I Bronzi di Riace arrivano in realtà dalla Sicilia? È un’ipotesi al vaglio degli esperti. Ritrovate il 16 agosto 1972 nel mare antistante l’abitato di Riace marina, le due statue gigantesche statue, di fattura ellenistica, sono oggi custodite nel Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria.
I due capolavori scultorei, tra i più significativi dell’arte greca, risalgono al quinto secolo avanti Cristo. La loro origine è sempre stata misteriosa: il ritrovamento nei fondali del mare calabrese farebbe pensare che le due statue siano affondate durante il trasporto in mare, magari verso Roma, provenienti da Argo.
La loro origine è però sempre stata avvolta da un alone di incertezza e di mistero. E ora si affaccia, prepotentemente, la tesi della provenienza siracusana dei due colossi. Siracusa era, intorno al 460 – 430 avanti Cristo, data probabile di datazione delle due statue, l’unica città capace di produrre manufatti simili. Manufatti che potrebbero provenire dall’antica città greca di Argo, per essere poi assemblati a Siracusa.
Dopo il lungo assedio delle legioni romane guidate dal console Marco Claudio Marcello e dopo la conquista del 212 a.C., Siracusa cessò la sua vita di città autonoma e iniziò l’epoca del dominio romano. Una delle ipotesi vorrebbe che dopo la conquista le due statue quindi siano state prelevate e trasportate verso Roma. Un naufragio ne avrebbe provocato l’affondamento.
Uno speciale Tg1 del 4 maggio scorso ha fatto affacciare nuove ipotesi. I Bronzi sono composti di 14 sezioni anatomiche, e per saldarle furono utilizzate terre di fusione che – recenti studi lo hanno dimostrato – sono perfettamente compatibili con quelle delle cave d’argilla di Siracusa. Secondo altre ipotesi, non si potrebbe escludere che anche le parti della scultura bronzea siano state realizzate a Siracusa, città fiorente in epoca ellenistica, considerata una delle “poleis” dell’Antica Grecia. Una grande archeologa americana, Anne Marguerite McCann, aveva ipotizzato che i due bronzi potessero avere i volti di Gelone, tiranno di Gela e di Siracusa e del fratello Ierone. I due Dinomenidi (cioè discendenti di Dinomene) ebbero un ruolo importante nella Gela del quinto secolo avanti Cristo e poi a Siracusa. Qualcuno ipotizza che le statue potessero essere tre e che possa esserci stato anche un terzo fratello.
Ancora avvolta dal mistero è poi la circostanza che i due bronzi, al momento del ritrovamento, fossero privi di contesto e di corredo. Non c’era una nave, non c’erano altri elementi attorno a loro. Strano che siano stati trovati ad appena 300 metri dalla costa, a 8 metri di profondità, con la presenza di numerose concrezioni marine, che paleserebbero la presenza di vasellami e altri oggetti. Oggetti di cui però non c’era traccia nei fondali marini al largo delle coste calabresi. Il mistero fitto da più di cinquant’anni aveva fatto sorgere il sospetto che quei bronzi non fossero affondati nelle acque della Calabria 2.200 anni fa.
Ne era convinto il grande archeologo americano Robert Ross Holloway, che operò a lungo in Sicilia. Egli aveva scritto: «La scoperta degli Eroi di Riace non fu la scoperta di un carico antico, bensì del nascondiglio di un’operazione clandestina». Oggi anche la figlia Ann ricorda questa forte convinzione del padre.
L’ipotesi viene rilanciata anche oggi. Gli eroi di Riace, il giovane e l’anziano, potrebbero essere stati ritrovati nella zona di Siracusa, forse nell’area di Brucoli o di Augusta, dai cosiddetti “tombaroli”. Le archeomafie che operano in Sicilia fin dal dopoguerra avrebbero cercato di trasportarli verso altri lidi e li avrebbero perduti nella zona di Riace. Ma anche in questo caso resta la domanda: se fosse vero, dove sarebbe finita l’imbarcazione che li trasportava? Forse le due statue sarebbero state deliberatamente affondate, in una zona facilmente raggiungibile, in attesa di recuperarle.
Lo speciale del Tg1 ha riproposto immagini di immersioni nelle acque di Brucoli del 1971 (un anno prima del ritrovamento dei Bronzi a Riace marina), ha riportato testimonianze dei fratelli Marco e Mimmo Bertoni, figli di un ristoratore della zona di Brucoli degli anni 70, che ricordano di un misterioso sbarco, di cui il padre venne forse informato, tant’è che avrebbe allontanato dalla zona sia i figli sia il personale del ristorante. Si parla di sette elementi bronzei, cinque statue e due leoni. La ricostruzione storica, dunque, potrebbe essere diversa. Le due statue sarebbero state ritrovate al largo di Siracusa e gestiti dalle archeomafie. Due tra questi vennero lasciati per qualche mese a Riace (in fondali marini che li avrebbero preservati) e sarebbero stati scoperti un anno dopo. E, al momento del ritrovamento in Calabria, potrebbero essere spariti, secondo altre testimonianze, l’elmo del bronzo B e i due scudi.
L’ipotesi siciliana è sostenuta da Anselmo Madeddu, presidente dell’Ordine dei medici di Siracusa e studioso dei Bronzi di Riace, e rilanciata anche dall’archeologo Luigi Malnati sulla rivista Archeo. La presenza dei bronzi a Riace, dunque, non sarebbe figlia del ritrovamento dei resti di un antico naufragio, bensì di un nascondiglio da cui i “tombaroli del mare” riuscirono a prelevare e portar via solo alcuni elementi, mentre le due statue sarebbero state ritrovate casualmente prima che potessero essere prelevate.
Madeddu ha raccolto la testimonianza di alcuni pescatori di Brucoli sulla presenza di strani personaggi che operavano in mare. Per ultimo, il Tg1 ha mostrato una foto. Si scorge una statua sorretta da due sub, con i volti coperti. È molto simile ai bronzi, ma non si tratta né di A, né di B. Sullo sfondo si intravvede l’Etna e persino una nave che per quattro anni rimase in rada ad Augusta. La foto è autentica o si tratta di un fotomontaggio? Quale ruolo ebbero in quel periodo i mercanti che operavano nella zona del Mediterraneo, attivi fino al 2000? Da qualche parte del mondo ci sono forse delle statue che potrebbero riemergere?
Sullo sfondo c’è il vasto mercato internazionale dell’archeologia, che anche in altre occasioni ha viaggiato sull’asse che conduce alla Svizzera e poi agli Stati Uniti, com’è accaduto nel caso della Dea di Morgantina. Misteri difficili da ricostruire dopo decenni, ma che oggi sempre di più sembrano portare nuovi elementi per tentare di ricostruire la storia vera e svelare pezzi di un mistero ancora tutto da dipanare.