A Genova i senza fissa dimora sono schedati

Il comune, attraverso la polizia municipale, ha iniziato a schedare i mendicanti in città per «controllare che tra essi non via siano migranti richiedenti asilo poiché per loro l’accattonaggio è vietato per legge, anche perché potrebbero finire in giri di racket». Ma la parola "schedare" ha subito suscitato perplessità

La conferma l’ha data l’assessore alla Sicurezza Garassino: da alcune settimane il comune di Genova, attraverso la polizia municipale, ha iniziato a schedare i senza dimora e i mendicanti in città per «controllare che tra essi non via siano migranti richiedenti asilo poiché per loro l’accattonaggio è vietato per legge, anche perché potrebbero finire in giri di racket». Il comune ha scelto questa strada per verificare se le associazioni che hanno in carico i migranti, con i fondi messi a disposizione dallo Stato, stiano realmente portando avanti i programmi di integrazione.

Ma la parola “schedare” ha subito suscitato perplessità e revocato la schedatura avvenuta in tempi lontani con conseguenze molto tristi, anche se precisano dal Palazzo di città che «non si tratta di una vera e propria schedatura, ma di un’informativa su chi accattona – conferma l’assessore – in modo che i report vengano consegnati al Prefetto per verificare se tra i nominativi ci sono delle persone ospitate nei centri di accoglienza a Genova. Molti sono di origine africana, si suppone che molti siano richiedenti asilo, visto che a loro è vietato chiedere l’elemosina, vogliamo dare l’elenco a chi di dovere affinché faccia le dovute indagini», parola dell’assessore Garassino.

Genova

La giustificazione non convince però del tutto chi è impegnato giornalmente con “gli ultimi”, tanto che l’ordine degli Assistenti sociali della Liguria è intervenuto con una lettera aperta in cui scrive che questa è una misura punitiva e discriminante nei confronti di una serie di soggetti deboli ed emarginati. «Capiamo e condividiamo la necessità di garantire ai cittadini anche delle zone più difficili, come il centro storico o altre aree periferiche, la dovuta sicurezza così come segnalare agli organi competenti situazioni di organizzazioni che traggano vantaggi illeciti proprio speculando su tali soggetti», tuttavia ritiene che non si possano fare generalizzazioni e che la decisione di “schedare” questuanti, senza fissa dimora, e altri ancora non affronti il problema vero della povertà, del disagio sociale, dell’emarginazione che non si possono superare con strumenti che creano ulteriore emarginazione e che non si risolvono né si eludono con i divieti.

«L’ente locale – sottolineano ancora gli assistenti sociali – ha il dovere di affrontare questi temi nel pieno rispetto di tutte le persone, perché dispone di risorse di personale competente e capace di analizzare queste situazioni e con opportune risorse sviluppare progetti di inclusione che possono assicurare miglioramento delle condizioni di vita dei singoli e della comunità e quindi anche maggiore sicurezza per tutti». Nel 2016 la Liguria ha ospitato 5787 richiedenti asilo, pari al 3% degli immigrati accolti in Italia. Il dato è contenuto nel Dossier statistico immigrazione 2017. Circa la metà dei richiedenti asilo, 2.400, sono stati accolti in varie strutture di Genova. La maggioranza dei richiedenti asilo proviene da Nigeria, Mali, Gambia e Bangladesh. Solo 517 richiedenti sono ospitati in strutture Sprar gestite dai comuni, la maggioranza è in centri di accoglienza straordinaria approntati dalle prefetture. Questo ha portato all’inserimento di migranti in strutture anche collocate in piccoli comuni. Sono 138.324 i cittadini stranieri residenti in Liguria, di cui il 52,9% sono donne. Sul territorio Ligure, nel 2016, la popolazione straniera è aumenta del 1,5%, e la provincia di Genova, con 71.556 residenti è quella con un’incidenza maggiore.

Sulla schedatura non sono mancate reazioni forti anche da parte di tutte le associazioni di volontariato che si occupano dell’ accoglienza: dalla Comunità di Sant’Egidio alla Caritas, tutti disapprovano questa iniziativa perché dicono che l’operazione è mirata solo a un effetto mediatico e punisce la povertà. «La schedatura è una parola brutta, è un ritorno al passato, a momenti bui», dice monsignor Granara, rettore del Santuario della Guardia. «Se ci confrontiamo con i numeri, che ci ha fornito il dossier statistico immigrazione, e non con gli aspetti emotivi del fenomeno migratorio, ci si accorge che la discussione mediatica, politica e sociale non tiene assolutamente conto dei dati reali, che illustrano come gli immigrati non siano in aumento e non vi sia alcuna invasione». Ne è certo il vicepresidente del Consiglio regionale, Pippo Rossetti. «Certamente è sotto gli occhi di tutti che molte persone fanno accattonaggio, e oltre ai soliti “storici” se ne sono aggiunti altri più giovani. E vero che i genovesi “mugugnano”, ma è altrettanto vero che il comune ha impiegato in lavori socialmente utili questi stranieri. Li abbiamo visti pulire aiole e strade, dipingere inferriate di recinzione a scuole e asili. Tutti lavori che nessun genovese o italiano farebbe. Ma manco questo va bene, vengono derisi e a volte insultati».

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