Genova “osa” contro il Decreto Sicurezza

40 associazioni manifestano a sostegno dei clochard multati. 2 mila immigrati non avranno più un riferimento sociale certo e 800 di loro potrebbero diventare a tutti gli effetti “clandestini” in conseguenza del decreto.

Si è concluso poco prima delle venti di ieri sera, lunedì 7 gennaio, davanti alla sede del Municipio di Genova il corteo, composto da più di 2 mila persone, che era partito da Piazza De Ferrari, dove gli organizzatori della manifestazione hanno chiesto ai partecipanti di sedersi a terra a sostegno dei clochard multati in città, perché hanno detto si tratta di «una cosa indegna rispetto alla storia di Genova».

Oltre 40 associazioni, tra cui Anpi, Arci e Cgil, si erano date appuntamento alle 18 in piazza De Ferrari per protestare contro il Decreto Sicurezza. La manifestazione promossa da “Genova che osa” ha coinvolto anche Pd e Radicali, Libera, la Federazione genovese dei Giovani democratici, e molte associazioni antirazziste e pacifiste.

«Scendiamo in piazza per chiedere al governo di aprire i porti e accogliere chi ha bisogno», avevano scritto sulla pagina FB dell’evento. «Chi scappa dalla fame e dalla guerra va accolto», era uno dei tanti slogan lanciati dai manifestanti durante il corteo. Solo nella città di Genova sono circa 2 mila le persone che il Decreto Salvini lascia sospese per l’incertezza dei centri di accoglienza, le cui convenzioni sono scadute. Quasi 800 quelli che passeranno dalla prospettiva della protezione umanitaria (abolita con il decreto sicurezza) in condizione di clandestinità. O comunque senza la possibilità di accedere ai centri Sprar, quelli per l’accoglienza gestiti dai Comuni, che a Genova contano 211 posti.

La città reagisce sbigottita alle prospettive che si paventano davanti. Intanto un primo segnale vergognoso è quello dei clochard multati in questi giorni perché bivaccavano nei giardini dei quartieri. Il Centro Studi di Genova ha pubblicato un dettaglio dossier sui migranti nel mondo e, in particolare a Genova dove è scritto: «Spesso rappresentiamo la nostra città come immobile, eppure i dati dicono che solo 1 genovese su 3 è nato a Genova e ogni anno 12mila persone lasciano la città e sono sostituite da altrettante che vengono da fuori. In parte è una immigrazione interna, in parte da altre parti del mondo. Genova è una città in declino, in cui la crisi sociale si intreccia con quella demografica. Siamo a un bivio: o un nuovo futuro, di città aperta solidale e accogliente oppure una città per pochi destinata a essere un sobborgo di lusso di Milano».

Per questo, dicono gli organizzatori, alla follia disumana dei porti chiusi del Governo rispondiamo con Genova città aperta, città di mare, di scambi, di culture differenti che si incontrano, ma soprattutto di umanità.

Ha parlato anche il sindaco di Sestri Levante Valentina Ghio: «Riportare in clandestinità persone che avevano iniziato un percorso di integrazione non è sicurezza». Tanti giovani e tante famiglie. Sul volto di molti la preoccupazione per un futuro che s’annuncia poco tranquillo. «C’è tanta confusione che è peggio del pericolo stesso – mi dice un insegnante –. Le paure vanno ad attaccare i più deboli e gli anziani ora pare siano tutti contro queste persone straniere che per anni hanno percorso e convissuto nella nostra città. Ma se si è alimentano un clima di paura, di razzismo, di xenofobia, ora le conseguenze sono palesi».

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