Gioco d’azzardo, un fenomeno dilagante

Questo mercato cresce in modo esponenziale arrivando a raccogliere 100 miliardi di euro l’anno tra gioco legale e illegale. Un fenomeno in crescita che colpisce soprattutto le fasce più deboli. E che si delinea come una vera e propria patologia con costi sociali altissimi. È lo scenario drammatico che emerge nel libro Vite in gioco, oltre la slot economia a cura di Carlo Cefaloni (Città Nuova, 2014)
Vite in gioco

In pochi anni il mercato dell’azzardo è cresciuto in maniera esponenziale. La raccolta ha sfondato i 100 miliardi di euro l’anno secondo una contabilità che somma il gioco legale (quasi 90 miliardi tra Gratta e vinci, slot-machine, Totocalcio, lotterie, ecc.) a quello illegale.

All’inizio del millennio, nel 2001, il gioco legale era ancora attestato a 14 miliardi di euro. Dopo una decina di anni, l’Italia detiene il primato in Europa e il terzo posto nel mondo, con un numero pro capite di macchine da gioco di ultima generazione (le Vlt) triplo rispetto a quello degli Stati Uniti. La spesa media, contando solo i maggiorenni, è di oltre 1.700 euro l’anno.

Un esempio di successo studiato per essere imitato all’estero, come ripetono le associazioni che raggruppano le circa 5000 aziende del settore che danno occupazione a 120 mila addetti. Studi dell’Eurispes confermano un dato che è facile intuire: giocano il 47 % degli indigenti e il 56 % degli appartenenti al ceto medio-basso.

La prevalenza del fenomeno nelle fasce sociali più deboli è confermata dalle relazioni della Corte dei Conti.

Numeri impietosi in un Paese dove si prevedeva da tempo l’inevitabile scomparsa della classe media come effetto della divisione internazionale del lavoro voluta dal tipo di globalizzazione che ha finito per prevalere.

Cambiano gli scenari urbani.

Scompaiono i negozi d’alimentari sotto la pressione dei centri commerciali per cedere il posto a negozi di “compro oro” o sale per il gioco d’azzardo.

Bar che diventano piccole bische accanto alla vetrina della finanziaria che promette tassi di interesse vantaggiosi sui prestiti.

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Per descrivere la malattia, il Ministero della Salute cita alcuni studi che descrivono «una condizione molto seria che può arrivare a distruggere la vita». Questa «patologia da dipendenza a più rapida crescita tra i giovani e gli adulti» interessa, secondo le stime, «tra il 2 e il 4% della popolazione intera», cioè da 1 a 2 milioni di persone.

Se si considera che ognuna di queste persone ha attorno a sé un nucleo familiare, si possono percepire le dimensioni preoccupanti del problema di salute pubblica. La cura è molto complessa perché può richiedere «la psicoterapia, la terapia farmacologica e il ricorso a gruppi di auto-aiuto».

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Costo sociale vuol dire la tragedia di vite sospese e messe in gioco. Non sono soldi che escono dal bilancio di quello Stato che ha tagliato i fondi per le politiche sociali. Al contrario, si frantumano gli equilibri e si genera panico quando si mettono in pericolo gli otto miliardi di euro che entrano ogni anno nelle casse dello Stato dal prelievo sul gioco d’azzardo legalizzato.

Le società collegate ai grandi concessionari ci tengono a definirsi un’"industria produttiva, virtuosa, utile ai territori e alle cittadinanze", redigono bilanci sociali e fanno beneficienza. Si paragonano "alla serva bastonata mentre consente ancora un pasto caldo al padrone (lo Stato)" e quando vengono convocate per le audizioni tecniche in Parlamento ribadiscono di assecondare un sistema statale che raccoglie risorse in questo modo perché non può "raccontare agli italiani che la previdenza è al collasso, che la Pubblica amministrazione non può pagare le forniture, che i comuni dovranno erogare i servizi locali con risorse sempre più esigue".

Qualcosa non funziona in questo discorso.

Da Carlo Cefaloni (ed.) VITE IN GIOCO, oltre la slot economia (Città Nuova, 2014)

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