L’Italia non è più sola in testa

55 a 55. La Cina ha raggiunto il nostro Paese in cima alla classifica dei siti patrimonio dell’umanità Unesco. Le colline del prosecco non sono bastate a frenare la rimonta di Pechino

Ogni anno, più o meno in questa stagione, cade la scelta dei siti Unesco iscritti nel registro del “patrimonio universale dell’umanità”. La 43ma edizione del comitato World Heritage dell’Unesco, quest’anno si è svolta a Baku, in Azerbaijan. Una classifica nella quale l’Italia ha sempre mantenuto la testa del plotone, anche se ormai da alcuni anni minacciata da vicino dal colosso cinese. E così quest’anno, grazie ai due nuovi siti del Paese più popoloso al mondo (le rovine di Liangzhu e i cosiddetti Santuari degli uccelli migratori sul Golfo di Bohai nel Mar Giallo), mentre l’Italia ne ha avuto solo uno aggiuntivo (le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene), la Cina ci ha raggiunto. Poco male, è già straordinario che l’Italia sia al posto in cui è, vista la dimensione anche politica delle scelte proposte dall’organismo Onu per la cultura.

La lista del World Heritage dell’Unesco, va ricordato, comprende 1.121 siti, ripartiti in modo non sempre limpido, ma in ogni caso in spirito “ecumenico”, cioè cercando di “accontentare” Paesi che non avrebbero veramente diritto ad avere dei siti. Tra le 29 new entry, da segnalare Babilonia (Iraq), che, nonostante scempi antichi e recenti entra quest’anno nella lista Patrimonio dell’Umanità, assieme all’opera architettonica di Frank Lloyd Wright negli Stati Uniti, così come alla mitica città dei templi del Myanmar, Bagan, ai canali della città tedesca di Augsburg, a una pianura, nella Repubblica Ceca, dove venivano allevati e addestrati cavalli da cerimonia. L’Italia si inserisce in questo grande gruppo con la regione del Prosecco, che ottiene l’iscrizione al secondo tentativo, dopo la bocciatura dello scorso anno.

Tra i luoghi illustri prescelti, la città indiana di Jaipur, nel Rajasthan, o lo straordinario parco nazionale del Vatnajökull, in Islanda. Non mancano all’appello le chiese russe della scuola architettonica di Pskov e 5 antichi siti per la lavorazione del ferro in Burkina Faso. Non poteva mancare un sito per il Paese ospitante, l’Azerbaijan, Sheki. Interessanti anche i tumuli sepolcrali della cultura Dilmun, nel piccolissimo Bahrein – era una grave dimenticanza –, così come il sito di giare megalitiche di Xiangkhoang, nel Laos. Due posti al finora non proprio favorito Portogallo (il santuario di Bom Jesus di Monte, e il Palazzo Nazionale di Mafra). E poi le scuole neoconfuciane in Corea del Sud, le foreste miste ircane del Caspio, nell’Iran asfissiato dall’embargo…

Ogni volta che esce l’aggiornamento della lista patrimonio dell’umanità, ci diciamo quant’è bello questo nostro mondo, quanto meravigliose sono le bellezze naturali, ma quanto grande è anche lo spirito umano che sa creare straordinari capolavori. E ci sorprendiamo che in questo nostro mondo madre natura e lo spirito umano sappiano creare straordinarie simbiosi un po’ ovunque, senza dimenticare nemmeno il Burkina Faso, nemmeno l’Iran, nemmeno l’Islanda, cioè zone periferiche del pianeta.

Un discorso più prosaico è quello, invece, dei criteri di scelta di questi siti, svolta da una commissione peraltro estremamente rigorosa e, a suo modo, indipendente dai grandi di questo mondo. Ma è evidente come vi siano delle priorità, come l’apertura a nuovi Paesi, come l’equilibrio tra i continenti, come l’attenzione alla conservazione dei siti (che possono essere depennati dalla lista). E poi, perché una città come Roma viene considerata un solo sito, a parità di un piccolo tempio buddhista nella foresta vietnamita? E siamo sicuri che dalla scelta siano estranee le grandi compagnie del turismo intercontinentale? Ma, ci saranno sempre dei ma.

Intanto godiamoci ancora una volta la bellezza del nostro mondo. Recentemente mi sono recato a visitare un sito Unesco considerato in pericolo, il Krak dei cavalieri, castello crociato nella Siria di Assad. Il paese attorno al castello è totalmente distrutto, mentre il maniero è al 95% salvo, anche se in stato di scarsa cura. Mi è sembrato un simbolo dell’intera lista patrimonio dell’umanità: le minacce sono molteplici e frequenti, ma preservare questi siti indica che l’umanità è ancora tale, mostra che non si è troppo abbrutita.

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