La storia di Orazio e Giulia

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Nonostante il nome così signorile Giulia era solo una tranquilla asinella di montagna, che seguiva ovunque fedelmente il suo padrone, un vecchio pastore, pure lui dotato dell’illustre nome di Orazio. Orazio e Giulia erano decisamente una coppia inscindibile: tutti sapevano che dove c’era l’uno si trovava anche l’altra. Solo di notte si separavano, perché Orazio non poteva dormire in una stalla, ma al mattino prestissimo, quando d’estate albeggiava e d’inverno era ancora buio fitto, un raglio festoso attraversava tutto il paese e gli abitanti, rivoltandosi nel letto, si dicevano: Ah, è la Giulia che dà il buondì a Orazio! sapendo così di avere ancora almeno due orette buone di sonno da sfruttare. Orazio da piccolo non aveva potuto studiare molto, però aveva imparato a leggere e a scrivere, e a quell’epoca era già tanto. Poi la vita gli aveva insegnato un sacco di cose, come coltivare gli ortaggi, portare al pascolo mucche, pecore, capre e fare un’infinità di lavoretti manuali per i quali in paese era sempre ricercato. Orazio, c’è da fare questo. Orazio, aiutami a fare quest’altro. E lui correva subito, disponibile, di buon umore e, manco a dirlo, portando con sé la sua Giulia. La legava fuori ad un muretto, le metteva in bocca una carota e, dopo averla accarezzata, le diceva: Aspettami qui che torno presto e lei lo guardava con quegli occhi buoni e pazienti che sembrava dicessero: Va bene, ti aspetto, a dopo!. Finito il lavoro non chiedeva mai niente, diceva solo: Fate voi, fate voi e tutti gli volevano bene e gli davano anche più di quello che lui avrebbe chiesto. Cose da altri tempi insomma, ma” averlo un Orazio! In un giorno d’inverno ammantato di neve, Orazio stava tornando a casa dopo aver portato la spesa a nonna Primetta, la vecchina della baita più lontana. Ed ecco che qualcosa di morbido lo sfiora, di corsa, mimetizzandosi poi tra gli alberi spogli del bosco. Si ferma un momento e cosa vede? Due occhioni spauriti in cima ad un corpicino tremante di freddo e di fame di un bellissimo capriolo. Orazio sta fermo fermo perché sa che la paura potrebbe farlo scappare, ma già pensa a che cosa fare per lui. Si ricorda di avere in tasca una fetta di pane dolce che la nonna gli ha offerto e che lui pensava di mangiare per cena, inzuppandola in una bella tazza di latte caldo” ma: Beh, gliela darò, povera bestiolina! pensa subito. La prende pian pianino, la mette per terra e si allontana con calma di qualche passo, sedendosi su una roccetta che sbuca tra la neve. Pensa: Vediamo che cosa farà!. La decisione arriva subito perché la fame è troppa; il capriolo si avvicina al pane, lo addenta avidamente e se lo mangia tutto con rapidità, strofinando poi il musetto sulla neve fresca, quasi per pulirselo. Poi (oh meraviglia!) mica scappa: deve aver capito che questa non è una persona come le altre e si attarda annusando tutt’attorno, quasi per dire: Senti, non avresti ancora qualcosina?. Orazio ha colto al volo e infatti sta già frugando nella sua bisaccia: dovrebbe avere qualche avanzo di pane dei giorni scorsi, mescolato a manciatine di fieno con il quale ha da poco sistemato il pagliericcio della sua Giulia. Li tira fuori e il capriolo non si fa troppo pregare: una simile cenetta è proprio quella che ci voleva con la fame che si ritrova. Amicizia è fatta! Orazio riprende il cammino, ma sente che qualcuno zampetta al suo seguito, fino alle soglie del paese, quasi non lo voglia più lasciare; e prima di spiccare un salto verso il folto del bosco, sembra dirgli: Vero che ci rivediamo?. Orazio ha capito. Per tutto l’inverno ci sarà un amico ad aspettarlo su quel sentiero e sarà bene non andare all’incontro a mani vuote. Così fino a primavera: cose che succedono solo ad Orazio! Poi gli anni volano: uno, tre, cinque, dieci, quindici” e un giorno Orazio si accorge che le gambe non lo reggono più come una volta. Non può neppure valersi della Giulia che, vecchia amica, da qualche anno si è addormentata per non svegliarsi più: un lungo sguardo, dolce e mesto, e poi l’addio, con in bocca l’ultima carota. Ma non è triste l’anziano pastore: sa che la vita è un viaggio e che ad un certo punto arriva la propria fermata : per tutti, uomini e animali. Anche lui sente che deve tenere pronta la valigia perché forse oggi, o domani, potrebbe arrivare il suo turno. Oggi o domani” Infatti, in un giorno freddo ma soleggiato, il Signore tende la mano al suo vecchio amico, gli sorride e gli dice: Vieni, Orazio, è ora di camminare nei sentieri del cielo. Una grande luce, come un sole dorato, avvolge Orazio che avanza e vede viali meravigliosi, fiori ovunque, armonie, canti e una lunga tavola imbandita con tanti, tanti amici che lo salutano affettuosamente. Ma” Signore” tutto questo” per me?. Certo, Orazio, per te!. Orazio, tremante e felice, accosta alle labbra un bicchiere di vino dolcissimo ed ecco che un raglio festoso lo raggiunge. Possibile? Non osa quasi pensarlo, ma poi si volta e cosa vede? Ma sì, la Giulia, proprio la sua Giulia, tutta agghindata a festa, che trotterella per il Paradiso portando a spasso il Bambino Gesù!

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