L’affaire Pell

L'accusa è pesante: il cardinale australiano della Curia romana è ora accusato di aver compiuto abusi sessuali su minori. Il papa lo ha sospeso dai suoi incarichi per potersi difendere. Una riflessione.  

Ha fatto grande scalpore la divulgazione a mezzo stampa di un avviso di garanzia del Tribunale civile di Melbourne indirizzato al card. George Pell che fa parte del cosiddetto G9, cioè il consiglio dei cardinali voluto da Bergoglio all’indomani della sua elezione, in rappresentanza dell’Oceania. Il papa gli aveva più tardi attribuito il ruolo di coordinatore della riforma economica e finanziaria del Vaticano, nominandolo prefetto dell’inedita Segreteria per l’economia.

L’accusa rivolta al card. Pell è pesante: non solo di aver coperto gli abusi su minori compiuti da preti, suore e religiosi delle diocesi che aveva via via governato (tale accusa è stata avanzata ancora una dozzina di anni fa), ma di aver lui stesso compiuto atti del genere. Più precisamente il cardinale australiano, già arcivescovo di Melbourne e poi di Sydney, è stato ora incriminato per presunti reati di abusi sessuali su minori (stupro) quando era sacerdote a Ballarat (1976-1980) e poi arcivescovo a Melbourne (1996-2001).

Il papa ha concordato una sospensione temporanea delle sue funzioni in Vaticano, in modo che il cardinale possa presentarsi al processo in Australia a metà luglio.

Cosa dire? In primo luogo che la strategia vaticana sugli abusi sessuali su minori praticati da uomini e donne di Chiesa, avviata con estrema fermezza già da Benedetto XVI, che prevede la tolleranza zero, va avanti; secondo, che non viene ostacolata ma al contrario favorita la procedura civile o penale intentata; terzo che si aspetta la sentenza per prendere eventuali misure definitive sullo status del card. Pell. Il quale continua a difendersi a spada tratta.

Certo, il card. Pell non è un prete sconosciuto di una piccola diocesi sconosciuta ai più. Il suo caso non va preso sottogamba o sminuito, anche per il grave discredito che cadrebbe sul Vaticano in caso di condanna. Ma bisogna attendere la sentenza, mentre va riproposta fino alla noia la condanna della pedofilia da parte della Chiesa, condanna che al riguardo è ormai chiarissima. Così come va riaffermata la richiesta di perdono alle vittime.

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