Lunedi’ mattina

Frutto della maturità artistica del regista georgiano Otar Iosseliani, il film è soprattutto una riflessione sull’esistenza quotidiana, anche se piacevole ed elegante, secondo il suo stile. Con grazia e umorismo leggero ci mostra la crisi di un operaio di mezza età, oppresso dalla monotonia della vita, il suo tentativo di fuga a Venezia e il ritorno in famiglia. Descrive gli stati d’animo più con le riprese, elaborate e attente ai particolari, che con i dialoghi, ridotti al minimo. L’esistenza, secondo Iosseliani, si muove fra due piani diversi. Il primo è quello del grigiore degli atti ripetitivi, della noia delle varie restrizioni sociali, dello schematismo dei luoghi comuni. Si proibisce il fumo delle sigarette e si tollera quello più dannoso di certe industrie, si vuole la famiglia, ma ognuno sta chiuso in sé stesso. Le persone hanno smesso di cantare e si trascurano i cori, che davano il gusto di stare insieme in armonia. Il dipinto di san Giorgio e il drago, che un giovane pittore affresca nella chiesa, attribuendo una espressione truce all’eroe ed una mite alla bestia, vuol significare che nella società di oggi si combatte il male con ipocrisia, non proprio dove si trova. Ma si passa ad un piano diverso quando i gesti e gli oggetti ordinari, colti nella loro essenzialità, rivelano la loro intrinseca bellezza. L’anziano autore non intende ricordare banalmente il valore degli atti comuni, ma riesce a considerarli in una prospettiva più ampia. A cui si perviene, sembra dirci nell’insieme il film, passando attraverso l’accettazione del dramma personale del non senso, quando esso ci colpisce inesorabile. Inutile evadere in viaggi lontani. L’unica cosa è condividere con gli altri la nostra condizione, riscoprire il vivere insieme. Come in fondo riescono a fare i due coniugi, che sanno amarsi concretamente nelle piccole cose. Ma come sanno fare anche lo strano portinaio dell’albergo e l’operaio veneziano, ospitali fino in fondo, e i familiari che tengono in casa le vecchie parenti. Dal cinema si esce sereni e con la speranza di riuscire a guardare con maggior distacco quanto succede, per riacquistare quella pace, che l’affanno superficiale riesce spesso a toglierci. Regia di Otar Iosseliani; con Jacques Bidou.

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