Giustizia in tenda a Bari

Udienze penali in alloggi di emergenza nel capoluogo pugliese. Protestano le toghe ma i primi a farne le spese sono i cittadini. Rinviati circa tremila processi
ANSA/ ANNAMARIA LOCONSOLE

In quasi trent’anni di professione forense mi è capitato di tutto. Ma quello a cui sto assistendo in questi giorni sa dell’incredibile.

E’ di questi giorni, fine maggio 2018, la notizia che l’immobile sede degli uffici giudiziari penali di Bari è inagibile. Una settimana fa una relazione tecnica commissionata dall’Inail, ente proprietario dell’immobile di via Nazariantz – sede della Procura e del Tribunale penale – ha riscontrato gravi criticità strutturali dell’immobile. Il Comune ha sospeso subito l’agibilità. In attesa di trovare una sede adeguata, sono state montate delle tensostrutture destinate alle udienze di rinvio.

Si sa che in un processo penale anche gli aspetti logistici sono importanti: il giudice è posto davanti alle parti (pubblico ministero e difensore dell’imputato) su un gradino più altro, mentre queste ultime sono collocate più basso, una alla destra (il pubblico ministero) e l’altra alla sinistra del giudice (difensore imputato).

L’utilizzo della toga, obbligatorio, conferisce, inoltre allo svolgimento del processo una sacralità unica.Per un processo così solenne il decoro del luogo, dell’aula non è di poco conto.

In questi anni di professione mi è capitato di esercitare l’attività difensiva penale nelle condizioni e negli ambienti più svariati: in aule freddissime (di inverno) e caldissime (di estate), piccolissime, da consentire solo l’ingresso dei difensori e delle parti di un solo processo per volta, ovvero grandissime, ma prive di microfono con evidente difficoltà a comprendere quanto veniva detto o dichiarato.

Ma l’esperienza della tenda mi mancava. Per questo l’altro giorno, quando anch’io ho fatto il mio primo ingresso nella tenda ove si svolgevano i processi della prima sezione penale, ho chiesto al mio collaboratore di immortalare l’evento, pensando che la foto che mi ritrae sarebbe diventata parte integrante del patrimonio da trasmettere ai miei figli, soprattutto a coloro che si vorranno avviare verso una professione giuridica. Il monito è ovvio: “aspettatevi di tutto”.

Lo scenario che si presenta agli occhi, non solo degli operatori giudiziari, ma anche dei comuni cittadini, appare visibilmente surreale: i nomi dei giudici scritti su fogli bianchi A4 ed attaccati alle aule (pardon: alle tende) interessate; agli operatori giudiziari (magistrati, avvocati e cancellieri) si è consigliato di usare, per motivi di sicurezza, scarpe comode (per le donne si sconsiglia l’uso di tacchi troppo alti); al posto dei banchi normali, si notano i banchetti delle aule scolastiche, tutti uguali e sistemati alla men peggio, allo stesso livello del pavimento (si fa per dire) in violazione delle regole sopra dette. La temperatura all’interno della tenda è da sauna.

Lo scenario richiama la situazione di emergenza a seguito di un evento sismico. La presenza delle tende piazzate dalla Protezione civile lo ricorda visivamente.

Ma, lasciato l’aspetto umoristico, rimane l’immane danno che tale situazione sta arrecando non solo agli operatori giudiziari, ma soprattutto ai cittadini. La cosa era nota oramai da quasi vent’anni, ma la politica ha sottovalutato gli effetti devastanti di una chiusura definitiva degli uffici giudiziari penali. Ora bisogna solo prendere atto e trovare davvero una soluzione immediata al problema delle udienze penali.

Dal Sindaco Antonio De Caro al vice presidente del Csm Giovanni Leghini la valutazione sulla drammaticità della situazione è unanime. È significativa la dichiarazione del procuratore Giuseppe Volpe: «Siamo come un ospedale con solo il pronto soccorso aperto e tutti i reparti chiusi».

Giovedì scorso è venuto a Bari anche il neo ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che è stato accolto dal sindaco di Bari e dai vertici degli uffici giudiziari e dell’avvocatura barese. I cancellieri di Procura e Tribunale penale hanno accompagnato il suo ingresso urlando: “Qui crolla”. La richiesta che è stata rivolta al ministro dal Consiglio superiore della magistratura, dall’Associazione nazionale magistrati, dal Consiglio nazionale forense e dal Comune di Bari è di proporre al Consiglio dei ministri la dichiarazione dello stato di emergenza, che consenta la nomina di un commissario straordinario che abbia poteri di requisizione di edifici compatibili con le funzioni giudiziarie e un budget a disposizione per l’immediata messa a norma e un veloce trasloco.

Ma il ministro ha spento le speranze di quanti credevano che il suo arrivo a Bari coincidesse con l’annuncio dell’avvio dell’emergenza. Il guardasigilli ha parlato di una situazione grave e da risolvere con urgenza ma ha escluso che al momento possa essere nominato un commissario di Governo, “un soggetto che prenda in mano la situazione e faccia tutto lui”, “perché questo si fa quando il ministro non agisce mentre io sono qui e voglio metterci la faccia”.

«Devo dire che la situazione è veramente impossibile – ha detto il ministro rivolgendosi agli avvocati nella tendopoli – Il mondo del diritto e della Giustizia vi è grato per quello che state facendo e per la dedizione che state dimostrando. Vi ringrazio di essere qui e di continuare a lavorare nonostante la situazione. Adesso cercheremo di intervenire. Sono venuto qua per capire di persona e sudare», viste le temperature davvero elevate che ci sono nelle tende. «Vi chiedo di rimanere tutti compatti perché insieme, secondo me, ce la facciamo. Grazie a nome della Repubblica Italiana», ha concluso.

La strada della sospensione dei termini processuali e di prescrizione sembra, intanto, essere il più probabile dei provvedimenti immediati del ministro. Sia la Camera Penale di Bari che l’ANM di Bari hanno espresso la loro contrarietà a soluzioni provvisorie. Gli avvocati si dicono, inoltre, contrari alla sospensione dei termini processuali di prescrizione: <> ha detto il presidente dell’Ordine Giovanni Stefanì.

Intanto, sono stati rinviati circa tremila processi. Tremila cittadini e tremila domande di giustizia … che possono ancora attendere.

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