L’arte del dialogo

Brunetto Salvarani nell’introduzione al suo libro “Un tempo per tacere e un tempo per parlare” (Città Nuova, 2016) spiega le caratteristiche che deve avere il dialogo per essere efficace: l’ascolto e la capacità di “fare il vuoto” per accogliere l’altro.
un tempo per tacere un tempo per parlare_Salvarani

[…]

 Ho cercato di affrontare qualcosa che mi sta particolarmente a cuore, il dialogo, non con pro­poste teoriche e pratiche (cosa che ho già fatto in passato, con titoli quali, fra gli altri, Vocabolario mi­nimo del dialogo interreligioso, Educare al pluralismo religioso, Il dialogo è finito?), ma nella prospettiva di un racconto di vita: ovviamente la mia, l’unica su cui mi sento legittimato a balbettare qualcosa. Di un dialogo non solo teorico, ma sperimentato dal vivo nel corso di una quantità ormai innumerevole di fac­cia a faccia; talvolta, di corpo a corpo, svoltisi in un periodo di tempo piuttosto lungo; corrispondente, per di più, alla stagione accidentata in cui il nostro Paese è transitato, quasi senza accorgersene, dall’es­sere luogo per eccellenza in cui non ci si poteva non dire cristiani, almeno crocianamente, culturalmente, sociologicamente, anagraficamente, tradizionalmen­te, a spazio multiculturale e multireligioso.

Con tut­te le resistenze e le opportunità del caso: le prime, trasparenti e sbattute con regolarità in prima pagina da giornali, siti web e politici senza troppi scrupoli, le altre, in genere invisibili e comunque sottotraccia, purtroppo. Ciò che è innegabile, in ogni caso, è che nell’arco di tre/quattro decenni siamo passati dalla religione degli italiani all’Italia delle religioni.

Ho scelto, qui, di non essere esaustivo: non avrei potuto, e non ci sarei riuscito. Ho deciso di rovistare nella mia memoria personale raccogliendo le tracce di alcune esperienze, spesso felici, talora in chiaroscuro, ma per tanti versi esemplari. Quel­le che, nella cultura anglosassone, si dicono best practices, buone pratiche, durante lo svolgimento delle quali non sono mancati, naturalmente, errori, incidenti di sottovalutazione o di sopravvalutazione, perplessità e ripensamenti sulla direzione di marcia. Grazie a esse, comunque, ho imparato quanta ric­chezza può giungerci dall’incontro – casuale o cer­cato – con un fratello o una sorella, oppure con un gruppo più o meno consistente di uomini e donne che si ispirano a una fede religiosa per plasmare di senso i propri giorni.

L’augurio che mi muove è che il mio racconto possa servire a qualcun altro, semmai per spingersi a narrare il suo. Perché una delle poche convinzioni irrinunciabili di cui dispongo al momento è che al dialogo (ecumenico, interreligioso, interculturale) non si dia alternativa, nell’attuale fase storica del nostro pianeta. Così come, a ben vedere, in ogni sua fase storica. Certo, come spiega il poeta e narra­tore brasiliano Rubem Alves, «le convinzioni sono le principali armi del diavolo. Le maggiori atroci­tà della storia dell’umanità, religiose e politiche, sono state commesse da persone che non avevano il minimo dubbio circa la verità dei loro pensieri. Le persone che dubitano, al contrario, sono tolle­ranti. Sanno, infatti, che quello che pensano non è la verità. I loro pensieri non sono molto di più che ipotesi».

Per questo esse ascoltano quello che gli altri hanno da dire, poiché può essere che abbia­no ragione. Il dialogo, a ben vedere, è un’arte che s’impara, una scalata impervia che pure si deve af­frontare, non moltiplicando le parole ma cercando piuttosto di fare il vuoto dentro di sé. Ecco una pri­ma pista di riflessione! Oggi il dialogo non funziona a dovere soprattutto perché stiamo assistendo, nello spazio pubblico, a un vero e proprio affastellamen­to di parole a vanvera; mentre chi tenta di dialogare non compie la prima operazione fondamentale, che è il fare vuoto dentro di sé per permettere l’ascolto dell’altro. In effetti, non viviamo spesso esperienze di reale ascolto, ma situazioni generalizzate di giu­dizio nei confronti dell’altro; anzi, di pregiudizio, perché ormai il messaggio corrente, in sintesi, è il seguente: esiste un nuovo nemico in mezzo a noi e si chiama islam, che è l’emblema dell’alterità assoluta, ha preso il posto del comunismo e tende a essere peggiore di quello perché dotato del medesimo im­peto missionario del cristianesimo.

 

da "Un tempo per tacere un tempo per parlare. Il dialogo come racconto di vita" di Brunetto Salvarani (Città Nuova, 2016)

pp. 264 € 18,00

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