Il giubileo di CL

Quattro gradini saliti e tutto incominciò. Agli inizi di ottobre del 1954 l’ingresso di don Luigi Giussani al liceo classico Berchet di Milano segnò l’irrompere di una presenza che avrebbe sconvolto l’ordine costituito e dato vita a un’avventura ecclesiale. Vengo a dare ai ragazzi quello che ho ricevuto. L’unica ragione della vita è che tutti conoscano Gesù, mormorò tra sé, oltrepassando l’austero portone d’ingresso. Ma perché imbarcarsi in un’operazione del genere? Lui aveva già un futuro rassicurante. Nato a Desio, dintorni di Milano, nel 1922 ed entrato ancora ragazzo in seminario, Giussani, pur giovane, era già uno stimato e dotto docente di teologia dogmatica al seminario di Venegono. Nulla faceva pensare ad un repentino cambiamento. Accadde, invece, qualcosa. Qualcosa d’ordinario, ma che, com’è tipico nella vita dei fondatori, avrebbe segnato l’intera esistenza sua e non solo sua. Tutto cominciò con un piccolo episodio – è solito ricordare don Giussani -. Recandomi sul litorale adriatico per un periodo di vacanza, durante il viaggio in treno parlai con alcuni studenti trovandoli paurosamente ignoranti della chiesa. Ne dedusse subito una prospettiva: Pen- loro disgusto e la loro indifferenza per la chiesa, di dedicarmi alla ricostruzione di una presenza cristiana nell’ambiente studentesco . Rientrato in seminario, ottenne dai superiori di lasciare l’insegnamento a Venegono e di andare a Milano, dove ricevette l’incarico di docente di religione al Berchet. L’impatto non lasciò adito a dubbi. Fermavo i pochissimi studenti con il distintivo dell’Azione Cattolica o degli Scout e chiedevo loro: Ma voi credete davvero in Cristo?. Non ricordo che uno solo mi abbia risposto sì con la spontaneità caratteristica di chi ha dentro di sé una vera radice di fede. Li incalzava con una successiva domanda: Secondo te, il cristianesimo e la chiesa sono presenti nella scuola, hanno un’incidenza nella scuola?. Riferisce Giussani: La risposta era quasi sempre stupore o sorriso. Il suo commento, quasi con un pizzico di ironia: Questo avveniva quando, secondo l’opinione comune, la chiesa era ancora una presenza salda nella società italiana; e infatti lo era, ma solo come esito di un passato non ancora sconvolto da un attacco che si stava preparando in quelle fucine di uomini nuovi, di società nuova, che sono la scuola e l’università. L’ho visto entrare in classe quasi di corsa, con l’ampia veste svolazzante, con il passo di un uomo deciso, spinto dall’impeto di annunciare. Giuseppe Zola, avvocato milanese, in quell’inizio di ottobre di 50 anni fa, era al Berchet in prima liceo, quando arrivò tra i banchi quel nuovo insegnante. Attendemmo quella prima lezione di religione con la consueta volontà di fare altro. Invece fu impossibile. Sin dal momento dell’appello, catturò la nostra attenzione. Aveva un metodo scolastico rigoroso: dettava i titoli degli argomenti che avrebbe spiegato, poi parlava e infine invitava al dialogo. Subito dopo la spiegazione si alzò Claudio Pavesi a mettere in chiaro che era inutile la sua presenza, perché tra fede e ragione non ci sono collegamenti. Nacque subito un’accesa discussione sul concetto di ragione. Al termine della lezione, gli studenti si interrogarono. Dominava una mentalità anticristiana decisamente polemica, ma non era il caso di prendere sotto gamba quel prete. Non potevamo sottrarci alle sue ragioni, perché cogliemmo subito che erano serie. Rievoca Zola, seduto nella luminosa sala di casa: L’uomo era molto all’attacco, deciso, appassionato, ma altrettanto attento a ciascuno di noi studenti, alle ragioni di ognuno, cui rispondeva con cura. Don Giussani voleva svegliare quelle intelligenze, e a chi credeva proponeva una fede visibile. Più volte ha raccontato: Avevo notato che durante l’intervallo si riuniva un gruppo di ragazzi che parlavano tra loro molto affiatati. Avevo chiesto chi fossero. Erano comunisti. La cosa mi aveva col- pito e mi domandavo: Come mai i cristiani non sono almeno altrettanto capaci di quell’unità che Cristo indica come la più immediata e visibile tra le caratteristiche di chi crede in lui?. Così un giorno, chiesi a quattro ragazzi che parlavano tra loro se fossero cristiani. Alla loro risposta affermativa li interpellai: E a scuola chi si accorge che lo siete? Nelle assemblee dell’associazione studentesca sono presenti e lottano solo i comunisti e i monarcofascisti; e i cristiani?. La settimana dopo, quei quattro si presentarono in assemblea e fecero un loro intervento cominciando con queste parole: Noi cattolici…. La visibilità di un’appartenenza ebbe così inizio. Un piccolo gruppo di ragazzi e ragazze iniziò a seguire don Gius, come presto incominciarono a chiamarlo. La presenza di cattolici organizzati fu dirompente nel panorama laicista di quel liceo della Milano bene. Un anno dopo fu convocata addirittura un’assemblea con il preciso intento di espellere dalla scuola l’esperienza di Gioventù Studentesca. Vano sforzo. Quella innovativa proposta aveva già contagiato altre scuole della città. Il futuro avvocato Zola osservava a distanza. Solo all’ultimo anno del classico, iniziò ad andare a qualche incontro settimanale, il cosiddetto raggio, tenuto da Giussani. Volle partecipare ad una gita, ma non c’era più posto. Perché vuoi venire? , gli chiese Giussani. Io non credo – puntualizzò lo studente -, però vedo che nessuno sta insieme come voi. La risposta colpì il sacerdote, che più volte citò l’episodio per indicare cosa significasse una presenza cristiana. Dopo la gita, fu invitato a proseguire il cammino. Ma non sono ancora convinto fino in fondo, fu la replica. Giussani suggerì: È facendo che si capisce e lo chiamò a far parte della segreteria di Gioventù Studentesca, il fulcro della nuova presenza. Da allora, è rimasto al fianco di Giussani, con compiti di diverso tipo e impegni personali anche politici (assessore al comune di Milano), insieme alla moglie Adriana Mascagni, attrice e cantautrice, conquistata da quel sacerdote nel 1956. Con lei, nacque in GS il primo coro. Giussani insegnava i canti. Aveva infatti una grande amore per la musica, ereditato dal padre, che ha poi riversato sui suoi studenti. La passione educativa e comunicativa di Giussani si è sempre avvalsa dell’apporto del bello. Perché il vero, a suo parere, si riconosce dalla bellezza in cui si manifesta. Dal Berchet al Manzoni, al Parini. Da Milano a Santa Margherita Ligure, a Rimini, a Catania. Il contagio in città tra studenti, prima, le vacanze e i trasferimenti poi, ampliarono ben presto la cerchia e gli orizzonti del gruppo iniziale di giessini. Prese così fisionomia propria un movimento che inizialmente viveva nell’ambito dell’Azione Cattolica ambrosiana e da cui aveva adottato il nome. All’inizio degli anni Sessanta, l’impeto dell’annuncio spinse alcuni ventenni a partire per il Brasile, inizio della diffusione internazionale. Ma non poteva mancare, come in ogni opera di Dio, il momento della prova. Nel 1966, l’arcivescovo di Milano, card. Colombo, chiese a Giussani di lasciare GS per dedicarsi agli studi teologici, tanto che trascorrerà un periodo negli Stati Uniti. La guida passò ad altri, e l’ispirazione religiosa iniziale cedette il passo a quella sociale e politica. La contestazione del 1968 produrrà conseguenze assai laceranti: gran parte del gruppo dirigente e dei membri confluirà nel movimento studentesco di matrice marxista. Una minoranza, invece, resterà fedele all’insegnamento del fondatore, e il centro culturale Charles Péguy costituirà l’ambito di maturazione della fisionomia del movimento, nuovamente guidato da Giussani a partire dal 1969: Comunione e Liberazione. Un nome, questo, attribuito da altri al gruppo, in seguito ad un volantino che aveva quei due termini per titolo in risposta ad un testo della sinistra, che legava invece la liberazione alla rivoluzione. Non solo non ho mai inteso fondare niente – ha scritto don Giussani al papa in gennaio in merito al 50° anniversario -, ma ritengo che il genio del movimento che ho visto nascere sia di avere sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo. Per questo, prosegue, non ci sentiamo portatori di una spiritualità particolare. Il cristianesimo, infatti – afferma Giussani, citando Giovanni Paolo II -, prima di essere un insieme di dottrine o una regola per la salvezza, è l’avvenimento di un incontro. In luglio, l’ottantaduenne leader, ormai con la salute malferma, ha chiamato ad affiancarlo un sacerdote spagnolo, 54 anni, Julián Carròn, per collaborare alla guida di CL. Una guida collegiale, ricca di un gruppo che annovera anche Giancarlo Cesana. Un segno non trascurabile in questo cinquantesimo. Come pure la significativa apertura all’Azione Cattolica, culminata con l’intervento al Meeting della presidente Paola Bignardi e come lo spirito di dialogo maturato con altri gruppi ecclesiali. Si fa ormai lontano il tempo in cui parte del mondo cattolico criticava CL, non senza qualche fondamento, per certe posizioni integriste. Mentre permane ancora, ma ormai bonariamente, il rimprovero per un linguaggio talora difficile. Immaginarsi, alle origini, i tanti sviluppi operati dal carisma di Giussani forse non era facile. Io ne ero sicura – replica pronta Adriana Mascagni -. Fin dal primo momento, l’esperienza che abbiamo incontrato e le cose che vivevamo avevano una dimensione universale e per ogni tempo. L’avvocato Zola ammette che non se lo sarebbe aspettato. Per me sono una sorpresa continua la crescita, la diffusione e le numerose vocazioni tra i giovani. E il bello è che 50 dopo è come allora. Con in più, adesso, una grande esperienza in atto di comunionalità, mai come ora espressa e consapevole. Probabilmente, il dono più gradito per don Giussani. EFFETTI DI UN CARISMA Il contributo di CL alla chiesa e alla società civile è segnato da tre parole: cultura, carità e missione. Il metodo educativo poggia su alcuni gesti: la preghiera comunitaria; la scuola di comunità, momento d’incontro e cammino di catechesi permanente; la caritativa, impegno costante di servizio a chi è nel bisogno; le vacanze, come tempo propizio d’incontro; la lettura, per una formazione continua; il canto (Giussani dirige una collana discografica Spirto gentil); e il fondo comune, il contributo economico personale per sostenere le iniziative. CL è guidata da un consiglio generale presieduto da don Giussani e composto dai responsabili dei vari ambiti (scuola, università, lavoratori, cultura, ed altri). Nella galassia di CL, la forma eminente di vita associata è la Fraternità di Comunione e Liberazione, nata negli anni Settanta per continuare l’esperienza ciellina da adulti. È composta da circa 50 mila persone. I Memores Domini, approvati nel 1988, sono invece laici che seguono i consigli evangelici in forma di promesse, la loro missione è nell’ambito professionale, fanno vita comune in gruppi da tre a dodici. Oggi sono circa duemila. La Fraternità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo nasce nel 1 ed è presente in varie parti del mondo. Un centinaio sono i sacerdoti e i seminaristi. La congregazione delle Suore di carità dell’Assunzione, sorta nel 1993, è composta da un centinaio di religiose. I Cattolici Popolari nascono nelle università nel 1975 e danno vita a cartelli unitari di cristiani nelle elezioni degli organi collegiali, appannaggio spesso della sinistra e della destra. Nello stesso anno prende avvio il Movimento Popolare. Numerosi, allora, gli episodi di aggressione a persone e a sedi. Il settimanale Il Sabato arriva in edicola nel 1978 e chiuderà nel 1993. Nel 1980, si tiene la prima edizione del Meeting di Rimini, divenuto un appuntamento culturale e artistico di assoluto rilievo. Nel 1986, per iniziativa di giovani laureati e adulti ciellini prende avvio la Compagnia delle Opere, che raduna oggi circa 30 mila aziende. Nel 1999, apre a Roma il Centro internazionale di CL per curare i collegamenti con le presenze del movimento nel mondo. Nel 2002 è sorta la Fondazione per la sussidiarietà, con l’obbiettivo di approfondire il dibattito sul primato della persona rispetto alla società e della società rispetto allo stato.

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