Come la Siria o l’Iraq?

Il Messico scenario di un conflitto armato come Siria, Afghanistan o Iraq?

Il Messico scenario di un conflitto armato come Siria, Afghanistan o Iraq?

Lo assicura l’Istituto internazionale di studi strategici (Iiss) nel suo dossier annuale. Secondo l’istituto, gli omicidi in Messico sono stati 23 mila, meno della metà delle morti segnalate in Siria, ma ben al di sopra di quelle registrate in Afghanistan (17 mila) e Iraq (16 mila). Il governo del presidente Enrique Peña Nieto ha reagito con critiche all’Istituto internazionale, asserendo che la metodologia di analisi è «incerta», che sono «sconosciute» le fonti dalle quali attinge per confezionare il suo dossier sul Messico, mentre sarebbe arbitraria l’inclusione del Paese tra quelli sconvolti da conflitti armati. Per la stessa ragione dovrebbero apparire anche Venezuela e Brasile (con livelli di omicidi allarmanti) o il triangolo formato da Honduras, El Salvador e Guatemala…

I primi tre mesi di quest’anno registrano circa 6 mila omicidi, tra l’altro superando la soglia di 2 mila assassinii nel mese di marzo, limite che non veniva superato dal 2011. Una escalation di violenza che intimorisce e il cui ultimo episodio è l’assassinio della dirigente del Colectivo de desaparecidos de San Fernando, Miriam Rodríguez, avvenuto nella sua casa nello stato di Tamaulipas.

Rodríguez era nota per la sua lotta contro l’impunità dei criminali. Nel 2012 sparì nelle mani dei rapitori sua figlia Karen. Lei stessa si accollò il peso delle indagini e le informazioni che ottenne permisero prima di tutto di scoprire la fossa comune dove venne seppellita sua figlia dopo essere stata uccisa, e poi di arrestare i colpevoli del crimine.

Se si possono discutere i dati dell’Iiss, non sono rifiutabili quelli della Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh). Sebbene riconosca alcuni risultati ottenuti, segnala con preoccupazione che il 98% dei delitti commessi non finiscono con una condanna giudiziaria. Si indicano inefficienze e inconsistenze dell’azione statale. In quanto ai diritti umani, questi sono messi in pericolo dal dilagare del crimine ma anche dagli abusi commessi dalle forze dell’ordine, attraverso il ricorso, ad esempio, al “grilletto facile”. Nello scontro armato nella sede di un partito, che giorni fa ha lasciato un saldo di 5 morti, uno degli attaccanti è stato freddato dal colpo di grazia di un poliziotto. Per la Cidh, il caso dei desaparecido è particolarmente grave e fino ad ottobre del 2015 erano più di 26 mila. La commissione ha anche raccolto informazione ampia e consistente sulla pratica di sparizioni forzate realizzate da agenti dello Stato, in modo diretto o indiretto, o quanto meno con la loro tolleranza. Tra questi, il caso eclatante della sparizione di 43 studenti ad Ayotzinapa, su cui le autorità sono ancora all’oscuro. Una situazione inquietante, anche per la risposta gravemente insufficiente della giustizia e dei corpi di sicurezza. D’altra parte, la penetrazione dei cartel del narcotraffico negli apparati di potere, anche politici, è nota e profonda.

Si sia o meno in presenza di un conflitto armato, ne emerge un quadro che mette in evidenza la dissoluzione in atto delle basi stesse della coesione sociale. Una emergenza umanitaria da affrontare senza demagogia e con tutte le risorse disponibili; quelle dello Stato ma anche, e soprattutto, quelle della società civile.

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