Il respiro del Pianeta

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Quanto tempo occorrerà per suturare le ferite aperte dal maremoto che ha flagellato le coste del sud dell’Asia? Quelle riportate dall’uomo, come la perdita dei parenti più cari, i danni materiali, i traumi psicologici, potrebbero avere conseguenze che durano per un’intera vita. La natura, invece, rimargina più in fretta i propri traumi. Le economie dei paesi colpiti, a loro volta, forse, si riprenderanno più rapidamente, anche grazie alla cooperazione internazionale. Addirittura in alcune regioni è già ripreso il flusso turistico. Resta tuttavia pressante la domanda su come rapportarci con le forze della natura che possono esprimersi in forme così distruttive. I fenomeni e i contesti, attraverso i quali possiamo accostarci al pianeta Terra, sono così vari e importanti che si sono sviluppate, nel corso dei secoli, molte branche della scienza; vengono alla mente la geologia, la oceanografia, la sismologia, la meteorologia e la stessa astronomia che ci aiuta a capire il comportamento della Terra in relazione al Sole e agli altri pianeti. Tutti facciamo esperienza quotidiana di vari fenomeni naturali più o meno violenti. Si va, ad esempio, dalle esperienze gradevoli quali l’alternarsi delle stagioni, conseguenza della rivoluzione della Terra intorno al Sole, o il lento salire della marea che, se ci trova addormentati sulla spiaggia, male che vada ci sveglia, bagnandoci i piedi, alla brutta esperienza di una scossa improvvisa del terreno che fa sussultare e oscillare costruzioni, lampadari e suppellettili, ma che può anche produrre immani distruzioni e maremoti come quello appena verificatosi in Asia. Forse con meno probabilità ci siamo, invece, trovati in prossimità di una tromba d’aria (o peggio ancora di un tornado), essa può anche scoperchiare tetti e sradicare piante. Fenomeni alle volte veramente devastanti che possono causare morti e feriti. Quello che ci chiediamo è se c’è un legame tra i vari fenomeni in cui ci troviamo coinvolti sul pianeta Terra. La stessa domanda se la pongono gli scienziati, i quali stanno scoprendo alcune importanti relazioni tra i vari eventi. Vediamo alcune tra le ultime scoperte. I terremoti sono tra i fenomeni naturali più frequenti che avvengono nella crosta terrestre, quella parte del pianeta Terra che arriva a circa 3000 chilometri di profondità, dove la roccia del mantello incontra il ferro fuso del nucleo esterno. Attraverso i sismografi si può rilevare l’ampiezza delle oscillazioni che essi provocano, ed esprimere la loro intensità e gravità servendoci di opportune scale abbastanza conosciute da tutti noi. Infatti, quando si vuole intendere un terremoto molto distruttivo si dice che è un terremoto del settimo grado, intendendo con questo il settimo grado di una scala particolare che si chiama Mercalli, dal nome dello studioso che la definì; un’altra scala famosa è la scala Richter. Oggi gli scienziati possono arrivare a prevedere alcuni eventi sismici, anche se essi rimangono comunque fenomeni per la maggior parte imprevedibili perché legati a movimenti bruschi della crosta terrestre, in un gioco di accumulo di tensioni e assestamenti successivi, un po’ come una molla di adeguata rigidità che rilascia la sua tensione bruscamente. Normalmente terremoti più violenti tendono a stimolarne altri più deboli, che possono avvenire anche a centinaia di chilometri di distanza, settimane o mesi dopo quello principale. Fortunatamente questi terremoti secondari tendono a decadere nel tempo e i geologi ne hanno una buona comprensione. Come sappiamo un terremoto può provocare anche un moto ondoso così violento da seminare distruzione sulle coste, lo tsunami, o addirittura spostare l’asse di rotazione terrestre, ma, ultimamente, gli scienziati hanno potuto verificare che, viceversa, i terremoti possono essere innescati anche dalle maree. Le maree, sui cui effetti gli studiosi si interrogano da oltre cent’anni, vengono prodotte dall’attrazione gravitazionale della Luna e del Sole che agita e scuote le acque degli oceani, le quali, a loro volta, aumentano e abbassano la tensione sulle faglie (la crosta terrestre) circa due volte al giorno. Elizabeth Cochran, una studiosa di questi fenomeni, sostiene che le maree più grandi hanno un ruolo significativo nell’innescare i terremoti. Questi si verificherebbero comunque, ma possono essere anticipati o ritardati dalle fluttuazioni dello stress dovuto alle maree. Da tempo si sospettava che le maree terrestri avessero un ruolo nel meccanismo dei terremoti, ma nessuno era ancora riuscito a dimostrarlo a livello globale. Erano state osservate chiare correlazioni soltanto in poche occasioni e in ambienti particolari, come appena al di sotto del fondale marino o in prossimità dei vulcani. L’analisi statistica dei dati sui terremoti e sulla tensione dovuta alle maree mostra una forte correlazione a livello globale. In poche parole tre quarti dei terremoti si verificano quando le dimensioni delle maree sono superiori ai due metri, in seguito allo stress che agisce sulle faglie. E già che parliamo di mare, si è scoperto che la poco famosa oscillazione dell’asse terrestre, scoperta dall’astronomo Seth Carlo Chandler nel 1891 (l’asse compie un cerchio di circa 6 metri di raggio ai poli in circa 433 giorni), sembra essere causata dalle variazioni di pressione che gli oceani esercitano sui fondali, pressione che varia con il variare della temperatura e salinità dell’acqua! Invece, un interessante fenomeno sismico è quello che si verifica in prossimità dei tornadi e delle trombe d’aria. Anche in questo caso, purtroppo, la cronaca ci riporta alla mente le distruzioni e morti provocate dai tornadi sulle coste orientali del continente americano. Il fenomeno di formazione delle trombe d’aria è molto simile a quello per cui vediamo formarsi un vortice nella vasca da bagno. Esse sono generate dai movimenti di vaste masse d’aria tra zone a differente pressione atmosferica e che tendono, a causa di particolari forze, a entrare in rotazione. Per anni i malcapitati che hanno avuto la sfortuna di trovarsi nei pressi di una tromba d’aria o, ancor peggio, di un tornado, hanno raccontato di aver sentito tremare il suolo. Infatti, a loro modo, anche le trombe d’aria generano dei piccoli terremoti, meglio sarebbe dire oscillazioni tra i 2 e i 269 hertz (l’hertz indica il numero di oscillazioni al secondo), che non sono però distruttive ma anzi, utili, perché se rilevate per tempo, con i sismografi, permettono la messa in allarme dei centri abitati prevedendo l’arrivo della tromba d’aria stessa. Un gruppo di ricercatori dichiara di essere in grado di seguire il percorso delle trombe d’aria, escluse quelle molto deboli, utilizzando normali sismografi. Si stanno sviluppando programmi in grado di distinguere automaticamente le vibrazioni prodotte dalle trombe d’aria o dai tornadi, in modo da poter lanciare l’allarme alle zone interessate il più tempestivamente possibile. Il problema è che, anche se i risultati sono promettenti, i sismografi ora disponibili non riescono a individuarne più lontane di una ventina di chilometri. Non sembra però impossibile costruire una rete di sismografi sufficientemente fitta da coprire almeno le zone più a rischio. È affascinante il fatto che la nostra Terra sia un sistema tanto in perfetta armonia, e noi uomini siamo appieno integrati in questo sistema, in cui eventi apparentemente autonomi possono misteriosamente influire su altri; ed è curioso quanto ancora si sappia poco dei fenomeni che abitano vicino a noi. Le missioni spaziali non ci illudano che ciò che abbiamo sotto i piedi sia perfettamente conosciuto; anche sulla Terra c’è ancora tanto mistero da scoprire. Terremoti, maremoti, trombe d’aria, giustamente temuti dall’uomo, sono pur sempre indicatori del fatto che il nostro pianeta è vivo: quasi ne esprimono il respiro, del quale noi pure viviamo. Se fosse un pianeta morto, come la Luna, sarebbe inospitale anche per l’uomo. L’oscillazione di Chandler Un interessante fenomeno che si pensava legato ai terremoti è la cosiddetta oscillazione di Chandler dal nome dell’astronomo che la scoprì nel 1891. Seth Carlo Chandler si accorse che l’asse di rotazione terrestre oscilla rispetto alla verticale, compiendo un cerchio di circa 6 metri di raggio ai poli, in circa 433 giorni. La stranezza della questione è che uno spostamento così piccolo non dovrebbe poter durare nel tempo, ma, è stato calcolato, in circa 68 anni dovrebbe pian piano ammortizzarsi e scomparire. Invece l’oscillazione di Chandler continua imperterrita a manifestarsi e, fino ad oggi, era fitto il mistero su che cosa la rinnovasse. Per spiegare tale fenomeno sono state avanzate numerose ipotesi tra cui quella che ne fossero responsabili i terremoti, un’ipotesi però che non regge il confronto con i dati reali. Il geofisico Richard S. Gross crede di aver trovato finalmente la spiegazione definitiva: la misteriosa oscillazione sembra essere causata dalle variazioni di pressione che gli oceani esercitano sul loro fondo, pressione che varia con il variare della temperatura e salinità dell’acqua. Confrontando gli effetti di queste variazioni di peso dell’acqua degli oceani con i dati sull’oscillazione di Chandler, ottenuti fra il 1985 e il 1995, Gross ha trovato che la variazione della pressione oceanica spiega bene circa i due terzi dell’intensità dell’oscillazione, mentre il rimanente terzo sarebbe da attribuirsi alle variazioni della pressione atmosferica. Una piccola influenza sull’oscillazione di Chandler è anche da attribuirsi alle correnti oceaniche e ai venti.

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