La reciprocità nella coppia

Dimensione fondamentale della vita insieme, non va intesa cvome un contratto do ut des tra i due partner. Quan­do ci si ama, non si fa qualcosa di buono per l’altro per poi avere un tornaconto, ma perché lo si ama e si desidera la sua felicità. Come ci spiega Angelo Alessi nel libro Noi due. Istruzioni per una sana vita di coppia (Città Nuova, 2018)
Un ragazzo e una ragazza abbracciati

Non è superfluo specificare che la reciprocità qui non va intesa come un contratto do ut des, in cui i due partner, per garantirsi l’intesa, stabiliscono accordi che regolano il dare e l’avere. Le esperienze osservate in tal senso, in cui si dà per ricevere, sono miseramente naufragate, rivelandosi un altro modo fantasioso di coltivare l’infelicità della coppia. Quan­do ci si ama, non si fa qualcosa di buono per l’altro per poi avere un tornaconto, ma perché lo si ama e si desidera la sua felicità.

Nella vita di tutti i giorni, la relazione di coppia presenta sempre un confine critico dove bisogna conciliare le esigenze dell’uno con quelle dell’altro, una zona dove pacificare l’ap­parente contraddizione fra il bisogno di ricevere attenzioni e l’opportunità di ricambiarle. Ma in cosa consiste allora una relazione di reciprocità? Un famoso detto zen pone la questione se sia mai possibile applaudire con una sola mano. Evidentemente no.

9788831123211-noi-due-720x0-c-defaultIn una relazione di reciprocità, non è sufficiente riuscire a conciliare dentro di sé il bisogno di autonomia e di appar­tenenza, ma è indispensabile che tale integrazione sia condi­visa. In altri termini, una sola persona non può fare la felicità della relazione senza la partecipazione e il sostegno anche dall’altro partner. Un applauso è immancabilmente il risul­tato di due mani che si muovono contemporaneamente e in sincronia. La reciprocità, dunque, si esprime nella coppia come un’azione condivisa che supera lo sfruttamento affetti­vo e il controllo sull’altro, la venerazione e la sottomissione.

Una condivisione che crea benessere, accoglienza, gioia a entrambi i partner che vivono una relazione integrata nel ri­spetto delle reciproche differenze e nella comunicazione be­nevola che consente ai due di diventare una totalità. Attra­verso l’empatia ci si immedesima nell’esperienza dell’altro e si intuiscono quali sono i suoi bisogni emotivi con l’obiettivo di soddisfare quella fame di riconoscimento di cui abbiamo parlato e che tutti ci portiamo dentro. I partner della coppia si rendono conto, dunque, che se da una parte c’è tra loro una realtà condivisa, dall’altra si deve imparare ad accettare quella non condivisa che riguarda proprio l’originalità e l’u­nicità della persona, la sua diversità, che non è minacciosa, poiché non si pone come controparte, quindi non sarà uti­lizzata contro.

Spesso però l’intesa si rompe comunque e le incomprensioni che vengono fuori creano, come abbiamo visto, cicli comunicativi che si ripetono e che vengono ali­mentati dal contagio emotivo in cui le reazioni dell’uno sem­brano direttamente provocate dal comportamento dell’altro. Per non innescare pericolose escalation, è necessario allora imparare a non lasciarsi condizionare dal comportamento negativo dell’altro. Se ci deve essere un contagio emoziona­le tra i partner, che questo sia positivo anziché distruttivo. In certi momenti, dunque, bisogna capire come mantener­si rilassati, cercando di desensibilizzarsi al comportamento dell’altro per non lasciarsi coinvolgere in percorsi tortuosi, ricercando e creando dentro di sé uno spazio migliore.

Da Angelo Alessi, Noi due, istruzioni per una sana vita di coppia (Città Nuova, 2018) pp. 168; € 15,00

 

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