Il giro d’Italia a Richard Carapaz

La vittoria dell’outsider fa gioire l’Ecuador. Il 26 enne diventa il secondo ciclista sudamericano della storia a trionfare nella Corsa rosa. Le lacrime e l’emozione di un ragazzo che corona il sogno di una vita

L’arrivo nella splendida cornice dell’Arena di Verona in maglia rosa sarebbe un finale perfetto per qualsiasi ciclista: figurarsi per un ragazzo nato il 29 maggio del 1993 a El Carmelo, la città più settentrionale dell’Ecuador, al confine con la Colombia. Da lì le grandi corse a tappe europee possono sembrare quasi un miraggio, roba dell’altro mondo: da domenica scorsa non è più così. Richard Carapaz, per distacco il cittadino più illustre di El Carmelo, ha fatto urlare di gioia tutto il suo paese, permettendo all’Ecuador di entrare nella geografia ciclistica internazionale.

El Diablito (soprannome legato alla grande somiglianza con l’ex corridore Claudio Chiappucci, El Diablo), ha trionfato con merito nella 102° edizione della Corsa rosa, precedendo due tra i grandi favoriti: lo Squalo di Messina Vincenzo Nibali e lo sloveno Primoz Roglic, bravo a tenere il podio con un risicato margine di 8’’ sullo spagnolo Mikel Landa. Carapaz è stato bravissimo a mantenere calma e sangue freddo nell’ultima tappa a cronometro di 17 km: un percorso non impossibile che aveva come unica asperità la salita di 4,5 km delle Torricelle. Alla fine sono stati solo 50 i secondi persi da Nibali: il vantaggio di 1’ 05’’ sul siciliano ha dato il via alla festa.

Le lacrime di commozione del vincitore hanno fatto da contorno a una vera e propria festa nazionale: tutto l’Ecuador si è fermato ad assistere alle sue imprese, con uffici pubblici e negozi che sono stati chiusi per permettere a tutti di vivere in diretta l’avvicinamento al trionfo del nuovo eroe del piccolo stato sudamericano. «Non so che dire – ha affermato Carapaz a fine gara – è un’emozione unica, la più grande vittoria della mia vita. È stato un sogno, ma anche la ricompensa per tutti i sacrifici fatti. Ringrazio anche la squadra (la Movistar, ndr) per avermi permesso di vincere questo giro». Non può mancare la dedica al figlio di 5 anni: «È la mia ragione di esistere, quello che mi fa andare lontano».

Carapaz ha sorpreso tutti in questo Giro d’Italia, meritando la maglia rosa finale grazie alla grande regolarità mostrata e alla sua capacità di piazzare le stoccate decisive nei momenti topici della corsa. Lo strappo con cui il sudamericano ha vinto la quarta tappa Orbetello-Frascati è stato soltanto l’antipasto della vittoria di Courmayeur al 14° giorno di gare che, fra l’altro, gli ha permesso di indossare per la prima volta il simbolo del leader. Nella terza e ultima settimana, poi, l’ecuadoregno si è dimostrato anche un grande gestore, pur facilitato dalla logorante e alla fine inutile “marcatura a uomo” tra Nibali e Roglic.

Carapaz entra dunque di diritto tra i grandi del ciclismo, diventando il secondo sudamericano in assoluto a vincere il Giro dopo il colombiano Nairo Quintana, trionfatore sulle strade italiane nel 2014. Proprio la Colombia è la terra che certifica l’ascesa di Carapaz: dopo aver cominciato a correre all’età di 15 anni ed aver vinto a 20 il campionato Panamericano, infatti, il corridore si trasferisce nel paese confinante passando nel 2015 a una squadra di categoria Continental (la Strongman Campagnolo) e diventando così il primo atleta non colombiano a vincere la Vuelta de la Juventud de Colombia. È il successo che gli fa compiere un ulteriore salto di qualità, approdando nel 2016 ai baschi della Lizarte e, l’anno successivo, agli spagnoli della Movistar.

Il suo esordio al Giro d’Italia è invece datato 2018 ed è subito ottimo. Il quarto posto nella classifica finale, infatti, è impreziosito dalla vittoria dell’ottava tappa, da Praia a Mare a Montevergine di Mercogliano. Un antipasto di quello che è accaduto in queste settimane: il nuovo eroe nazionale ha ricevuto anche le felicitazioni ufficiali del presidente Lenin Moreno che, sul suo account ufficiale Twitter, ha esclamato come tutta la patria fosse orgogliosa di lui. La gioia più grande, ovviamente, è quella del padre Antonio, della madre Ana Luisa e delle due sorelle più grandi: una famiglia di umili origini che, per sostentarsi, lavorava nei campi. È stata quella la prima occupazione di Richard, prima di entrare a far parte dell’Olimpo del ciclismo mondiale: a soli 26 anni il futuro può ancora riservargli grandissime soddisfazioni.

 

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