La riscossa dei cittadini

Adesso viene il bello. Bello: si fa per dire. Arriverà con evidenza a settembre, ma inequivocabili segnali sono emersi anche in luglio. Non vi sarà sfuggito un fatto: le città erano meno spopolate del solito e le strade restavano trafficate. Motivo? A tanta gente, rispetto allo scorso anno, mancano i soldi. Così, in vacanza molti vanno solo nei fine settimana. Con l’euro, la vita è cambiata. In meglio. Non ci immaginiamo, per esempio, quali enormi speculazioni monetarie siano state impedite dalla presenza della nuova moneta dopo gli attacchi terroristici agli Usa. Pensando anche solo al contesto europeo, la nostra liretta avrebbe avuto la peggio nel confronto con le altre valute continentali. Evidenti le conseguenze: incremento dei prezzi dovuto ai maggiori esborsi per le importazioni. Invece, abbiamo goduto – quasi senza accorgercene – di una rilevante stabilità monetaria, tanto che il costo del denaro si è leggermente ridotto. Ben diverse conseguenze si sono invece abbattute sui cittadini a motivo di ignobili comportamenti adottati con l’introduzione della nuova valuta dal gennaio scorso. Le associazioni dei consumatori hanno bollato con infamia (“ladri di euro”) quanti sono stati autori di ingiustificati aumenti e arrotondamenti di prezzi e tariffe. Quel che più ha ferito la gente è stata la cinica manovra al rialzo proprio nel difficile momento in cui i cittadini familiarizzavano con i prezzi in euro, con il rompicapo dei centesimi, con l’enigma dei resti. Non era un fatto di mero cambio monetario, si trattava di un delicato passaggio psicologico per un intero paese e, soprattutto, per le persone meno dotate di mezzi economici e culturali. Piove sempre sul bagnato! “Non abbiamo ancora metabolizzato il passaggio all’euro – riconosce Riccardo Garosci, direttore della Faid federdistribuzione -. Ieri davamo mille lire di mancia e oggi un euro, il doppio. Secondo me conta anche il fatto che sia una moneta: se avessimo le banconote da un euro le spenderemmo con meno facilità”. Aggiunge Giuseppe Roma, direttore del Censis, esperto di comportamenti sociali: “Abbiamo una percezione dei prezzi tuttora distorta. Anche se riusciamo a schivare la speculazione più macroscopica, sottostimiamo la spesa quotidiana”. E gli effetti sono, ahinoi!, assai noti: “Con l’euro spendiamo di più di quello che saremmo stati disposti a spendere con le lire”. A complicare la faccenda ci si sono messe anche quelle aziende che hanno cambiato formati e confezioni, rendendo difficile valutare se il prezzo è variato. Così, invece di una qualche tutela per i cittadini, o almeno un ombrello, è arrivata una sonora grandinata. Persino nei popolari mercatini (compreso quello romano di Porta Portese) è finita l’era del tutto a 1.000 lire; ora si parte da un euro, 1936,27 lire. L’aumento dei prezzi ha provocato un’erosione del potere d’acquisto degli stipendi e delle pensioni. E dato che gli aumenti più consistenti hanno riguardato i beni di consumo quotidiano – dal giornale al cappuccino, dalla pasta alla frutta, dai servizi bancari a quelli assicurativi, dal cinema ai trasporti – sono state penalizzate soprattutto le famiglie con un solo reddito medio-basso e quelle dei pensionati. Ovvero, la maggioranza degli italiani. “Non credete alle giustificazioni addotte per i rincari”, avvertono le associazioni dei consumatori. “Gli aumenti sono stati speculativi, perché non sono variati né il costo del denaro, né quello dell’energia, mentre il costo del lavoro è salito del 2-2,5 per cento, dentro cioè il tasso d’inflazione programmato”. Per prevenire i “furbi”, fu stipulato un patto tra associazioni dei consumatori e commercianti. Ma resse solo due settimane. Quando infatti a metà gennaio il governo varò una serie di aumenti (dalle sigarette alle autostrade, dalle lotterie al telefono) tutti si sentirono legittimati ad apportare autonomi ritocchi. Lo scorso 5 luglio alcuni milioni di italiani hanno aderito al primo “sciopero della spesa”, un segnale di ri- scossa nei confronti degli approfittatori. Ma la reazione dei consumatori è comunque più vasta, concreta e mirata. Colpiti i commercianti del settore alimentare e no. Proprio quei piccoli esercizi, cui si è legati dalla consuetudine e da un certo affetto, sono stati gli artefici degli incrementi più ragguardevoli. Un tradimento in piena regola, che ha spinto gli abituali clienti verso i supermercati, dove gli aumenti sono stati minori. E sarà, dicono gli esperti, una scelta senza ritorno. A riprova che l’avidità e la poca lungimiranza non premiano. Dopo le ferie, le famiglie – ne avrebbero fatto volentieri a meno – chiuderanno ancora di più i cordoni della borsa. Insomma, solo acquisti indispensabili e grande oculatezza, che sta a significare per il commercio un vero e proprio spettro: la caduta dei consumi. Oltre a far fronte all’aumento dei prezzi, la maggioranza degli italiani si trova salassata dall’incremento delle tasse e delle imposte a livello locale (dai ticket all’Ici), mentre le rendite sui risparmi investiti in borsa o nei fondi sono sparite insieme ad un terzo del capitale impiegato. “Il calo dei consumi si accentuerà nei prossimi mesi – anticipano alla Federconsumatori -. Non è affatto vero che tutto va bene, come si vuole fare credere”. L’unica consolazione è che, come precisano all’Unione consumatori, “non c’è alcuna ragione (siccità a parte) per ulteriori rincari dei prezzi, anche se quanto perso dalle famiglie in termini di potere d’acquisto con gli aumenti ingiustificati non verrà recuperato”. A parziale conforto può giovare la vicenda degli altri paesi dell’area dell’euro. Anche là, in misure diverse, i consumatori hanno subìto angherie. Germania inclusa. Tanto che il 48 per cento dei tedeschi ha ridotto i consumi e il 46 ha lasciato gli abituali negozi. Landi,Adiconsum pericolo nuove tariffe e tutela del risparmio “Con la liberalizzazione dei servizi, prevista in tutta l’Unione europea, andremo incontro a una serie di fortissimi aumenti di alcune tariffe e di peggioramento della qualità del servizio”, avverte, pesando le parole, Paolo Landi, presidente dell’Adiconsum, una delle principali sigle a tutela dei consumatori. C’è di che stare allegri. “L’esempio delle assicurazione auto non è confortante. Dopo la liberalizzazione, ci sono stati aumenti del 20 per cento all’anno.Temo che sia l’anticipo di quello che succederà nell’energia elettrica, quando verrà meno il potere dell’Autorità di stabilire le tariffe per utenti e famiglie. Questo si evidenzierà anche per l’acqua, quando la gestione passerà dalle imprese comunali ai privati. Varrà per i rifiuti e la nettezza urbana, i cui costi, solo per il passaggio da imposta a tariffa, aumenteranno del 10 per cento di Iva. Senza dimenticare i prezzi del trasporto ferroviario”. Ma non doveva essere proprio il contrario? “La liberalizzazione delle tariffe, pensata come elemento di maggiore concorrenzialità e quindi di maggiore efficienza e minor costo, non sta assolutamente cogliendo l’obbiettivo. Si sta invece realizzando un grosso affare per le imprese a danno dei consumatori”. Perché le Authority non difendono i consumatori? “Le Authority ipotizzate per intervenire in questi settori sono state indebolite in termini di ruolo e di potere”. Quali iniziative intraprendere da settembre? “Per me, in primo luogo, c’è la questione del risparmio. Oggi è privo di tutela. È alla mercè degli operatori nelle banche e nelle società finanziarie. Occorrono invece regole che indichino all’investitore se ha la sicurezza, quanto meno, del ritorno del capitale che investe. A gran parte delle famiglie e dei pensionati sono stati indicati, da banche, società finanziarie e fondi, alcuni investimenti come supersicuri, e oggi si trovano con il 30 per cento in meno del capitale consegnato. “Secondo elemento, i fondi etici. Serve chiarezza, perché si spaccia oramai per etico anche un fondo che finanzia la prostituzione e che poi fa un po’ di beneficienza. Infine, deve essere eliminato nel sistema bancario, se vogliamo un minimo di concorrenzialità, quello che è il pedaggio all’uscita. Non si lascerà mai una banca per un’altra se occorrono 100 euro per chiudere il conto”.

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