Sotto la neve, una chiamata

Un Capodanno sul Gran San Bernardo si trasforma in una tragica escursione in montagna. Con una sorpresa

«Era passato da poco Natale – racconta Isabelle Catzeflis della Svizzera Sudorientale –, trascorso in famiglia con i miei fratelli e genitori. Avevo 18 anni ed ero stata invitata a Roma a un incontro al quale avrebbe partecipato anche Chiara Lubich, ma ho preferito unirmi a degli amici per una festa di Capodanno in montagna, presso il convento dei monaci del Gran San Bernardo.

Per raggiungerlo erano necessarie 2-3 ore di cammino provvisti di sci e pelli di foca. Prima di iniziare la salita con una mia amica, abbiamo telefonato ai monaci per conoscere le condizioni atmosferiche. Dovevamo sbrigarci perché il tempo era minaccioso.

Le cinghie che fissavano le pelli di foca agli sci della mia amica erano difettose e regolarmente dovevamo fermarci per rimetterle a posto.

Quella perdita di tempo è stata fatale e il cattivo tempo annunciato è sopraggiunto: neve e nebbia intensa. Al primo rifugio trovato lungo il cammino ci siamo fermate per prudenza, non riuscendo più a distinguere il nostro sentiero. Per radio abbiamo lanciato un S.O.S. al convento.

Subito ci hanno assicurato che sarebbe arrivata una guida per soccorrerci. Nel frattempo altre tre ragazze si erano smarrite e ci hanno raggiunto al rifugio. Padre Bernard è arrivato e ci siamo rimesse in marcia in fila indiana con lui che ci raccomandava di non lasciare più di 20 centimetri di spazio le une dalle altre. La “notte bianca” stava diventando opaca, le raffiche di vento e di neve formavano sul viso delle placche di ghiaccio dalle quali dovevamo continuamente liberarci.

Ad un certo punto, padre Bernard si ferma e ci dice di pregare perché lui stesso non riconosceva più il cammino. Non c’era più visibilità.

Cosciente del pericolo che stavamo vivendo, ho pregato e ho detto a Gesù: «Se vuoi, prendi me, ma lascia vivere le altre». È stato in quel momento che una voce sottile, ma ben distinta, mi ha detto. «È facile dare la vita eroicamente, ma tu non vuoi darmi tutta la tua vita e seguirmi?».

Ho avuto qualche secondo di esitazione, il tempo necessario per misurare il rischio, per riprendere fiato e dire: «Sì, va bene, lo voglio». In quel medesimo istante una valanga ci ha travolte. Ero l’ultima della fila e mi son ritrovata sommersa, solo la testa era fuori dalla neve.

Quando si stacca una valanga, la massa d’aria sposta la nebbia e frequentemente appare il cielo. Grazie a ciò sono riuscita a distinguere dove erano le altre che mi precedevano e aiutarle a liberarsi dalla neve.

La cosa più difficile era ritrovare la guida colpita in pieno dalla valanga. Ma un’equipe di monaci giunti nel frattempo, con i cani San Bernardo ci è venuta in soccorso e tutti ci siamo salvati. La gioia era intensa, non tanto per la vita fisica, ma per quel grande sì dato liberamente a Gesù che è diventato il mio compagno nel viaggio della vita.

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