La nave delle armi in arrivo a Genova

Si tratta di un carico con materiale bellico destinato alle guerre in Medio Oriente. Crescono le proteste e la tensione tra i lavoratori del porto.

«Chiudiamo i porti alla guerra» è la parola d’ordine che nuovamente ritorna tra i pacifisti a Genova in vista dell’arrivo in porto, previsto probabilmente per domenica 16 febbraio, della nave dell’armatore saudita con un carico di materiale bellico destinato alle guerre in Medio Oriente. Farà tappa a Genova, si presume, per caricare altre armi. I lavoratori del porto hanno scritto in un documento: «Siamo tutti coinvolti, ma non vogliamo essere complici». Dichiarano che anche questa volta si comporteranno di conseguenza, continuando una lotta che dallo scorso giugno ha visto mobilitati sullo stesso fronte i portuali di Bilbao, Anversa, Marsiglia e Le Havre. Anche le associazioni pacifiste hanno dichiarato che saranno in prima fila a manifestare, come in passato, all’ingresso del porto con un presidio fisso. Sabato 15 nel pomeriggio è previsto un presidio davanti alla Prefettura di Genova, dove sarà presente il vicepresidente della Sinistra europea, Paolo Ferrero, Rifondazione comunista e il partito della Sinistra europea che hanno raccolto l’appello del Collettivo autonomo lavoratori portuali per chiedere che:

  1. Venga interdetto dal porto di Genova e da tutti i porti italiani il transito di armi e materiale bellico destinato a rifornire governi implicati in aggressioni militari e palesi violazioni dei diritti umani.
  2. Siano bloccati immediatamente tutti i trasferimenti di tecnologia militare verso tali governi; vengano ritirati i soldati italiani dall’Iraq, dall’Afghanistan e da tutti gli scenari in cui questi sono coinvolti come forze di occupazione e vengano piuttosto impiegati a sostegno della Protezione civile nelle crisi ambientali che colpiscono ogni anno il nostro Paese.
  3. Vengano ridotte drasticamente le spese militari – perché 70 milioni di euro al giorno sono una pazzia – e tagliati tutti i programmi da “supremazia” aeronavale come F35 e portaerei.
  4. Si investa in occupazione, sanità, educazione e manutenzione del territorio e si ripensi radicalmente il concetto di “difesa”: le vere minacce alla nostra sicurezza – affermano – sono il caos climatico e le conseguenze ambientali del capitalismo.

Dopo la protesta di maggio dello scorso anno riparte dunque la mobilitazione contro la “nave delle armi”, come è stata denominata. «Diciamo no alla guerra e siamo contrari che in porto siano movimentati carichi di armi. Per alcuni questa nave è diventata un simbolo, per altri una lepre dietro alla quale farci correre: in ogni caso ai camalli non potrà essere chiesto di caricare materiale bellico perché ci opporremo e sicuramente ci saranno altre persone che protesteranno per questa presenza in porto», ha detto Luca Franza, portuale socio della Compagnia Unica e delegato sindacale Filt-Cgil. Si prospetta una settimana ad alta tensione perché torneranno a contrapporsi posizioni differenti nella regione, dove le industrie che producono materiale bellico hanno le loro sedi e danno lavoro a centinaia di persone. Genova è dunque ancora al centro dell’attenzione internazionale, perché da qui possono essere lanciati forti segnali di pace perché l’opinione pubblica inizi ad interrogarsi su quali valori promuovere in futuro. E soprattutto invitare i produttori di materiale bellico del nostro paese a cercare nuove strategie di mercato, che escludano la produzione delle armi.

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