La rivoluzione culturale di Francesco

“Bonificare, trasformare, costruire”. Intervista a Piero Coda, preside dell’Istituto Universitario Sophia, sul passaggio epocale in corso nella Chiesa e nella società «Indispensabile la conversione e l’apertura della mente oltre che del cuore»
ANSA / CIRO FUSCO

In questo autunno italiano così affollato di tragedie e degrado urbano, piuttosto che di prove tecniche (più o meno riuscite) di primarie democratiche o di scellerati bombardamenti transoceanici, papa Bergoglio scende quasi quotidianamente in campo ponendo sul tavolo poche idee chiare e ampiamente spendibili, come quelle espresse il 21 settembre scorso alla Commissione parlamentare antimafia. «Bonificare, trasformare, costruire» ha detto Francesco, indicando questa terna come strategia per combattere le mafie.

Sono chiavi di attivazione di processi che evidentemente sta sperimentando in prima persona anche nell’ampia opera di risanamento della Chiesa. Ne abbiamo parlato con monsignor Piero Coda, teologo e preside dell’Istituto Universitario Sophia che ospiterà alcuni degli appuntamenti di LoppianoLab 2017.

Papa Francesco identifica anche nella “cultura dello scarto” le cause strutturali dell’iniquità che attanaglia la vita dell’uomo e lo estromette dal contesto sociale stesso. Quale può essere la risposta dei cristiani oggi? È vero che nella Chiesa esiste una corrente attendista e immobilista che punta a ridimensionare o limitare l’operato del papa?

Mettere in movimento un processo di vasta portata non è mai facile! Occorre innanzi tutto vincere la resistenza, anche inconsapevole, rappresentata dall’inerzia della situazione in cui si è e da cui si parte. Oggi poi ci troviamo di fronte – come ha detto il papa stesso – non a un’epoca di cambiamenti ma a un cambio di epoca, per cui c’è bisogno addirittura di una “rivoluzione culturale“. L’essenziale – e mi pare che ciò stia accadendo – è innanzi tutto dare il segnale forte che bisogna mettersi in movimento, mettere in atto dei gesti concreti e tangibili che qualcosa davvero cambia e non avere paura di lavorare con serenità e tenacia sui tempi lunghi che sono richiesti dal cambiamento della mentalità, delle categorie culturali, degli stili di vita.

Di fronte a questioni di stringente attualità che coinvolgono scelte etiche e civili, la Chiesa si presenta spesso divisa, vedi il dibattito sullo Ius soli. Cosa sta succedendo alla Chiesa italiana oggi? Qual è il significato di “unità” per la cristianità del XXI secolo? 

L’abbiamo toccato con mano due anni fa, al Convegno della Chiesa in Italia a Firenze: esiste il desiderio e la volontà di mettersi in marcia, in sintonia con l’impulso di papa Francesco, da parte della maggioranza del Popolo di Dio. Si tratta ora d’individuare le strade da percorrere in concreto. Il papa invitava a un cammino sinodale che coinvolgesse tutti, a livello diocesano e nazionale. La presidenza della Cei, da quanto capisco, vuole andare in questa direzione. Bisogna imparare – con fatica, ma con decisione – a dire il proprio punto di vista con rispetto e spirito di ricerca, a dialogare con sincerità per crescere in comunione, a discernere comunitariamente. Non è per niente facile, ma è la strada. L’obiettivo non è una uniformità piatta e definitiva, ma uno scambio dinamico e sempre aperto a nuovi equilibri. Il conflitto di opinioni non è negativo di per sé, se è vissuto come tappa di un processo in cui ciascuno, in coscienza e in vista del bene comune, fa tutta la sua parte.

C’è speranza per la Chiesa oggi di riuscire nella sua “trasformazione missionaria”, come ha auspicato recentemente il papa e con quali strumenti?

Per cambiare, in ascolto del Vangelo e con effettiva incisività non bastano l’apertura e la conversione del cuore, anche se esse restano assolutamente indispensabili, ma occorrono anche l’apertura e la conversione della mente! Non per niente, ad esempio riguardo alla situazione della famiglia, papa Francesco ha provveduto a un’attualizzazione dell’Istituto in questione, dando vita pochi giorni fa alla nuova Università per la Famiglia. La prospettiva della formazione, a tutti i livelli, è decisiva, altrimenti non si va da nessuna parte.

Come sconfiggere la logica delle “vittime” e dei “briganti” fuori e dentro la Chiesa di Francesco? Cosa occorre secondo lei per portare a compimento questo cambio di passo?  

Penso che siano soprattutto tre le direttrici di marcia lungo le quali muoversi: cellule, laboratori, educazione. Cellule: rigenerare il tessuto ecclesiale e sociale, dove si vive, si lavora, si studia, vivendo relazioni di trasparenza reciproca in cui ci si fa carico gli uni degli altri a partire da chi in qualunque forma è ai margini o addirittura scartato. Laboratori: immaginare con creatività e sinergia progetti di innovazione culturale, economica, sociale e politica segnati dall’impegno all’incontro, alla partecipazione, all’inclusione. Educazione: fare della scuola e dell’università una palestra di allenamento e di sperimentazione di una cultura lievitata dal Vangelo che sia reale strumento di trasformazione e segno di speranza.

 

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