La strada dell’Est

L’Unione europea ha approvato la nuova Costituzione, che ha un motto significativo e denso di contenuti: “Uniti nella diversità”. Ma l’Europa dei 15 stati membri, a cui si aggiungono altrettanti paesi in via di adesione o candidati ad esserlo (al recente vertice dei ministri europei del Welfare a Varese dal 10 al 12 luglio i paesi presenti erano 31, il numero più alto finora raggiunto), deve costruire la propria unità non sulla Carta costituzionale, seppure importante, ma sulla crescita dei rapporti fra gli stati. In tale ambito i collegamenti stradali e ferroviari sono prioritari, in quanto permettono a persone e merci di circolare in una vasta area che sta scoprendo le proprie opportunità economiche e sociali nei confronti del resto del mondo. Le tendenze di crescita dei vari paesi e l’allargamento a Est dell’Unione impongono una diversa strategia infrastrutturale rispetto al passato: dalla sua realizzazione dipende l’effettiva unione di popoli che possono frequentarsi, conoscersi, sviluppare opportunità e valorizzare nell’unità le proprie diversità. In questo periodo si parla molto di “Corridoio 5”, un progetto europeo che ridisegna l’assetto viario e ferroviario del continente; l’attuale semestre italiano di presidenza dell’Unione sarà prezioso per definire priorità e finanziamenti in ordine alle infrastrutture di trasporto, e per ribadire il ruolo dell’Italia in tale ambito. Il nostro paese infatti è l’unico in Europa situato a sud dell’arco alpino e per questo la questione dei valichi e dei trafori ferroviari e stradali assume una valenza strategica: la barriera fisica delle Alpi non ci consente infatti collegamenti fluidi con il resto dell’Europa e ci impone un continuo dialogo con Svizzera, Francia ed Austria alla ricerca di strategie comuni di intervento che evitino il rischio di un isolamento geografico. Dall’antichità i nostri popoli hanno attraversato le Alpi utilizzando i passi alpini e solo da un secolo hanno potuto risparmiare notevolmente tempo e disagi utilizzando i trafori di attraversamento ferroviari e stradali. L’arco alpino, è bene ricordarlo, è la parte più vitale dell’Europa, sia nel lato nord che nel lato sud: il Baden- Wurttemberg e la Baviera assommano il 30 per cento del prodotto interno lordo tedesco, Lione è il secondo polo economico francese dopo Parigi, Zurigo e Ginevra in Svizzera sono piazze finanziarie importanti e il triangolo Milano-Torino- Genova, assieme alle province del Nord Est, è il più sviluppato d’Italia. La questione del “Corridoio 5” non è quindi di secondaria importanza per l’Italia. Vediamo in breve dove sta il contendere e quali rischi e opportunità comporta. Il progetto prevede una tratta ferroviaria ad alta capacità che congiungerà Lisbona a Kiev, passando per Torino, Milano e Venezia: la valenza economica e commerciale per l’Italia è evidente. La Transpadana italiana, cioè il tratto sul nostro territorio, è già in fase di realizzazione, con la costruzione della tratta Torino-Milano, che dovrebbe essere ultimata entro il 2008. Da Milano è prevista la prosecuzione per congiungersi con la linea Bologna-Verona che, attraverso il Brennero, raggiunge Monaco. Ma la Francia, alleandosi con la Germania, sta portando avanti un’ipotesi che sarebbe complementare alla Lisbona-Kiev, se ci fossero fondi sufficienti per entrambe, ma che rischia di essere alternativa: l’asse passerebbe da Strasburgo con un tracciato a nord delle Alpi, che taglierebbe fuori il nostro paese. Il treno veloce Parigi-Strasburgo- Stoccarda-Budapest sposterebbe oltre le Alpi i vantaggi economici e di sviluppo dei paesi coinvolti. Sarà solo un caso, ma recentemente Alitalia ha stretto accordi con Air France, spostando su Parigi una fetta importante di traffico internazionale e intercontinentale. Sono in gioco interessi economici molto forti sia sull’asse italo-iberico sia su quello franco-tedesco: per questo il semestre italiano dell’Unione europea andrà speso con molta intelligenza, per stabilire rapporti concreti di solidarietà che non escludano alcun paese da un mercato che deve diventare veramente comune. Il corridoio ferroviario dovrebbe altresì servire a ribaltare una negativa tendenza in atto, che vede crescere del 5 per cento il volume delle merci annualmente trasportate attraverso le Alpi su strada, e solamente dell’1 per cento su ferrovia. Anche in questo comparto non è un caso che, mentre il 30 per cento del traffico nazionale ed il 50 per cento di quello estero interessano la Lombardia, per un totale di 700 mila tonnellate merci, solo 200 mila di queste partono dagli aeroporti del Nord Italia, insufficienti a coprire tali esigenze. Il resto, cioè 500 mila tonnellate, gravita per ora su altri scali dell’Europa centro-settentrionale con il sistema dell’avio-camionato, cioè con un trasporto su autocarri di merci aventi già la carta d’imbarco, ma da altri aeroporti europei: si tratta di un traffico pesante che attraversa le nostre contrade con effetti di inquinamento e di sovraffollamento, dirigendosi ai valichi alpini per raggiungere i paesi di imbarco. Malpensa si trova quindi ad essere, anche sotto l’aspetto delle merci (è in fase di completamento Cargo City), l’anello centrale di un sistema che deve necessariamente svilupparsi togliendo traffico pesante dalle strade: un “salto” del “Corridoio 5” a nord delle Alpi vanificherebbe gli sforzi che si stanno facendo per migliorare il trasporto da e per l’Italia. Intervenendo ad un convegno svoltosi a Milano nel mese di giugno sul “Corridoio 5 Lisbona- Kiev”, il presidente di Assolombarda, l’associazione degli imprenditori lombardi, Michele Perini ha detto: “Se non andasse in porto questo strategico e complesso intervento infrastrutturale finiremmo per trasformarci nel Mezzogiorno desertico d’Europa”. Ha ricordato alcune cifre: il nostro deficit di infrastrutture ferroviarie rispetto al resto d’Europa è del 33 per cento, quello autostradale è del 12 per cento: in parole povere, occorre potenziare il sistema su ferro. In Italia per colmare tali ritardi il ministro dei Trasporti Pietro Lunardi ha fatto attivare la cosiddetta “legge obiettivo”, approvata dal Parlamento per accorciare i tempi di decisione in ordine agli interventi infrastrutturali, che vanno troppo spesso al rallentatore. Un esempio: la società Tav, creata per realizzare l’alta velocità, è nata 12 anni fa e solo l’anno prossimo la prima parte della rete progettata entrerà in funzione. Il completamento della direttrice Tav Milano-Napoli è previsto per il 2008 e quello della direttrice Torino- Trieste andrà al 2010-2012: a quel momento, ha dichiarato Giancarlo Cimoli, presidente delle Ferrovie dello stato, avremo 1250 chilometri di alta velocità, una linea pari a quella francese. Ma a quel punto il traffico di passeggeri e merci sarà aumentato del 50 per cento e la nuova linea risulterà inadeguata. Altro esempio: la liberalizzazione del sistema ferroviario italiano è stata avviata nel 2000 con la nascita di Trenitalia SpA, a tre anni di distanza ben 27 imprese ferroviarie sono in possesso di licenza, ma solo 4 di esse sono operative: Trenitalia e Metronapoli del gruppo Fs, Ferrovie Nord Milano Esercizio, operante in ambito lombardo, e Rail Traction Company, che effettua trasporto combinato sulla linea Verona-Monaco. Intanto, nell’incertezza delle decisioni che andranno prese in ambito europeo, prosegue lo sforzo congiunto dei paesi transfrontalieri per assicurare i collegamenti attraverso la costruzione di nuovi trafori, che rendano più fluido il passaggio di persone e merci: fra Svizzera e Italia sono in fase di realizzazione due gallerie ferroviarie di base: una sotto il San Gottardo, di 57 chilometri (la più lunga al mondo), verrà pronta nel 2014, l’altra di 35 chilometri sull’asse del Lotschberg sarà completata nel 2007. Entrambe assicureranno importanti corridoi preferenziali fra il nord e il sud dell’Europa, la prima sull’asse Milano-San Gottardo-Zurigo, la seconda fra Genova- Novara-Sempione-Lotschberg- Basilea. Il completamento delle nuove direttissime sotto le Alpi sarà attuato con il traforo del Brennero, lungo l’asse Innsbruck-Verona, con conclusione prevista nel 2015. È chiaro che se prevalesse, come sembra, il “Corridoio 5” nella sua versione a sud delle Alpi, tali assi ferroviari nord-sud in costruzione assumerebbero un rilievo ancor più strategico. La cartina europea si sta notevolmente modificando anche dal punto di vista dei grandi corridoi di mobilità: abituiamoci a seguirne l’evoluzione, perché da essa dipenderà in gran parte il futuro dei singoli stati.

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