiarate che finisce per fare la differenza. Dall’altra parte, le aspettative – fatta eccezione per i sostenitori a oltranza – oramai girano solo attorno alla professionalizzazione dell’interesse/ambizione personale, non di rado combinato con l’incompetenza.

Transitando a considerazioni meno semiserie, una spiazzante e forse davvero acuta definizione politica l’ha data Pier Luigi Bersani, quando ha definito il M5S «il partito di centro dei tempi moderni». E fa specie che un intellettuale come Houellebecq, lo scrittore francese autore di Sottomissione, anticipatore per antonomasia, veda nel tema della democrazia diretta, fondativo dei 5 stelle, il futuro prossimo della democrazia, e non per presa di posizione ma partendo da un’analisi che evidenzia lo scollamento tra popolazione e rappresentanza politica e finisce per decretare il superamento di quest’ultima. Questioni che, comunque si voglia prenderle, non soffrono banalizzazioni e che muovono, sì, paura o speranza, ma invitano anche a non trasformare, né l’una né l’altra, in pregiudizio

Una forza protagonista negli scenari possibili per le elezioni politiche della primavera 2018

 

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