Luc è tornato a vivere

Luc aveva capito che a casa mia, in focolare, si viene per amare; e quindi, ad ogni sua visita, iniziava subito col rimboccarsi le maniche della camicia e dirigersi in cucina dove c’erano sempre dei piatti da lavare (avevamo spesso ospiti a pranzo o a cena). Oltre a parlare correttamente sei o sette lingue, era in grado di leggere anche molte lingue antiche. Per questo faceva continui giochi di parole, saltando da una lingua ad un’altra, e dato il suo enorme bagaglio culturale, spaziava tra allusioni e riferimenti dotti. Risultato: era molto difficile seguire le sue conversazioni. Una volta ci ha raccontato che si era innamorato di una collega al tempo in cui lavorava presso un’agenzia assicurativa, ma non aveva mai osato manifestarle il suo interesse. Aveva partecipato a vari gruppi e attività legati alla parrocchia, ma un po’ alla volta, catalogato come originale, era stato messo in disparte. Da quel momento aveva cominciato ad isolarsi sempre di più. Alla morte dei suoi genitori, sono venute a mancare le ultime persone che si occupavano di lui. Escluso dal lavoro, era fuori da tutto. Per anni ci siamo persi di vista. Finché un giorno è tornato a farmi visita. Sempre in giacca e cravatta, quei vestiti tuttavia mostravano un’usura considerevole. Dopo averlo ascoltato a lungo, gli ho fatto accettare qualche capo di vestiario quasi nuovo che avevamo ricevuto per i poveri. Siccome per i pantaloni non c’era la sua taglia, l’ho accompagnato in un negozio dove abbiamo trovato quello adatto a lui. Nonostante volessi pagare io, ha insistito per farlo lui. Continuava a ringraziarmi. Avevo scoperto che aveva timore ad affrontare da solo anche la commessa di un negozio. Qualche anno dopo l’ho incontrato in metropolitana: indossava ancora gli stessi abiti dell’ultima volta. Mi ha detto che ora lavorava volontariamente alla biblioteca nazionale ed ha accennato ad alcuni problemi con i vicini di casa e a fatture che continuavano ad arrivare ma che lui ormai non apriva neanche più. Mi sono reso conto che, pur avendo ereditato un po’ di soldi dal papà, viveva miseramente, solo e psicologicamente bloccato verso il mondo esterno e tutto quanto riguardava la vita pratica. Non aprendo più le lettere, le fatture e i richiami, non aveva neanche pagato il contributo volontario per l’assistenza sanitaria, e quindi ne era stato escluso. Gli avevo consigliato di mettersi in regola almeno per quanto riguardava questo aspetto; ma ad ogni appuntamento fissato per aiutarlo, lui non si presentava. Avevo anche coinvolto Edith, un’amica che lavorava nel suo quartiere e gestiva il contatto con il pubblico, ma senza la collaborazione di Luc non si poteva fare niente. Un giorno è arrivato in focolare con la notizia: per caso, dopo più di vent’anni, aveva incontrato il suo amore di gioventù: Marion, così si chiamava, vedova da qualche mese e senza figli, bisognosa anche lei di compagnia. Questo fatto aveva risveglia- to il mio amico. Ne ho approfittato per sollecitarlo di nuovo ad iscriversi alla mutua, e stavolta l’ho trovato d’accordo. Ho telefonato immediatamente a Edith fissando un appuntamento per il giorno dopo. L’indomani la mia amica, con delicatezza e pazienza, lo ha aiutato a riempire tutte le caselle della domanda con i dati occorrenti. Mancava ancora la sua firma, ma a questo punto Luc si è bloccato. Solo dopo una lunga esitazione ha firmato. Con Edith ci siamo guardati e ci sembrava di essere arrivati in cima ad una montagna. Neanche un mese dopo, una mattina, Luc si è accorto che non poteva più muovere le gambe, così è stato necessario ricoverarlo. Dopo lunghi accertamenti, si è scoperto che si trattava di un virus, di una malattia rarissima ma curabile. Marion andava a trovarlo tutti i giorni. Accanto a lei – una persona con tanto buon senso, che esercitava una benefica influenza su di lui – Luc ha ripreso coraggio, voglia di lottare e a fare progressi, anche se lentamente. Col tempo però si è capito che non avrebbe più potuto vivere da solo. Bisognava rompere il contratto di affitto e liberare l’appartamento, ma convincere Luc a darci le chiavi di casa si è rivelato una vera impresa. Che sorpresa ci aspettava in quell’alloggio tutto buio dove aleggiavano odori indefinibili! Per aprire le finestre e far entrare l’aria e la luce abbiamo dovuto destreggiarci tra cataste di giornali, riviste, libri, tra mucchi di posta ancora chiusa, tra contenitori per pizze d’asporto e scatoloni zeppi di stoviglie, tra bottiglie vuote, sacchetti di plastica e via dicendo. Altrettanto impressionante era la catasta di bollettini e conti correnti con richieste di aiuti economici per sostenere attività caritative e missionarie. Come aveva potuto Luc vivere lì dentro? Marion ed io ci siamo guardati stupefatti, e quel giorno siamo usciti senza toccare niente. Siamo tornati con mascherine, guanti e tute da lavoro e per alcune settimane abbiamo fatto la cernita della roba da eliminare. Finalmente Luc, una volta rassicurato che avevamo conservato lo stretto personale, ha accettato che una ditta specializzata svuotasse e pulisse l’appartamento. Fedelissima, Marion ha continuato la sua amorevole assistenza. In particolare si è incaricata di sbrigare le pratiche amministrative necessarie con l’assistente sociale, i contatti con i medici, di verificare l’assistenza mutualistica, iniziare la pratica per la pensione, disdire il contratto dell’appartamento con le utenze. Al contatto con lei, Luc è completamente cambiato: malgrado le gambe non rispondessero ancora ai suoi comandi, appariva raggiante, sembrava non avere più bisogno di niente. Per mesi si è sottoposto con tenacia alla rieducazione, finché è potuto uscire in giardino su una sedia a rotelle. Più tardi i primi passi incerti con l’ausilio di un deambulatore lungo i corridoi dell’ospedale. Nel frattempo tra lui e Marion cresceva una tenera complicità e io ho potuto discretamente ritirarmi. Ora Luc poteva camminare da solo seppur con qualche difficoltà. È stato come vedere un miracolo compiersi davanti ai miei occhi: è bastata un po’ di dedizione da parte mia e quella costante di Marion perché un uomo ritrovasse la sua piena dignità e ritornasse a vivere. Qualche giorno fa, passando a far loro visita, ho avuto l’immensa gioia di trovarli anche felicemente sposati.

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