La perseveranza di una madre

Itrattamenti avevano un ritmo bisettimanale, e altrettanto frequenti i dolorosi crampi. Magdi Szebenyi non sentiva più muoversi la bambina nel suo ventre. C’era da temere il peggio, pensando a quanto doveva sopportare quel piccolo esserino dentro di lei. Era al quinto mese e stava combattendo un cancro. Mi sono rimessa a Dio unendo la mia sofferenza a quelle di Cristo sulla croce, e pregavo che proteggesse la bambina, ricorda ora Magdi. Ultrasuoni regolari, infatti, confermavano che la piccola stava bene. Il corpo della madre la proteggeva dalla chemioterapia. Magdi correva sul filo del rasoio, tra la sua vita e quella della bambina. Benedetto dolore? Magdi viveva con suo marito Jim a Calgary, nel nord del Canada. Nell’autunno 2003 avevano avuto la notizia della gravidanza. Dapprima si trovarono preoccupati, perché lei aveva già avuto precedenti aborti spontanei. Per giunta, ai primi sintomi normali di gravidanza, Magdi ha iniziato a sentirsi sempre più stanca, era pallida e afflitta da una fastidiosa tosse. Certi giorni non riuscivo ad alzarmi se non nel tardo pomeriggio – ricorda -, con un senso di colpa perché non riuscivo a fare altro tutto il giorno. Era sorpresa che Jim, tornando dal lavoro, non si fosse mai lamentato. Si sedeva accanto a lei per ascoltare com’era andata la sua giornata. Mi sentivo amata fino in fondo. Natale arrivò e passò, ma non la tosse, che continuava ad aumentare d’intensità. Il medico comunque era convinto che tutto fosse causato dalla gravidanza. Poi un forte dolore alla spalla destra, un dolore benedetto, come Jim e Magdi l’hanno chiamato, perché altrimenti non si sarebbe potuti arrivare alla giusta diagnosi in tempo. E così la visita al pronto soccorso ha portato alla scoperta di cancro ormai diffuso. Eravamo sotto shock – dice Magdi -, e un sacco di domande ci frullavano nella testa. Ma la più forte era semplice: cosa succederà al nostro bambino?. Non si potevano fare dei test per via della gravidanza e i medici raccomandavano di iniziare subito con la chemioterapia, anche se il bambino ne avrebbe dovuto pagare le conseguenze, e non si sapeva in quale misura. Avevamo paura – spiega ora Magdi -. Per me il valore della sua vita era equivalente a quello della mia. Ero stravolta al pensiero che quella piccola creatura dipendeva totalmente da me. I medici raccomandarono allora un aborto terapeutico, ma Magdi non voleva nemmeno sentirne parlare. Ma vogliamo salvare la vita della madre, sostenevano i dottori. Ma Magdi chiese loro: E cosa succederebbe se si aspettano sei mesi, cioè fino a quando sarebbe stato possibile per il bambino sopravvivere autonomamente?. La risposta di un medico fu chiara: Non arriverà ai sei mesi. Mentre un secondo scelse il sarcasmo: Si vede che lei vuole diventare un’eroina . Naturalmente, anche dei loro amici disapprovavano apertamente il loro desiderio di salvare il bambino, che comunque correva un grandissimo rischio (se fosse sopravvissuto) di nascere handicappato. Il dilemma di papà Nei loro sei mesi di matrimonio, Jim e Magdi avevano parlato altre volte della possibilità di una scelta del genere. Nell’ambito della loro tradizione cattolica, la coppia aveva sentito parlare di Gianna Beretta Molla, un medico che diede la sua vita per salvare il bambino che aspettava. Cosa dovremmo fare in una situazione del genere?, Magdi aveva chiesto a Jim alcune volte. Fortemente toccata dall’esempio di quella santa, anche lei avrebbe sperato di riuscire a dare la vita per salvare la sua creatura. L’aveva anche detto a Jim, in caso fosse lui a dover decidere: lei voleva che si salvasse il bambino. Ogni volta Jim si era sentito molto scomodo e a volte rifiutava di toccare l’argomento. Ma a quel punto la scelta era davanti a loro, cruda. Magdi cercò di convincere Jim di salvare il bambino ad ogni costo, anche se le fosse costata la vita. Ora il dilemma era perciò tutto di Jim. Non ero d’accordo – ricorda -. Avrei preferito salvare Magdi, anche se sapevo che l’avrebbe distrutta il sapere che lei era sopravvissuta ma non altrettanto il bambino. Avrei sperato di non arrivare al punto di dover prendere una decisione, e ho pregato per tutti e due, anche se spesso le sue preghiere erano miste a rabbia e a domande a Dio non proprio benevole. Poi lui decise: Devo chiedere a Dio cose grandi, come fanno i bambini. Loro non si chiedono quanto costa quello che vogliono, semplicemente chiedono e hanno fiducia. L’arrivo di Veronica Jim e Magdi comunque non sono arrivati al punto di dover scegliere drasticamente. Magdi era riuscita a sottoporsi al alcuni trattamenti che sembrava avessero fermato il cancro, e con molte difficoltà era riuscita a raggiungere la soglia dei sei mesi. Il giorno pianificato per la nascita forzata arrivò, e senza le fatiche previste Veronica vide la luce, in buonissima salute. Il giorno del battesimo, era il 25 luglio, Magdi si ritrovava terribilmente stanca e preoccupata che il cancro fosse di ritorno. Un ingrossamento alla base del collo di natura cancerogena era stato confermato, malgrado la chemioterapia. Così i medici le prescrissero una chemioterapia molto più aggressiva, quasi letale. Fu uno shock per me – confessa Magdi -. La prognosi era molto preoccupante e non sembrava che ce l’avrei fatta a vincere. La sua fede cominciava a vacillare, con ansia, disperazione e paura. Mi sentivo malata nel corpo e nell’anima, e a casa c’era una neonata che aveva bisogno del mio amore e delle mie cure. Volevo vivere per lei, volevo riuscire a crescerla. Ed era sempre più difficile per lei vedere quanto Jim soffrisse in silenzio. Sembrava che Dio ci avesse abbandonati. Il conforto di una madre In mezzo a tutte queste sofferenze, comunque, Magdi sentiva una chiamata forte da Dio, e riconosceva Gesù l’abbandonato nelle varie circostanze della vita. Volendo amare ed accoglierlo nei dolori che incontrava, chiese un aiuto particolare a Maria. Ha colso un segno del suo amore nel fatto che la seconda fase della chemioterapia iniziava il 5 agosto, festa della Madonna nella sua nativa Serbia. Un’altra parte del trattamento ed un trapianto di midollo erano programmati per l’8 settembre, altra festa di Maria. Tutto questo le dava speranza. Non era una pura coincidenza – dice -. Il giorno del mio ricovero in ospedale ho ringraziato Dio in anticipo per tutto quello che sarebbe successo, ed ho sentito forte, la prima sera in ospedale, la presenza di Maria che mi stava accanto.Mi dava forza, gioia, una pace incredibile, speranza, amore, conforto e fiducia. Nel frattempo Jim si divideva tra lavoro, cura della neonata e assistenza alla moglie. Mi preoccupava il vederlo stancarsi sempre di più – dice Magdi -, ma Jim andava avanti sicuro e deciso. Cosa sosteneva Magdi in quell periodo? Un nutrimento continuo con l’eucaristia quotidiana, con la parola di vita, con la presenza di Gesù nel matrimonio, nella comunità dei Focolari e nella Chiesa. La famiglia riceveva inoltre un aiuto costante dagli amici. I membri della Red Deer Symphony Orchestra, in cui Magdi suonava il violoncello, per un anno intero hanno preparato i pasti per la sua famiglia. Altri le davano passaggi in auto per recarsi all’ospedale per i vari controlli e per le cure; altri ancora le pulivano la casa. Per non parlare della famiglia allargata, che si sono dati da fare a turno per starle vicino: la sorella di Magdi, Zsuzsa, e la nipote Sandra sono state da lei per mesi. Tanti, poi, hanno offerto preghiere, anche persone che né Jim né Magdi sapevano essere credenti. Ci meravigliava vedere quante persone erano portate dalle nostre difficoltà a mostrare la propria fede o a porsi delle domande – spiega Jim -. Era come se Dio chiamasse a sé molta gente attraverso di noi. Aumenta la nostra fede Jim notava che nei momenti più difficili, durante la seconda fase di chemioterapia, Magdi preferiva soffermarsi su una immagine di Gesù sofferente che non su foto o immagini più gioiose. Mi sono accorto che c’era in lei una dimestichezza col dolore, e si stringeva il crocifisso al cuore, ricorda. Una volta anzi, l’ha capito chiaramente: Magdi si era abbandonata totalmente a Dio e non le interessava altro che la volontà sua. Era proprio nella pace. Magdi ricorda bene quel momento: Ho capito con chiarezza che non dovevo attaccarmi alla mia vita, neppure per il bene di Veronica. Finite le forti cure, una Tac avrebbe mostrato se il trattamento aveva avuto successo. Attendevo quel momento come se attendessi il giudizio universale , ricorda Magdi. E Jim: Ricordo di aver pensato a quale sarebbe stato il successo più grande: che Magdi si riprendesse e dovesse solo sottoporsi a controlli periodici. Tanti pregavano per Magdi. Durante la visita di un’amica, di colpo lei le dice con convinzione: Sono sicura che sei guarita. Magdi fu sorpresa e un po’ imbarazzata. Non sapevo se fosse vero, e mi sono chiesta: Ti manca la fede, per caso?. Cosa succederebbe se sapessi che invece il cancro sta distruggendo tutto il mio corpo? Continuerei a credere all’amore di Dio anche se i risultati fossero cattivi? La parola di vita di quel mese diceva: Signore, aumenta la nostra fede. Così mi sono messa a pregare: Signore, aumenta la mia fede, ma anche mostrami quello che tu vuoi. E la certezza dell’amore di Dio per lei, per Jim e Veronica, si è manifestata nel suo cuore. E non le importava più sapere se fosse guarita o no. Sono così felice – diceva -. Il credere nell’amore di Dio era così più grande anche del sapere se fossi guarita o meno. Le migliori speranze si sono realizzate. C’è sempre un po’ di sospensione nel momento dei controlli periodici, ma per ora tutto va bene. Siamo nelle mani di Dio – dice Jim -. Lo siamo sempre stati; ma forse ora ce ne rendiamo conto con maggior chiarezza.

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