L’attenzione del cuore

Parcheggiata l’automobile sotto i grandi tigli addormentati dal lungo inverno, Daria sospirò profondamente, prima di nascondere dietro alla sciarpa un sorriso stanco. Le news all’alba erano state come al solito deprimenti: scontri, morti, incidenti assurdi e mortali, una catastrofe ambientale annunciata, l’ennesima pazzia omicida erano rimbalzati secchi anche quella mattina nell’animo di Daria, procurandole un’acuta sofferenza. Con questa provvisoria sensazione di sconfitta e con un acuto bisogno di opporsi alla rassegnazione e alla paura, entrò nel palazzo, dove ogni giorno condivideva le ore lavorative con altri impiegati, a contatto con un pubblico spesso difficile. Daria aveva dato il meglio di sé per facilitare le relazioni e garantire un clima di lavoro sereno e perciò efficace. Ma le difficoltà erano state parecchie e sempre in agguato. Aveva gestito rancori ed invidie, debolezze e insofferenze. Aveva valorizzato ogni risorsa e aveva costruito i rapporti sulla disponibilità e sulla fiducia… Quella mattina però sentiva tutta la stanchezza pesarle sulle spalle, l’anima era impregnata di tutto il negativo possibile raccolto nei comunicati stampa, capaci di rendere macigni le sue preoccupazioni familiari e personali. Per questo si augurava almeno di avere una giornata tranquilla. Bel modo di incominciare la settimana, si era detta. In quell’istante incrociò Luisa che, contrariamente al solito, senza neppure un breve cenno di saluto, dopo una fugace occhiata, si affrettò a superarla. Possibile? Cos’era accaduto? Si era chiesta Daria. Lì per lì decise di ignorare il messaggio di Luisa, che sembrava dirle: non voglio avere a che fare con te… Il problema non è certo mio, non ho nulla da rimproverarmi , pensò subito Daria con un moto di delusione e di fastidio. Farà lei il primo passo per chiarire. E si tuffò nel lavoro che l’attendeva. Erano molti i problemi da risolvere quel giorno. Qualche assenza da colmare, disfunzioni da gestire… Non si preannunciava certo una giornata facile. E anche il cellulare non le lasciava tregua: tutti in famiglia quel giorno avevano bisogno di lei, per risolvere altri improbabili intoppi nel menage! Poi la pausa pranzo aveva reso possibile un momento di riflessione ed era stato possibile guardare ai fatti della giornata fin lì vissuta con cuore diverso, con un’attenzione di qualità, che l’incalzare degli eventi aveva sensibilmente allentato. Scorse la pellicola degli eventi, rivisitò gli sguardi, le parole, i gesti e di nuovo inciampò nello sguardo fugace di Luisa, avvertendo un certo disagio per la frettolosa valutazione. Qualcosa, che forse aveva a che fare con il desiderio di andare controcorrente suscitato dalle news del mattino, di vivere in alternativa… le suggeriva di considerare con attenzione quella persona. Cercò Luisa, che contrariamente al buon senso comune, quel giorno non aveva rispettato la pausa pranzo e stava continuando il suo lavoro. Daria, facendosi varco fra gli impiegati, con due bollenti tazze di caffè, la raggiunse e… Ti ho portato un caffè, vuoi? Stamattina ti ho visto pensierosa e forse preoccupata. Gli occhi stanchi e senza il solito trucco la guardarono per un momento interrogativamente, prima di ammettere: Sì, è vero. Scusami, mi rendo con- to adesso che all’entrata non ho salutato nessuno… Si tratta di mio marito. Luisa si alzò e invitò Daria ad accomodarsi. Prese il caffè. Gli occhi le si inumidirono. Esitò ancora un poco e poi raccontò: Non volevo parlarne con nessuno, ma ora capisco che mi farà bene sfogarmi con te, che sei discreta e puoi capire: Mario se ne è andato, ha abbandonato me e i bambini. Quanti giorni inquieti ho trascorso a cercare di capire cosa stava accadendo!. Daria allora ritrovò nella memoria le inquietudini di Luisa, segnate nei mesi addietro da assenze sporadiche, mutismi e silenzi inconsueti, che tutti avevano rispettato e che successivamente sembravano però essere stati superati. Quando ho intuito la presenza nella sua vita di un’altra donna – proseguì Luisa – ho raddoppiato le cure e le attenzioni, ma non è servito a nulla, evidentemente. Ho cercato di tenere fuori i bambini: sono così piccoli! Dovevo difenderli e così ho inventato scuse su scuse per le sue lunghe assenze, ho raccontato tante bugie per difendere l’immagine del padre. Non sai cosa sono stati per me questi giorni! Ora sono davvero sola. Daria raccolse tutto l’amaro di quel momento e si pose in ascolto, condividendo il dramma, l’angoscia e la speranza. Non aveva ricette, né soluzioni. Poteva solo farsi uno, accompagnare Luisa e i suoi bambini in quel buio e con lei tendere lo sguardo un po’ più in alto, verso una meta. Il resto sarebbe venuto dopo… E si chiese cosa sarebbe stato di quella goccia di umanità, se avesse messo in pratica il suo primo proposito e se, superando forse anche un po’ di orgoglio, non si fosse presa cura di quel rapporto con una delle tante colleghe di lavoro. Avrebbe tradito sé stessa, si sarebbe consegnata al pessimismo dei commenti degli osservatori di turno.

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