La rivoluzione del telelavoro: il modello trentino

E se al mattino, anziché uscire e raggiungere l’ufficio, potessimo accendere il pc installato in un locale della casa e cominciare a lavorare? Sarebbe per di più possibile farlo per un ente pubblico?

A Trento, questo “sogno” è già realtà per più di 400 dipendenti dell’ente Provincia autonoma: se alcuni raggiungono uno dei centri di telelavoro creati sul territorio e lavorano dalla postazione predisposta, con un notevole risparmio sui costi e sui tempi di trasporto, altri funzionari e dirigenti dotati di attrezzature di “smart working” possono in qualsiasi momento connettersi con l’ufficio e i colleghi.

 

Un percorso iniziato per la Provincia di Trento già nel 2012, che a fine 2016 vedeva già superare la soglia del 10 per cento di telelavoratori indicati dal decreto Madia come il livello minimo che la pubblica amministrazione dovrà raggiungere entro i prossimi tre anni. Intanto, i telelavoratori trentini sono in costante aumento, date le tante posizioni lavorative che si prestano ad essere gestite in questo modo.

 

I vantaggi sono oggettivamente innumerevoli per gli enti e le persone a lavoro, con un conseguente miglioramento dei risultati stessi, data la maggiore efficienza e serenità globale: se ne avvantaggiano in primis le famiglie, grazie ad una migliore conciliazione dei tempi casa-lavoro, ma anche per l’amministrazione, che ha la possibilità di risparmiare e avere allo stesso tempo dipendenti più produttivi.

 

I dati raccolti in questi anni mostrano non a caso come i telelavoratori si ammalino meno, non effettuino ore di lavoro straordinario, come da accordo, non utilizzino buoni pasto e abbiano la stessa produttività dei colleghi in ufficio. Evitare altresì spostamenti quotidiani consente così alle piccole comunità di non vedere una continua diaspora: il territorio trentino continua in questo senso a fare scuola e non è un caso che alcuni tecnici provinciali abbiano fatto parte anche dello stesso pool ministeriale che si è occupato di redigere il testo ministeriale sul telelavoro in vista del decreto di riforma della pubblica amministrazione.

 

Spostarsi dall’ufficio a casa rappresenta evidentemente una piccola rivoluzione da affrontare almeno in parte su tutto il territorio nazionale: nuovi ritmi, spazi adeguati ad ospitare un’attività lavorativa, linea telefonica e mobili sono oneri certo a carico del lavoratore, ma la Provincia mette a disposizione un pc portatile completo del software per connettersi con l’ufficio, con tanto di telecamera e microfono per le video conferenze.

 

Chi può farlo? Sono i dirigenti di ogni servizio a stabilire le posizioni idonee a essere organizzate con il telelavoro: più che lusinghieri i giudizi dei lavoratori interessati che ne avevano fatto richiesta, pur distinti da situazioni lavorative diverse fra loro. Generalmente, con questo tipo di inquadramento è previsto almeno un rientro settimanale in ufficio per evitare di perdere i contatti con i colleghi e con l’ambiente di lavoro. Alla luce dei primi anni di sperimentazione, il territorio trentino dimostra come il telelavoro comporti non solo meno stress per il cittadino lavoratore, che oltre a non sradicarsi più di tanto dalla propria comunità trova più tempo per la famiglia e le proprie dimensioni di interesse, ma anche costi ridotti per gli enti che procedono come previsto dallo stesso decreto Madia. A chi conviene restare al palo?

 

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