Le crisi in Sudan e Libia secondo al-Sissi

Diversi leader africani si sono riuniti per due mini-vertici straordinari attorno al presidente egiziano per discutere sui casi scoppiati alle frontiere del Paese dei faraoni

 

Evitare ogni slittamento e assicurare stabilità e pace in Sudan e Libia: sono questi gli obiettivi dei due mini-vertici africani riuniti in emergenza martedì al Cairo sotto la guida del capo dello Stato egiziano; al-Sissi li ha convocati come presidente di turno dell’Unione africana, ma anche per sostenere – va detto – gli interessi egiziani, visto che le due crisi hanno luogo ai confini con l’Egitto. Di fronte alle sue controparti africane, al-Sissi ha invitato la comunità internazionale ad aiutare il Sudan «a far fronte al peso economico» e ha affermato che le soluzioni alle crisi nel continente devono «essere africane».

Le spinte verso un governo civile in Sudan

A proposito della situazione difficile in Sudan, il presidente egiziano ha detto: «Stiamo prendendo in considerazione gli sforzi compiuti dal Consiglio militare di transizione, nonché quelli delle forze politiche e della società civile per superare la situazione critica». Ha aggiunto che i ministri degli Esteri si incontreranno tra un mese per rivedere la situazione. Dopo l’euforia seguita ai primi momenti del licenziamento di Omar al-Bashir, l’11 aprile scorso, la strada ora rivendica il trasferimento del potere militare ai civili. Abdel Fattah al-Sissi ha ribadito la posizione egiziana a sostegno del desiderio del popolo sudanese di ottenere un governo civile. Tuttavia, ritiene che la transizione democratica richieda tempo per ottenere elezioni libere ed eque. Ha messo in guardia contro il rischio di caos nel Paese. Da parte loro, gli Stati Uniti hanno sostenuto martedì la «legittima richiesta» dei manifestanti sudanesi che intensificano la loro mobilitazione per ottenere un governo civile, ha detto Makila James, capo del Dipartimento di Stato per l’Africa orientale, che sta visitando Khartoum.

L’appoggio ad Haftar in Libia

Nel pomeriggio di martedì, invece, mini-vertice sulla Libia. Il caos a Ovest delle proprie frontiere e i disordini in Sudan, a Sud, sono considerati una minaccia molto seria dall’Egitto. Considerando anche il fronte del terrorismo islamista nel Sinai, a Est, il Paese si sente assediato dall’instabilità. Il Cairo quindi sostiene, più o meno chiaramente, il maresciallo Khalifa Haftar in Libia e vuole che la transizione verso il Sudan avvenga in ordine, un ordine garantito dall’esercito. In Libia i combattimenti scatenati da Haftar si oppongono alle forze fedeli al governo di unità nazionale di Tripoli (Gna), riconosciuto dalla comunità internazionale. Come si sa, le forze di Haftar, sostenute sul terreno in particolare proprio dall’Egitto, oltre che più discretamente dalla Francia, hanno lanciato il 4 aprile la loro offensiva su Tripoli. Più di 260 persone sono finora morte, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità. I combattimenti sono stati bloccati negli ultimi giorni. L’inviato Onu per la Libia, Ghassan Salamé, ha messo in guardia contro una «conflagrazione generalizzata», chiedendo una risposta urgente da parte della comunità internazionale, per il momento estremamente divisa, come accade nella Ue spaccata su questo dossier libico, in particolare per la posizione francese. È per questo che al-Sissi vorrebbe «soluzioni africane», che però non sembrano essere apprezzate dall’Occidente.

 

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