L’Angelo della valigia

Quando il teatro torna alle origini. Una proposta della compagnia argentina Toia/Callaci  

La compagnia argentina Toia/Callaci, in scena con L’Angelo della Valigia al Teatro Porta Portese di Roma, stupisce il pubblico con questo piccolo capolavoro.

Il testo scritto da Sergio Mercuri e Severo Callaci è l’esito di un lungo percorso di ricerca, inaugurato con una residenza artistica nel 2010 e approdato alla sua versione definitiva nel  2017. Dopo il debutto a Rosario (AR) e la circuitazione nei maggiori festival di teatro Latinoamericani, il testo è tradotto in italiano con la cura e la supervisione di Agustina Toia e finalmente approda sulle scene del vecchio continente, con una tournèe che tocca lo stivale da sud a nord.

La storia che ci racconta è quella di Ezequiel Sanguinetti, un ragazzo semplice che vive in una piccola comunità. Un giorno viene designato per un lavoro molto particolare: essere un angelo. A tal fine deve spogliarsi di tutto, ma lui non vuole assolutamente liberarsi della sua valigia!

Un meccanismo drammaturgico semplice eppure potentissimo, che innesca subito un interrogativo pressante nel pubblico: cosa c’è nella valigia? La risposta non tarda ad arrivare: nella valigia non c’è nulla. Non è il contenuto materiale a renderla preziosa, ma l’infinità di rimandi e possibilità che essa rappresenta per il protagonista. La valigia è il suo ancoraggio, ma allo stesso tempo costituisce il suo viatico alla libertà. L’esperienza vitale che traduce è quella di una necessità ancestrale: essere ben radicati per raggiungere l’altrove.

Le modalità di questa narrazione poetica e a tratti fantastica è di una purezza teatrale che raramente si incontra. Sulla scena infatti c’è solo l’attore, la sua voce, il suo corpo, la sua fantasia. Severo Callaci si esibisce in una performance attoriale pazzesca attraversando senza soluzione di continuità i dieci personaggi che costituiscono il corpus della vicenda, con l’unico ausilio di un bastone, un telo e una valigia. Una incredibile magia che si snocciola nell’arco di un’ora o poco più e che conduce lo spettatore nel mondo delle visioni, nel territorio onirico di un bestiario umano affascinante ed eterogeneo, dove ogni singolo dettaglio è curato con la plasticità scultorea di un affresco barocco. Un gioco della scena in cui il meccanismo è svelato eppure così magistralmente costruito da coinvolgere lo spettatore, emozionandolo.

L’autore e l’attore lavorano fianco a fianco e spesso coincidono. L’azione drammaturgica diventa azione attoriale, la pratica della scrittura è plasmata dalle regole del corpo e della voce. L’attore precede il testo e lo crea a sua immagine e somiglianza. In questa versione tradotta in italiano, si evidenziano con chiarezza quei vizi linguistici – tipici di ogni idioma – che resistono, nonostante l’ammirevole lavoro di traduzione, aggrappandosi al corpo dell’attore come a una zattera nella tempesta.

Teatro Bonucci – Perugia sabato 9 marzo alle ore 21  e  poi in tournée fino al 24 marzo

 

 

 

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