Grande scrittrice involontaria

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II Vangelo non è poesia, è ultrapoesia, cioè alta espressione umana di un’altissimi verità rivelata. Perciò nel tempo non ha potuto non ispirare anche grandi opere poetiche, dalla Commedia di Dante ai Quattro quartetti di Eliot, e grandi opere di spiritualità e di santità culturale, i cui esempi sono innumerevoli. Tra queste, è peculiarità cristiana la fioritura di grandi scrittori e scrittrici involontari, che cioè, per obbedienza o fortissima mozione interiore, e non per realizzarsi nella scrittura, hanno preso egregiamente la penna in mano. Per limitarci al genio femminile, come non pensare a Caterina da Siena, a Teresa d’Avila, a Teresa di Lisieux? E, oggi, a Chiara Lubich, che ha scritto pagine eccezionali neppure per obbedienza, ma per consentire la comunicazione al suo carisma evangelico che tutti siano uno. Viviamo in un’epoca spiritualmente addormentata, se non svenuta; ma le sue pagine sono capaci di far sobbalzare qualunque anima, appunto, non svenuta: con la loro semplicità (la semplicità è il più difficile) perforante e la loro colloquialità diretta, tanto caldamente familiare quanto esigente. Chi ha una minima sensibilità spirituale sente che Chiara parla dall’aldilà di Dio all’aldiqua degli uomini confusi, dispersi e desiderosi; che non racconta sé stessa ma sé stesso al lettore. La chiaroveggenza è uno degli indizi spirituali di verità più certi e luminosi. Vorrei fare solo tre esempi come assaggio invitante per il lettore digiuno: il primo è il celeberrimo Ho un solo sposo sulla terra (vedi alle pp. 72-73) che continua cosi: Gesù abbandonato: non ho altro Dio fuori di lui. In lui è tutto il Paradiso con la Trinità e tutta la terra con l’Umanità . Non mi soffermo sull’abisso del patrimonio teologico-mistico, ma sulla originalità dello specifico letterario: le due proposizioni enunciano e asseverano nientemeno che il nesso tra la creazione e la redenzione, racchiudendole come in una reciproca compenetrazione che è, dalla prospettiva soprannaturale, unità (il suo carisma, appunto).Non solo qui ogni parola è essenziale a questo scopo e infinitamente allargata, inclusiva, totalizzante, ma, le parole stesse sembrano bruciare in un fuoco che affina (rubo a Dante) ogni possibile perplessità o lentezza del lettore. Secondo esempio: Noi se non siamo, siamo. Se siamo, non siamo . Rivoluzionario, sconvolgente, eccessivo? Ma lo dice il Vangelo: Se qualcuno vuole essere mio discepolo rinneghi sé stesso. Solo che Chiara lo ridice con tutta la (involontaria) apertura espressiva alla sensibilità moderna del paradosso e della provocazione. Terzo esempio: Solo chi passa per il gelo del dolore, arriva all’incendio dell’amore. Si potrebbe dire: già pensato e scritto. Ma non così, perché qui l’aut-aut va in lucido inarrestabile contropiede in un’epoca che rovinosamente crede di salvarsi procurandosi il contrario: piacere, potere, avere, ecc. Chiara, a chi ne sopporta la semplicità divorante, sa porgere la vita eterna; beninteso, già ora eterna.

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