“Il condottiero alato”

Articolo

Ela pace? Verrà solo dopo un’immane battaglia. Un’immane battaglia, nella quale il male sarà sconfitto. Così sta scritto nei testi di tante tradizioni religiose. Così affermano ebrei e cristiani, seguaci dell’Islam o di Zarathustra. Così raccontano le incantevoli fiabe popolari, antiche come il mondo e cariche di saggezza: in esse la felicità viene raggiunta dopo prove difficili e scontri impegnativi con il male. Così narrano tanti racconti allegorici moderni, dalle Cronache di Narnia, al Signore degli Anelli. La pace, quella vera, duratura – a cui tutti aneliamo e che per fortuna molte volte possiamo sperimentare – è sempre messa a repentaglio dalla presenza del male. E in che cosa consiste la battaglia contro di esso? In un autentico combattimento che si svolge in cielo – se non in terra – fra agguerriti schieramenti opposti? In uno sforzo interiore, dell’anima, per strappare da se stessi i tentacoli del male? Nel far crescere il bene? In azione politica, sociale per sconfiggere il male nelle strutture malvagie che sempre sembrano ricostituirsi? In rimedi psicologici – dall’autosuggestione all’ironia – come antidoto al male, al suo morso velenoso? Difficile, difficilissimo, rispondere a questa domanda, che tenderà sempre a sfuggire nel mistero stesso della vita. Ma proprio in questa domanda possiamo trovare il motivo per cui il popolo cristiano ha tributato alti onori e ha riversato commosso affetto alla figura dell’Arcangelo Michele. Lui, il condottiero delle schiere celesti, colui che darà la stoccata finale al male, come afferma il biblico libro dell’Apocalisse: Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Nella ricca iconografia di Michele, l’epilogo di questa battaglia è spesso rappresentato da un giovane guerdi riero che, senza sforzo apparente, infilza con una spada un’orrida, diabolica creatura che giace contorcendosi ai suoi piedi. Il suo nome deriva dall’aramaico Mi-ka-El, che significa: Chi è come Dio?, Frase che risuona come il grido di battaglia del condottiero delle schiere celesti. Un grido che è una domanda retorica contenente già la risposta: Chi è come Dio? Proprio nessuno! San Michele è riconosciuto come arcangelo, lo stesso titolo attribuito a Gabriele e a Raffaele. La pietà popolare da secoli antichi insegna d’affidarsi alla sua protezione, particolarmente nel momento estremo: San Michele, difendici nel combattimento, affinché non periamo nel giorno del tremendo giudizio. Michele è molto amato nelle Chiese d’Oriente, dove il suo culto è d’origine antichissima. L’imperatore Costantino volle erigere nella nuova capitale, Costantinopoli, il primo santuario dedicato a Mi- chele, il Michaelion. Ma il culto si diffuse rapidamente: nel VI secolo le chiese dedicate a san Michele, a Costantinopoli, erano una decina; nel IX secolo erano ben trenta! Tutto l’Oriente era costellato da famosi santuari, meta di migliaia di pellegrini provenienti da ogni regione dell’ impero bizantino. Anche il fiume Nilo fu posto sotto la sua protezione. Nel medioevo il culto di Michele si diffuse nell’Occidente. A Roma la prima chiesa dedicata all’arcangelo risale al 494. Più o meno nello stesso periodo, in una grotta sul Gargano, a Monte Sant’Angelo, l’Arcangelo si manifestò in tre celeberrime apparizioni. E si dedicò da solo, il 29 settembre (oggi festa riconosciuta dell’Arcangelo) l’unica basilica al mondo non consacrata da mano umana: la suggestiva Celeste basilica, meta di pellegrinaggi, dal Medioevo ad oggi, di tanti fedeli comuni, ma anche di re, regine, papi e santi. Tra i quali ci fu pure san Francesco che, non sentendosi degno di entrare nella grotta, si fermò in preghiera all’ingresso, baciò la terra e incise su una pietra il segno di croce in forma di tau, simbolo di salvezza. Sempre dedicata a Michele è una grotta sul monte Tancia, già luogo di culto pagano, poi dedicato dai Longobardi al condottiero alato nel VII secolo. Infine, il mozzafiato santuario sull’isola di Mont-Saint-Michel, in Normandia: un luogo quasi d’incanto dove, secondo la tradizione, l’angelo apparve nel 708. In Italia, al culto del guerriero celeste è dedicata la stupenda Sacra di San Michele. Una costruzione medioevale collocata all’imboccatura della Val di Susa, che – per chi ama la simbologia numerica – è proprio a metà strada d’una direttrice che congiunge il santuario di Monte Sant’Angelo a quello di Mont Saint Michel. Anche nell’ebraismo Michele è particolarmente amato: il libro di Daniele lo presenta come il difensore del popolo ebraico il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo ; ed anche come il capo supremo dell’esercito celeste che difende i deboli e i perseguitati. La Cabalà, la mistica ebraica, si riferisce a lui sottolineandone la bellezza spirituale, che lo fa rifulgere tra gli angeli. Nei primi secoli del cristianesimo, specialmente in Oriente, san Michele era considerato il medico celeste che guarisce le infermità degli uomini. Veniva perciò a volte identificato con l’angelo della piscina di Siloe di cui narra il vangelo di Giovanni: V’è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina… Un angelo infatti in certi momenti discendeva nella piscina e agitava l’acqua, il primo ad entrarvi dopo l’agitazione dell’acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto. Oggi si tende spesso, in ambienti di varia connotazione New Age, a riscoprire il fascino del fruscio delle ali degli angeli e la loro voce melliflua: ma in una maniera un po’ troppo superficiale e romantica, che scivola nella suggestione e nell’emotività. D’altra parte, il diavolo, o è morbosamente evocato in ambienti autenticamente criminali, o è liquidato come rimasuglio di superstizioni medievali, dando credito all’affermazione dello scrittore Baudelaire: ai nostri giorni, la maggior astuzia del diavolo sta nel far credere di non esistere. Ma nella tradizione cristiana – e per certi versi nell’ebraismo, nell’Islam e in alcune altre religioni – angeli e diavoli sono partecipi della stessa natura, e sono divisi soltanto da una scelta morale. Come ci ricorda il grande filosofo di lingua tedesca, Romano Guardini: Dal contesto della Rivelazione desumiamo che prima della creazione del mondo visibile vi sia stata una creazione del mondo puramente spirituale, cioè degli angeli. Quelli che furono allora creati, non sono soltanto forze o rapporti, ma esseri, persone dotate di intelligenza, libertà e responsabilità. Così anche nella loro esistenza vi è una scelta morale. Gli angeli furono messi alla prova, riguardo alla santa sovranità di Dio, che potevano o no riconoscere. Questa è stata la prima scelta fra il bene e il male. Su questa scelta, che continuamente c’interroga, s’innesta la splendida figura di Michele, principe degli angeli. Egli ancora illumina d’eroico impeto e di cristallina bellezza la vita del popolo a cui è così caro; egli ancora dà vigore a chi rischia di trascinarsi stancamente tra i mille travagli del vivere, apparentemente insignificanti o senza senso.

I più letti della settimana

Osare di essere uno

Chiara D’Urbano nella APP di CN

Focolari: resoconto abusi 2023

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons