Il paese rovesciato

la mia amica Leonilde (ho delleamiche con dei nomi un po’ stra-ni!), un pomeriggio d’estate, stava facendo una passeggiata in montagna. Si trovava su per una salita faticosissima, di quelle che fanno arrivare in cima col fiatone, ma quel giorno, in cima, non arrivò mai perché la salita si trasformò improv-visamente sotto i suoi piedi in una disce-sa, per giunta scivolosissima. Leonilde incominciò a rotolare giù a gran velocità e quando si fermò (la sua caduta era stata frenata da un morbido cespuglio di or-tensie) si guardò attorno sbalordita: dov’ era capitata? Era arrivata in un paese dove tutto era rovesciato, un paese, appunto, dove le salite sono discese, le patate crescono in cima alle piante e le melesotto terra e dove si entra in casa pas-sando per le finestre. Leonilde gironzolò un po’ per le strade, poi si fermò davanti un negozio con l’insegna: Alimentari. Mangiare! Ecco di che cosa ho bisogno pensò – questa passeggiata mi ha fattovenire fame. Entrò e chiese un panino all’olio, con una fetta di mortadella profumata (già lo pregustava!). La commessa squadrò da capo a piedi e , con un sorrisetto, commentò:Lei non è di queste parti, vero? Sevuole posso farle un toast con due qua-derni e un cartoncino… magari rosa, prosciutto cotto!, concluse, divertita. Leonilde si stava divertendo un po’ meno e chiese, asciutta: Si può sapere dove si comperano i pa-nini in questo paese?.Nella cartoleria qui di fronte. Mentre gustava il panino comperato in cartoleria (per altro ottimo), Leonilde pensava a quali potevano essere i pro e i contro per chi viveva in quello strambo paese.Ben presto, li scoprì: i bambini andava-no a scuola un giorno solo la settimana estavano a casa gli altri sei. Tutti erano ghiottissimi di minestrone con i cavoli(che fanno bene) e di frittata coi porri perché avevano un gusto dolcissimo. A Natale, le vetrine erano piene di uova di cioccolato e ad agosto tutti andavano in giro battendo i denti, infagottati in sciarpe e berrettoni di lana. Insomma, era un paese un po’ strano, ma bastava abituarsi e stare un po’ attenti, per esempio, a non prendere in mano un cubetto di ghiaccio, perché ci si sarebbe scottati! A volte, potevano verificarsi degli equivoci, parlando con gli abitanti di quel paese , perché alcuni si divertivano a rovesciare anche le parole. Un giorno, un giovanotto volle fare una dichiarazio- ne d’amore a una ragazza di un paese vicino ed esordì dicendo: Roma, Roma!. La ragazza si offese, pensando che il giovanotto amasse una squadra di calcio più di lei e lo piantò su due piedi. (Voi invece avete ben capito che il giovanotto intendeva dirle:Amor!). Volete sapere un’altra cosa del Paese Rovesciato? Ascoltate questa: nelle aiole dei giardini di tutto il paese, c’erano steli di fiori alle cui sommità spuntavano radici piene di terra.Alcuni solerti giardinieri, pagati dal comune, facevano il giro delle aiole tutte le mattine e quando scovavano un fiore che aveva aperto la sua bella corolla, lo strappavano dal terreno e lo ripiantavano, a testa in giù. Leonilde incominciò a sentirsi inquieta. Sta’ a vedere – si diceva – che prima o poi troveranno il modo di rovesciare anche me!. Ma quel giorno, per fortuna, nessuno aveva tempo di badare a lei e il perché lo scoprì poco dopo. Quando giunse sulla piazza del paese (dove il cavallo del monumento sta in groppa al cavaliere) notò un capannello di persone che parlavano animatamente tra loro, raccolte attorno a un grande cubo bianco, dalle facce perfettamente lisce, su ognuna delle quali era stampato, a grandi lettere, il nome ANNA. Un signore le spiegò che il cubo sembrava essere piovuto dal cielo. Probabilmente era l’astronave di qualche extraterrestre. Il sindaco girò tre volte attorno al cubo, poi sentenziò: Non può stare qui!. Razzisti! – pensò Leonilde – scacciano gli extraterrestri, senza neanche fare lo sforzo di conoscerli!. Ma si era sbagliata. Per fortuna, quattro uomini robusti avevano compreso le parole del sindaco meglio di lei. Si avvicinarono al grande cubo e, con qualche sforzo, riuscirono a capovolgerlo. Adesso tutti parevano soddisfatti: una volta rovesciato, il cubo aveva diritto di cittadinanza nel loro paese. Il sindaco però scosse la testa: infatti, anche rovesciato, il nome ANNA restava ANNA! Il sindaco propose di rimandare la soluzione del problema al giorno dopo perché si era fatto tardi. Leonilde decise di fermarsi in un piccolo albergo, quella notte, perché non voleva perdersi il seguito della faccenda. Non dormì comodamente, poveretta, perché il lenzuolo stava al posto del materasso e il materasso al posto del lenzuolo. Avresti potuto rimetterli a posto! dissi io quando mi raccontò questa storia. Brava! – commentò lei -. Ti assicuro che ci ho provato: mettevo il materasso sulla rete, stendevo il lenzuolo, rimboccavo le coperte, mi sdraiavo… e oplà! Il materasso mi saltava addosso. Ma lasciamo perdere le disavventure di Leonilde e torniamo al cubo che, comunque lo si rigirasse restava sempre uguale. Forse non era neppure un’astronave perché non aveva aperture: era un cubo sigillato e basta. Passò una settimana durante la quale le varie commissioni incaricate di risolvere il problema non giunsero a capo di nulla. Il sindaco intanto sudava freddo (anzi no, caldo!) e temeva di rimetterci il posto, quando la soluzione arrivò. Un bambino, passando davanti al grande cubo disse: Però è bello anche così!. Già, chi lo aveva detto che tutto dovesse essere migliore rovesciato? Quel giorno, un’apposita commissione riunita in municipio stilò una lista ufficiale delle cose che, da quel momento in poi, non si sarebbero più potute rovesciare. Oltre al cubo misterioso c’erano: * La bontà * I fiori * La verità * I cannoncini alla crema * Il buonumore * Il colore della neve … E i materassi!, aggiunse Leonilde. E andò finalmente a farsi una bella dormita.

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