Le nozze e il vino

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L’idea di questo lavoro mi accompagna da molti anni, ma l’ho lasciata sedimentare, fino a trasferirla sulla carta solo di recente. Senza dubbio, il fatto di condividere le principali direttrici della mia analisi con un gruppo di amici del Movimento politico per l’unità, ha voluto dire molto in questo percorso. Ce lo spiega Pasquale Ferrara, diplomatico, attualmente in servizio presso l’ambasciata italiana a Washington, autore di Le nozze e il vino: edito per i tipi di Città Aperta, il volume è originale, intrigante, propositivo, come dice nella prefazione Stefano Zamagni. Se la tematica e il linguaggio collocano l’opera tra gli studi di filosofia politica, spesso impervi, questa volta vari motivi incoraggiano ad avvicinarsi al testo, non ultimo – e perché no – il numero delle pagine: sono meno di 100, ma c’è da dire che sono molti di più i punti di interesse legati all’attualità, le provocazioni al dialogo tra diverse posizioni culturali, le tracce per ulteriori ricerche, offerti con larga competenza scientifica e con sapiente rispetto della complessità sociale e politica che contraddistingue il nostro tempo. Alla presentazione del libro, presso il Palazzo dei conservatori in Campidoglio, a Roma e il Complesso monumentale di San Lorenzo Maggiore, a Napoli, c’erano accademici e giornalisti, funzionari negli enti locali e studenti, operatori del terzo settore e giuristi. Le chiavi interpretative offerte dagli interventi hanno espresso timbri molto diversi, ricchi di comunicativa non meno che di capacità analitiche, ma anche voci curiose di porre qualche domanda in più all’autore, per scoprire dove getta l’ancora la sua navigazione. Così, ad esempio, Giuliano Amato, tra i relatori in Campidoglio: È un piccolo libro che merita leggere per chiedere, subito dopo, all’autore qual è l’origine e quali le conseguenze di questa riflessione…. In effetti, già il sottotitolo del libro dice una ricerca coraggiosa: Per un nuovo paradigma politico nell’era globale; un modo per dichiarare insufficienti quei pilastri culturali che, se hanno sorretto fino ad oggi lo sviluppo delle istituzioni democratiche, sotto il peso della transizione in corso mostrano segni sempre più evidenti di cedimento statico. Veniamo al contenuto. Ferrara non è nuovo alla produzione di testi che si avventurano a ricercare i fondamenti di un assetto istituzionale in grado di coniugare fraternità accanto a libertà e giustizia. Città Nuova ha pubblicato di recente Non di solo euro, vero trattato di filosofia politica dell’Unione europea. In Le nozze e il vino, la cornice delle sue riflessioni è la crisi dello stato sociale, un tema cruciale di cui è più che necessario oggi formarsi un’idea precisa, dato che i suoi risultati, insieme ai suoi equivoci, si misurano giorno per giorno nella vita di ciascuno di noi. Spesso si discute di esso utilizzando il termine inglese di welfare: in italiano o in inglese che sia, il punto è comprendere se la generale condizione di benessere diffuso che le istituzioni politiche tendono ad assicurare alla popolazione e che si esprime in concreti contenuti sociali, rappresenti o meno un esito tra i più rilevanti del percorso democratico dell’occidente. Ad accompagnare l’analisi è il confronto con le principali matrici della filosofia politica contemporanea – il neocontrattualismo di Rawls e Buchanan, l’approccio libertario di Hayek e Nozick, il comunitarismo di Walzer ed Etzioni – accanto ai contributi di altri insigni intellettuali come Habermas, di entrambi gli orientamenti (pro o contro il welfare). Ma non è tutto qui: il titolo, infatti, rimanda immediatamente ad un altro tema, non usuale all’interno di un testo di politica: le nozze e il vino di cui si parla, infatti, sono le nozze e il vino di Cana, così come ce li ha consegnati il Vangelo di Giovanni al capitolo secondo. La situazione nuziale di Cana si trasforma in una originale griglia di lettura che accompagna l’intera trattazione e viene utilizzata, in modo metaforico, per interpretare il processo politico e per trarne segni o simboli capaci di ispirare nuovi percorsi del pensiero e dell’azione politica. In che modo? Ferrara studia il ruolo dello stato, il ruolo dell’istituzione politica, ma non punta l’obiettivo sulla sua architettura complessiva, in una visione unitaria dall’alto, quanto sulle distinte fasi che conducono alla decisione politica e determinano il suo contenuto. E il racconto di Cana si presta a quest’operazione offrendo numerosi elementi utili, come i quattro momenti dialogici che strutturano il racconto: il dialogo di Maria e Gesù, il dialogo di Maria con i servi, il dialogo di Gesù con i servi, il dialogo del maestro di tavola con lo Sposo… Poi c’è la ricchezza della simbologia nuziale, con la relazione orizzontale tra uguali espressa dal concetto di patto; il tema più generale del banchetto che suggerisce l’idea della partecipazione e della condivisione; il richiamo alle risorse – scarse o abbondanti – dell’acqua e del vino: un affresco di relazioni, situazioni, eventi, che suggerisce analogie con la configurazione del politico. La tesi centrale del libro è tratta, per così dire, da un passaggio specifico di questo evento comunitario, quando Maria dice: Non hanno più vino. Anche nella società moderna, occorre che la politica si assuma non tanto la responsabilità di tutto gestire, ma di segnalare i bisogni della comunità, di indicare le priorità e di creare le condizioni per una mobilitazione delle risorse capace di dare risposte adeguate e condivise. Ferrara non sottovaluta l’interrogativo se questa incursione in un campo delicato come quello dell’analogia dei segni biblici sia legittima ed al limite ammissibile. Ma la dinamica delle nozze di Cana è analizzata a prescindere, volutamente, dalle sue implicazioni propriamente teo- logiche. Si tratta, piuttosto, di una lettura che dal testo evangelico fa emergere non tanto modelli, ma moduli, e cioè relazioni e situazioni ricche di significati che possono essere accostate ad alcune modalità tipiche della costruzione delle politiche pubbliche. Il fine di questo lavoro è abbozzare un percorso autonomo, che consideri il paradigma delle nozze di Cana come una possibile analogia della complessa intelaiatura sistemica tra politica, società ed economia nella condizione globale. In ultima analisi, il paradigma comunitario suggerito dai protagonisti a Cana apre prospettive inedite: prima di tutto al momento politico a cui propone, infatti, di sperimentare nuove modalità di esercizio della propria funzione, meno coercitive e molto più coinvolgenti, a partire dall’ascolto come premessa al dialogo. Di conseguenza, non è più lo stato ad essere sociale, ma è per così dire la società ad accentuare la sua connotazione sociale, mentre le risorse non sono appropriate da una pubblica autorità centrale e redistributiva ma concorrono a dare qualità alla convivenza ben oltre il limitato orizzonte degli interessi individuali. L’indicazione di una nuova complementarietà tra libertà, uguaglianza e fraternità è una possibile chiave per comprendere il modo di far quadrare il cerchio (da una nota espressione di Ralf Dahrendorf) tra autonomia individuale, crescita economica e coesione sociale. IL PARADIGMA DI UN’IDEALE DEMOCRAZIA Dall’intervento di Giuliano Amato, alla presentazione del volume a Roma. Ci troviamo di fronte all’archetipo di una democrazia ideale ed in fondo è bellissimo pensare che le nozze di Cana volessero esprimerlo. Qui si guarda a Gesù e Maria in quanto cittadini che, in un momento deliberativo, esprimono un disaccordo… Poi, con un atto d’amore, Gesù estrae dalle giare di pietra ciò che, senza l’amore, era acqua e che, grazie all’amore, diventa una risorsa che può soddisfare un bisogno collettivo. Ciò significa che, facendo appello alla fraternità, allo spirito comunitario, posso mobilitare risorse che prima se ne stavano nascoste, chiuse nelle giare di pietra e quindi pietrificate, mentre, se mi muovo con amore, allora produco una forza mobilitante nei confronti degli altri e, da questa solidarietà complessiva, ne viene quello che mancava alla comunità. Questo è ciò che è il miracolo: un atto d’amore. Per noi, l’unico modo di ripeterlo è prendere la stessa molla e attivare la comunità. Credo che Ferrara abbia assolutamente ragione.

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