Il decreto Genova è legge, ma la gente è delusa

Tre mesi dopo il crollo del ponte Morandi la cittadinanza chiede una svolta. Le aspre critiche di sacerdoti e sindacalisti.

Il decreto Genova è legge, ma i genovesi sono stanchi. A tre mesi dal crollo chiedono l’attuazione urgente di interventi e progetti per la rinascita della città.

«Il mio piano prevede che dal 15 dicembre potranno partire i lavori di demolizione. Noi abbiamo un progetto che prevede la partenza delle lettere d’invito, l’elaborazione dei dati e la scelta del progetto entro la fine di novembre. I lavori per la costruzione del nuovo viadotto partiranno non appena il ponte sarà dissequestrato». Parla Marco Bucci, commissario per la ricostruzione dopo il crollo del ponte Morandi nonché sindaco di Genova, che aggiunge: «Appena avremo scelto il progetto lo manderemo immediatamente al procuratore e al gip per includere le loro osservazioni nel progetto e partire. Siamo d’accordo con il procuratore che lavoreremo in questo modo».

A tre mesi dal crollo del viadotto Polcevera, il tempo brutto di ieri, 14 novembre, non ha fermato le tante persone accorse sul luogo della tragedia. Ci sono state commemorazioni, rintocchi di campane e 43 rose lasciate sotto il ponte. «Siamo qui per non dimenticare, con quasi tutti gli sfollati e le associazioni che sono tuttora presenti quotidianamente – ha detto Ennio Guerci, uno dei portavoce del Comitato degli sfollati, parlando al microfono -. A tre mesi dal crollo, la necessità degli sfollati è che il sindaco e commissario Marco Bucci possa iniziare a procedere con i lavori di demolizione prima e ricostruzione poi».

Ponte MorandiMa ieri s’è levata un’altra voce, quella della chiesa di Genova. Don Giacomo Martino, parroco e direttore dell’ufficio Migrantes, dalla sua bacheca Facebook ha scritto: «Ponte Morandi: ora in piazza. Ora! Manca la dignità di una risposta. Sono passati novanta giorni e nessuno sa dire qualcosa di concreto ai cittadini. Dovremmo andare in piazza De Ferrari e semplicemente stare seduti; dovremmo bloccare tutto, pacificamente. Non voglio entrare nella polemica politica; non voglio parlare di partiti né di soluzioni. Non è di mia competenza, spetta ad altri. Il mio compito – ha scritto il sacerdote – è sentire la comunità genovese: una popolazione che ha sofferto il dramma di 43 vittime e di tutto ciò che ha causato il crollo di quel ponte. Una comunità che merita delle risposte. Va bene anche una risposta negativa: che ci dicessero che se ne fregano e che ci lasciano soli. Ma che ci dicano qualcosa».

Un’altra voce che si unisce allo sdegno della città è quella del cappellano del lavoro Massimiliano Moretti che scrive: «90 giorni di inutili discussioni. 90 giorni persi in guerre di lurido potere. 90 giorni sono una vita per chi perde casa e lavoro. Sveglia! Sì al terzo valico, alla gronda, alla nuova diga, al raddoppiamento del nodo ferroviario, al super bacino delle riparazioni navali, al riempimento a mare di Fincantieri, per fare di Genova il motore trainante dell’economia nazionale. Crescere per generare ricchezza sana e per creare posti di lavoro per i nostri ragazzi. La decrescita felice è una “belinata” (bugia, ndr) pazzesca che forse va bene per chi possiede ville in collina, ha il portafogli pieno e non vuole essere disturbato dalla vitalità del lavoro che porta con sé vita ed energia».

Un invito a fare di più lo chiedono anche i rappresentanti confederali territoriali: Magni, segretario generale Cgil, Granara, segretario generale Cisl, e  Ghini, segretario generale Uil Genova e Liguria, che hanno inviato una richiesta d’incontro al Commissario per la ricostruzione per poter affrontare tutti i nodi della ricostruzione, non ultimo il tema della cassa in deroga, rispetto alla quale occorre il pieno coinvolgimento del sindacato per definire la perimetrazione delle aree di applicazione e le modalità di concessione, in modo da poter rispondere realmente ai bisogni del lavoro ed evitare distorsioni.

«Riteniamo indispensabile – scrivono i sindacalisti – avviare una discussione sulla Valpolcevera, che sta pagando un elevato prezzo non solo sugli aspetti ambientali e occupazionali, ma anche in termini di diritti sociali. Per questo motivo auspichiamo si apra un confronto con tutte le istituzioni locali, utile a creare e portare sul territorio soluzioni non solo temporanee, ma strutturali. Cgil, Cisl e Uil ritengono che Genova sia uno snodo importante e strategico per la nazione e per tutto il sistema Paese: per questo motivo si potrà e si dovrà certamente risollevare dalle difficoltà create dal crollo del ponte Morandi, ma per farlo avrà bisogno di certezze che ancora oggi fatichiamo a vedere. In caso di ulteriori lungaggini ingiustificate, che possano produrre l’aggravamento del quadro e l’isolamento della città, saremo pronti a chiedere conto a governo e istituzioni».

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