Il mondo in attesa della Russia

C’erano grandi aspettative da parte della comunità internazionale nei confronti della Russia, per l’occasione della Conferenza mondiale sui cambiamenti di clima (Wccc), tenuta a Mosca all’inizio d’ottobre. Sarebbe stata l’occasione buona per annunciare la sua disponibilità a ratificare il Protocollo di Kyoto. Eppure la posizione del Cremlino ha dato ragione ai meno ottimisti. Già nel suo discorso d’apertura, Vladimir Putin ha chiarito che il suo governo non ha fretta: “Sta studiando in dettaglio questa questione”; e che “la decisione finale sarà presa solo quando questo lavoro sarà completato e d’accordo con gli interessi nazionali della Federazione russa”. Niente tempi e niente certezze. La Wccc è stata addirittura utilizzata per presentare una serie d’argomenti che giustificherebbero le esitazioni russe. Il Protocollo di Kyoto è stato firmato nel 1997, con lo scopo di evitare il continuo aumento delle emissioni di gas che provocano l’effetto serra. Il principale responsabile per il riscaldamento globale del pianeta sembra essere l’anidride carbonica che viene prodotta soprattutto dall’uso di combustibili fossili (carbone, petrolio, ecc.). Le molecole di anidride carbonica nell’atmosfera impediscono alla radiazione infrarossa (calda) riflettuta dalla superficie terrestre di disperdersi negli strati superiori dell’atmosfera, come fa il tetto di vetro di una serra. A dire la verità, il Protocollo di Kyoto non è molto ambizioso, in quanto dovrebbe permettere di ridurre queste emissioni solo del 5 per cento. Ma, per essere messo in atto, deve essere ratificato dai parlamenti di almeno 55 paesi, e corrispondere ad una fetta di emissioni non inferiore al 55 per cento (con riferimento ai valori del 1990). Attualmente hanno ratificato Kyoto ben 119 paesi, compresi quelli dell’Unione europea ed il Giappone, ma non ci siamo quanto al 55 per cento delle emissioni. Il guaio è che l’amministrazione Bush ha trovato i costi della riduzione dell’inquinamento troppo elevati, e gli Stati Uniti, che da soli sono responsabili per il 25 per cento dell’anidride carbonica lanciata nell’atmosfera, hanno rinunciato all’accordo di Kyoto, seguiti in ciò dall’Australia. Per sorpassare il limite del 55 per cento, e poter fare entrare in vigore il Protocollo, rimane un’unica possibilità: che la Russia ratifichi il documento. I pro… Fino a poco tempo fa, la ratifica russa sembrava garantita. La Russia, infatti, non pareva avesse niente da perdere, al contrario di altri partner come l’Unione europea ed il Giappone, che devono ridurre significativamente i livelli delle emissioni di anidride carbonica. A causa del calo industriale avvenuto dopo il crollo dell’Urss, la Russia emette attualmente il 32 per cento in meno di anidride carbonica, di quanta ne emetteva nel 1990. Quindi potrebbe “vendere” le quote disponibili ai paesi che ne hanno bisogno. Oltre a questo potrebbe beneficiare della possibilità di portare a termine progetti internazionali per rinnovare molti impianti invecchiati. Ma il Protocollo prevede che i paesi che lo hanno firmato stiano entro i parametri stabiliti tra il 2008 ed il 2012. Dunque il tempo per portare avanti questi progetti misti incomincia ad essere poco. …e i contro Eppure c’è chi ritiene che non ci sia motivo per aver fretta. Secondo il professor Israel, non si può ancora prevedere come le conseguenze dell’attività umana possano incidere sul clima, e l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto non porterà a cambiamenti significativi. “Attualmente la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è di 368 ppm (parti per milione), entro dieci anni aumenterà a 20 ppm se non si farà niente. Se il Protocollo di Kyoto venisse rispettato da tutti i paesi che lo hanno firmato questo aumento sarebbe di 18 ppm, ma con l’uscita dei Stati Uniti, rimarremo vicino ai 19 ppm”, argomenta lo scienziato, il quale ritiene che per un risultato così magro non valga la pena di assumere sacrifici economici e soprattutto non si giustifichi la “fretta” che l’Unione europea sta dimostrando. L’argomento del consigliere del presidente Putin, Andrey Illarionov, è che nessun paese può avere una crescita economica rapida, con una politica d’austerità nel campo energetico, e la Russia vuole raddoppiare il suo prodotto interno lordo nei prossimi 10 o 12 anni. Facendo estrapolazioni verso il 2050, Illarionov afferma che assumere Kyoto può far sì che l’economia del suo paese rimanga atrofizzata in confronto a quella americana o cinese, libere di accedere a compromessi. Fare il primo passo La maggior parte degli scienziati non sembra però avere molti dubbi sul fatto che bisogna fare qualcosa, e senza aspettare troppo. È un dato oggettivo che la temperatura media della Terra si è alzata di 0,6 gradi Celsius negli ultimi 100 anni, il che sembra una differenza piccola, ma gli specialisti affermano che il fatto è senza precedenti. Secondo Bert Bolin che ha presieduto alla Convenzione internazionale sui cambiamenti di clima, l’organo di consulta dell’Onu in questa materia, “i sei precedenti periodi di riscaldamento (dovuti a cause naturali) non sono mai andati oltre gli 0,3 gradi e non si sono estesi per più di mezzo secolo”. Bolin considera che quello che è avvenuto nell’ambito del clima nella seconda metà del secolo XX si può spiegare solo “se si introducono (nei modelli) anche gli effetti delle emissioni di gas che provocano l’effetto serra, risultanti dall’attività umana”. Nell’opinione dell’olandese Joke Waller-Hunter, segretario della Convenzione per i cambiamenti di clima, “Kyoto è solo un primo passo, e sicuramente non sufficiente per risolvere il problema del riscaldamento del pianeta, ma è la prima volta che un accordo internazionale sull’ambiente include anche i meccanismi economici per attuarlo”. Non tutti gli osservatori sono convinti della sincerità degli argomenti presentati da Mosca per giustificare questo time-out. Potrebbe essere un modo di fare capire che le autorità russe si aspettano “più comprensione ” da parte dell’Unione europea in altre aree. Illarionov ha fatto notare che nelle trattative per l’ammissione della Russia all’Organizzazione mondiale di commercio, l’Ue ha un atteggiamento molto diverso e “non ha fretta”. Purtroppo l’Ambiente può diventare anche moneta di scambio. FRANCO PRODI: In materia di clima è difficile avere certezze Che sia difficile prevedere l’evoluzione del clima lo sappiamo tutti, dagli “scherzi” che ogni tanto ci combinano le previsioni dei servizi meteorologici. Calcolare poi come sarà il clima tra 50 o 100 anni presenta ancora molte difficoltà. “Non siamo nella condizione di poter fare delle previsioni climatiche con sicurezza”, ci ha spiegato il professor Franco Prodi, in un intervallo dei lavori della Wccc a Mosca. Gli aspetti difficili da introdurre nei modelli matematici sono “gli effetti forzanti del clima”, spiega Prodi precisando che tra questi c’è da considerare “il ruolo delle nubi nel dettaglio, il ruolo degli aerosol, l’interfaccia oceano atmosfera, e vegetazione atmosfera, i rapporti tra idrosfera e criosfera, i ghiacci polari ecc.”. Ma tra gli aspetti ben conosciuti, Prodi sottolinea “la variazione della composizione dell’atmosfera”. “La variazione di anidride carbonica è misurata con molta precisione, e se aumenta vuol dire che la vegetazione e gli oceani non sono più sufficienti ad assorbirla”, afferma lo scienziato mettendo in rilievo che “questa è la base di Kyoto, la sicurezza che l’anidride carbonica aumenta”. Ne risulta un effetto sicuro di riscaldamento. Che quest’aumento nell’atmosfera sia dovuto all’attività umana, Prodi sembra non aver dubbi: “Basta fare i conti di quanti combustibili fossili vengono consumati, dal consumo mondiale di energia, il ciclo del carbone, e… che sia un effetto antropogenico è sicuro”. FILIPPO GIORGI: L’onda di calore è prevista nei modelli I fenomeni a cui abbiamo assistito nell’estate scorsa non si possono collegare direttamente ad un effetto di riscaldamento globale del pianeta. Eppure, se l’effetto serra cresce, rischiamo d’avere più spesso “anomalie” di questo genere. “I modelli ci dicono che un aumento di fenomeni di questo tipo dovrebbe continuare “, ci spiega Filippo Giorgi, direttore della sezione di Fisica del clima del Centro di Fisica teorica di Trieste. “Incredibilmente quest’onda di calore è stata un “esempio” di quello che dicono i modelli per l’area mediterranea: delle estati più secche, molto calde, e quando piove, è con grande intensità”. Quanto al fatto che il Protocollo di Kyoto possa essere la risposta adeguata, Giorgi è meno sicuro. “Una cosa un po’ sorprendente è che il Protocollo arriva al 2010, mentre non c’è nessun piano per quello che si sarà dopo”. Per Filippo Giorgi il problema politico è “decidere fino a quanto siamo disposti a ridurre. Se non si fa niente c’è il rischio di andare incontro ad effetti veramente grossi”.

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons