Istituzioni maltrattanti, no grazie

C’è una educazione al rispetto e alla cortesia che le nostre istituzioni debbono apprendere nuovamente. Non possiamo attendere che nasca da particolari motivazioni intrinseche dei lavoratori o un’educazione pregressa

Qualche tempo fa ho deciso di comprare un cellulare su Amazon, il prezzo era conveniente e i tempi di consegna eccellenti. Ma il telefono non mi è mai stato recapitato. Ho segnalato il disservizio e sono stata presa in carico direttamente dal personale dell’azienda che, adottando un codice decisamente rassicurante, mi ha seguito passo passo fino alla pronta restituzione dei soldi, rivolgendosi a me nelle mail con un materno e benevolo… Elena.

Molte grandi aziende hanno capito che il loro successo, oltre che su tempistiche e prezzi competitivi, si basa sull’acquisizione di politiche di gentilezza. In quante circostanze ci troviamo, viceversa, vessati e maltrattati come consumatori e come cittadini? In posta, alla banca, al supermercato, dal nostro gestore del gas o della luce. O ancora peggio durante un ricovero in ospedale, al pronto soccorso, a scuola, negli uffici del Tribunale, in un centro di prima accoglienza per stranieri.

C’è una diffusa abitudine al maltrattamento istituzionale. Non faccio riferimento alla componente soggettiva o caratteriale che ciascuno mantiene anche nel lavoro che svolge, mi riferisco a quelle routine che vengono interiorizzate dai lavoratori e che si traducono in parole, comportamenti, poco cortesi e attenti.

Sono stati da poco resi noti i dati di una ricerca condotta dalla Doxa, su  iniziativa  dell’Osservatorio sulla violenza ostetrica in Italia, sull’esperienza del parto nelle donne italiane. La ricerca stima che circa un milione di madri – il 21% del totale – dichiara di essere stata vittima di una qualche forma diviolenza fisica o psicologica, alla sua prima esperienza di maternità. Un’esperienza così traumatica che avrebbe spinto il 6% delle donne, negli ultimi 14 anni, a decidere di non affrontare una seconda gravidanza, provocando la mancata nascita di circa 20 mila bambini l’anno.

Naturalmente questa violenza assume sfumature differenti, dal maltrattamento vero (il più deplorevole) alla scarsa informazione, alla mancata assistenza da parte del personale medico od ostetrico, al deficit di empatia e gentilezza nei modi. Un dato molto grave, che facilmente potremmo verificare anche in case di riposo, comunità, carceri.

C’è una educazione al rispetto e alla cortesia che le nostre istituzioni debbono apprendere nuovamente. Non possiamo attendere che nasca da particolari motivazioni intrinseche dei lavoratori o un’educazione pregressa. Deve essere indossata come un abito sociale, così come fanno ad Amazon. Rispondere con gentilezza al telefono, accogliere con un sorriso un paziente, rispondere con pazienza a uno sportello non sono comportamenti opzionali, sono rituali collettivi su cui non si può transigere, che ogni organizzazione dovrebbe controllare e sorvegliare, considerandole il primo dovere di condotta richiesto a un dipendente. Prestiamo attenzione a queste abitudini. Non lasciamo ai grandi marchi commerciali il monopolio della cortesia.

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