L’Italia dei Longobardi

Un popolo tutt’altro che barbaro, la cui vicenda è quanto mai attuale in epoca di migrazioni. La mostra a Pavia

Ma è proprio vero che prima del 1870 non ci siano stati altri tentativi di fare l’unità d’Italia? Lo fecero in qualche modo i Longobardi, che, come racconta lo storico Paolo Diacono, scesero dalle Alpi Giulie nel 568 e si impadronirono di quasi tutta la penisola. Popolo di migratori, come gli altri denominati “barbari”, ma che barbari non erano.

La loro venuta segna un prima e un dopo nella nostra storia. Gli uomini dalle lunghe barbe, che hanno dato il nome alla regione più industrializzata, erano ariani, quindi non cattolici per cui i contrasti sia con l’impero bizantino che con il papato non mancarono, anche perché, dopo aver occupato il nord Italia – da Cividale del Friuli a Brescia, a Pavia loro capitale –, erano scesi al centro con Spoleto e al sud con Benevento. Accerchiavano quindi Roma, e il merito di averla salvata è del papa Gregorio I magno, che ottenne la loro conversione al cattolicesimo anche grazie al suo rapporto con la regina Teodolinda: una delle grandi donne della storia, dipinta nel magnifico ciclo affrescato nel duomo di Monza nel ‘400.

Popolo di migratori che si inurbarono, creando ducati indipendenti l’uno dall’altro e fondendosi con gli italiani dell’epoca, fino a quando nel secolo IX i Franchi di Carlo Magno li sconfissero e deposero il re Desiderio. Chi ha letto la tragedia Adelchi di Manzoni, con lo stupendo delirio della povera Ermengarda abbandonata da Carlo, ne ha potuto gustare la trasfigurazione poetica.

Altro che barbari! La rassegna, meravigliosa, nel Castello Visconteo di Pavia, con oltre 300 opere esposte, lo dimostra. Capolavori di oreficeria decorati con stilemi astratti, corredi funerari, armi, utensili, stoffe, codici come l’Editto di Rotari, dicono un mondo variegato e aperto che si interscambiava con Romani Goti Bizantini, divenendo un ponte, a Benevento tra Italia e Mediterraneo, a Pavia fra Italia e Nord Europa.

Un’arte che puntava all’astrazione geometrica, quasi una ipersublimazione dell’eredità bizantina con toni germanici, creando opere come il Tempietto Longobardo a Cividale, di una immobilità iconica straordinaria, chiese, conventi come il monastero di San Salvatore a Brescia, decorazioni stupende come quelle sulla facciata di San Michele a Pavia e gli innumerevoli plutei sparsi anche nelle basiliche romane.

Un popolo la cui vicenda è quanto mai attuale in epoca di migrazioni e che ci fa comprendere come gli italiani di adesso siano il frutto di queste ricorrenti ondate migratorie da secoli, altro che la purezza della razza italiana! Fa un gran bene questa mostra, sfata pregiudizi, fa vedere una civiltà di cui anche noi siamo il frutto.

La mostra, ovviamente, girerà: ora a Pavia, dal 15 dicembre al Mann di Napoli e ad aprile 2018 all’Ermitage di San Pietroburgo.

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