L’arte di Festa

Un asso nella manica. Quell’ingrediente, quelle spezie, quel liquorino, insomma l’aroma rivoluzionario capace di dare la svolta al piatto, di renderlo unico. Irripetibile. È questo il segreto del successo di ogni cuoco che si rispetti. Oggi direi che il mio segreto è quello che potremmo definire spirito del luogo. Racconta, come se parlasse di qualcun altro, Maria Conchitina Alcazar, filippina, chef a Loppiano da 6 anni, una laurea in economia. Qui la multiculturalità è di casa; la respiri dal mattino alla sera, ti entra nella pelle come un’iniezione di vita e fantasia, e in un certo senso impregna sempre più anche le nostre ricette. Questa la forza del mio lavoro. Ogni giorno Maria Conchitina, in arte Festa, mette a tavola almeno 150 persone nella cittadella, una clientela eterogenea, proveniente da oltre 70 Paesi, che definire di gusti vari potrebbe suonare come un eufemismo. Per questo – mi dice – cerchiamo di tener conto sia dell’aspetto salute che di quello internazionale dei cibi; si va così dal risotto alla milanese, alla pasta asiatica, all’asado, succulenta carne ai ferri all’argentina, alla parmigiana, agli involtini primavera di sapore cinese… Il tutto cercando di non eccedere in sprechi, utilizzando quanto spesso arriva inatteso. Seguendo Festa nella sua corvée quotidiana, mi convinco sempre di più che, oltre a saper cucinare, un buon chef oggi deve essere anche un manager. Di fatto, cucinare non è che una parte del mio lavoro. Ci sono poi altri compiti come coordinare l’attività della cucina (siamo infatti un team di dieci persone), la programmazione dei menù, gli acquisti e infine la preparazione delle pietanze e la cura della presentazione. Un aspetto, quest’ultimo, che Festa definisce come bellezza. In effetti, nel suo fare cucina la decorazione è sullo stesso piano della qualità e del gusto. I piatti che escono, soprattutto se preparati per qualche occasione speciale come matrimoni o ricorrenze varie di amici della cittadella, risultano attraenti, originali, ammiccano non solo al palato ma anche all’occhio del buongustaio. Ma dove hai imparato tutto questo? Forse conviene partire dall’inizio. Sono di Manila, ho quattro sorelle e due fratelli. Una famiglia benestante. È stata mia madre la prima in famiglia a conoscere i Focolari e ci ha subito comunicato quello spirito di vita che l’aveva entusiasmata ed anch’io mi sono inserita tra i giovani del movimento. Ero un tipo allegro ed intraprendente, pieno di amici con i quali andavamo a ballare, ma con gli anni, dentro di me, aveva preso ad accendersi un semaforo: Ok, qui va bene; oppure: Attenzione! Fermati. Una specie di segnale che ha fatto sì che non restassi intrappolata in esperienze negative. Poi l’università, facoltà di economia, e il lavoro in banca per un paio d’anni. Le cose mi andavano bene, stavo anche collezionando promozioni, ma quella vita, per me, non era il massimo. È stato così che sono partita alla scoperta di esperienze professionali, non proprio di tipo manageriale, che mi gratifi- cavano e mi procuravano dei buoni introiti. Ma la vera svolta è avvenuta nel ’91. Chiara Lubich ha lanciato l’Economia di Comunione durante un suo viaggio in Brasile, dove era venuta a contatto con l’abisso di indigenza di molti e l’enorme ricchezza di alcuni. Una spinta per tanti ad iniziare attività imprenditoriali che avessero il coraggio di condividere il benessere oltre il perimetro aziendale; di creare strutture di formazione alla cultura del dare e garantissero infine un immediato aiuto agli indigenti più vicini. A Festa, ciò che stava facendo pareva troppo poco: qualcosa doveva cambiare radicalmente nella sua vita. Da un po’ di tempo aveva iniziato a frequentare corsi di arte culinaria: cucina orientale, europea ed in particolare la nouvelle cuisine francese. Era poi passata dalla teoria alla pratica con l’organizzazione di rinfreschi, feste aziendali, party e ricevimenti di gala, allestiti in ambienti originali, magari in uno dei grattacieli che gestiva papà al centro di Manila. Ed è per contribuire all’EdC che mette in piedi un servizio catering, il Gourmet on the go; un successo immediato che l’ha impegnata per alcuni anni. Lentamente, però, iniziava ad infiltrarsi in lei una certa inquietudine: Mi sono fidanzata. È stato un rapporto bello, sincero, di condivisione degli ideali più alti. Ma non mi bastava, dice. Finché le viene offerta la possibilità di recarsi nella cittadella toscana dei Focolari per uno stage. Niente mezze misure. In breve tempo ho sperimentato la bellezza di vivere per l’umanità. Non sono parole. Ero venuta qui a cercare Dio, ed ora dovevo rispondere a quanto lui mi chiedeva, anche se ciò non era mai stato nei miei piani . E nel 1995 ha iniziato a lavorare in cucina a Loppiano, un ambiente che si è andato via via strutturando ed ora è in grado di mettere a tavola centinaia di persone. Mi confida che, naturalmente, non è sempre tutto rose e fiori: Sono centinaia gli imprevisti quotidiani, ma anche i segni della Provvidenza. Come quella volta che un’interruzione di corrente ci ha impedito di accedere alle celle frigorifere per parecchie ore… Ci siamo guardate in faccia con le altre cuoche: cosa avremmo dato da mangiare alle persone? Ma ecco il campanello: era un fornitore che ci veniva a consegnare proprio in quel momento… riso e pesce! Il menù era deciso: Paella per tutti! . Prima del Natale poi, un pensiero non mi lasciava: eravamo in tanti a far festa… come offrire panettone e pandoro per tutti senza spendere un capitale? Poche ore dopo ci sono stati consegnati omaggio 200 panettoni e pandori. Più volte ho pensato che nella mia professione gli opposti si attraggono o meglio, hanno bisogno l’uno dell’altro: sì, perché la concretezza del lavoro in cucina si sposa spesso con l’arte e quest’ultima con l’economia, ma è fondamentale non perdere di vista gli ideali che sono la base della mia vita: l’amore per chiunque mi è accanto e, in ultima analisi, un mondo migliore, che per me inizia proprio dietro i fornelli. Ad esempio sento che non posso concedere nulla al consumismo. Ciò trova conferma anche nelle parole o in qualche riga di ringraziamento scritta sopra un tovagliolo da chi passa per la cittadella anche solo per poche ore: Quel che abbiamo conosciuto girando per Loppiano lo abbiamo trovato anche nei piatti che ci avete preparato. Armonia.

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