A fratel Biagio risponde il Tar

Al digiuno avviato da oltre due settimane dal missionario laico a Palermo, si è unito quello forte degli altri 1.100 ospiti della sua struttura. La mobilitazione è servita a sensibilizzare popolazione e istituzioni sul rimpatrio di Paul, un ghanese da tempo residente nella missione Speranza e Carità. Dal Tar, in serata, la buona notizia per il “fratello migrante”

Fratel Biagio Conte, il missionario laico fondatore di varie comunità per i poveri a Palermo – tornato nella sua città natia dopo il lungo pellegrinaggio a piedi che l’ha portato dalla Francia alla Spagna e infine al Marocco per far comprendere a ogni Paese la necessità d’aiutare i meno fortunati -, è giunto al suo 16° giorno di digiuno. Ma ha chiesto, ieri, 14 maggio, d’essere aiutato da un digiuno comunitario.

La protesta è cominciata il 29 aprile contro il decreto di espulsione che ha colpito Paul Law Aning, un cittadino del Ghana ospite della Missione Speranza e Carità dal 2010, che ha sempre lavorato con spirito di servizio ed è da tutti conosciuto per le grandi qualità umane. L’uomo – si leggeva – era obbligato a lasciare l’Italia: un Paese che lui, col suo lavoro e la sua onestà, ha sempre onorato. Un caso non isolato, quello del 51enne, che Biagio Conte ha voluto “caricarsi sulle spalle” per porre i riflettori sulle politiche che riguardano tutti i migranti che sono, per la legge Salvini, solo meri, pericolosi, “numeri” da rispedire al Paese d’origine.

Fratel Biagio per oltre due settimane, col suo saio verde e la coroncina del rosario, è stato così in piazza Anita Garibaldi, nel quartiere Brancaccio, sotto la casa Museo di Padre Pino Puglisi, nel luogo dove il sacerdote fu ucciso per mano mafiosa. E’ stato lì, non ha mangiato e ha pregato, aspettando notizie positive per il suo amico Paul. Si è dichiarato disposto anche a morire di fame, pur di scuotere le coscienze e spazzare via l’accidia, l’indifferenza, che paiono costituire le fondamenta di questa società.

Ma dove ha trovato la forza per andare avanti, giorno dopo giorno, e non mangiare?, si sono chiesti i palermitani. «Nell’educazione ricevuta in famiglia, nei valori interiorizzati», è stata la sua risposta. Ma anche in Gesù–Eucarestia che ha preso giornalmente (unico pasto della giornata), durante la messa; «un Gesù che è difficile da spiegare – dice – ma sente vicino».

E anche chi si avvicina a fratel Biagio, afferma che «è difficile da dire, ma si prova qualcosa di speciale». «È qui fra noi – ci ha, infatti, detto una volontaria della Missione – a patire per Paul, ma ad un livello nettamente superiore al nostro, che semplicemente ne parliamo».

Ne è la riprova il sorriso del ghanese. Benché anche lui dormisse per terra, con Conte, su alcuni cartoni, al freddo e sotto la pioggia di questa strana primavera, Paul, accoglieva infatti tutti i visitatori che si avvicinavano al “loro pezzetto di strada”, con una surreale euforia. Da cosa dipendeva? È presto detto: aveva accanto a sé fratel Biagio, che gli ha fatto da “padre” ed è pronto anche a morire per lui. E Paul ha trovato anche quella che lui ha chiamato, per giorni, “mamma”, una donna residente di fronte a quello che è stato il loro rifugio, che ogni giorno lo sostentava e sosteneva, lo teneva d’occhio dalla finestra o dal giardino, non lo abbandonava. Poteva forse desiderare altro?

Anche fratel Biagio continuava, peraltro, ad avere occhi di luce e cielo, mentre il suo corpo lanciava i segnali della stanchezza e della debolezza. Eppure, decine di persone si sono alzate la mattina presto per tenergli compagnia fino a sera e decine di associazioni laiche della diocesi di Palermo (fra cui la Caritas, il centro Arrupe, Sant’Egidio, l’Azione Cattolica, Acli e anche il Movimento dei Focolari) lo hanno appoggiato e gli hanno consegnato, sere fa, una lettera. «Abbiamo bisogno di te – hanno scritto – per ricucire il tessuto lacerato della nostra città. Per questo ti chiediamo, unanimi, di porre fine al tuo digiuno, per non compromettere quella vita che è sacra al Signore. Alzati dal tuo giaciglio: noi faremo scudo con te al tuo amico Paul».

Diversi sono i parroci che ogni sera sono andati da lui per celebrare la santa messa e centinaia le persone (anche note, come l’ex attrice Claudia Koll) che si sono alternate per pregare insieme per lui e i migranti. Sono giunti anche cinque imam palermitani ed esponenti della comunità islamica per ringraziarlo di «tutto ciò che sta facendo per l’intera società», come sia «espressione di amore per il prossimo». Per non parlare dei bambini che ogni tanto pure hanno fatto loro capolino, e sono giunti a trovarlo, giocando e si rincorrendosi vicino a lui, quasi incuranti di ciò che stava accadendo ma certi che avesse “i super poteri… dell’amore”.

Ed è di ieri sera, una notizia straordinaria. Giunti quasi a fine giornata, che ha visto 1.100 ospiti della Missione Speranza e Carità unirsi alla sua protesta non violenta, digiunando dalle 7 del mattino alle 20 di sera, per offrire sé stessi all’apertura dei cuori verso l’accoglienza, ecco che il Tar si pronuncia: è stata sospesa – in tempi record, grazie anche al lavoro dell’avvocato Giorgio Bisagna – l’espulsione di Paul Aning. Il Tar ha infatti compreso il pericolo che il ghanese correva di “danno grave e irreparabile”, nel caso di rimpatrio forzato.

La decisione finale per le sorti di Paul sarà, comunque, decretata dal processo di giugno. Ma il popolo palermitano, frattanto, esulta a pieni polmoni. Fratel Biagio Conte, il papà degli ultimi, ha sciolto infatti le catene che portava ai piedi e si è rimesso in cammino verso la sede di via Decollati della Missione Speranza e Carità. Oggi alle 15,30 incontrerà in via Archirafi la stampa e la gente che vorrà partecipare per dire cosa sente di portare avanti sul tema di Paul e l’accoglienza.

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