Genesi di una chiamata

Alla fermata dell’autobus un gruppo di giovanissimi mi ha quasi travolta: si scusano, un po’ noncuranti e continuano nei loro discorsi, in un gergo metà italiano e metà inglese, un inglese un po’ strapazzato a dire il vero. Ragazzi d’oggi. Il mezzo ritarda. Mentre li osservo, come in un flash back mi trovo a rivivere le circostanze di tanti anni fa, quando avevo anch’io la loro età. No, non ci riuscirò mai, ed ancora una volta chiudo il libro che racconta una delle tante esperienze che da un po’ di tempo mi affascinano, tormentandomi segretamente. Questa volta si tratta di sant’Agostino in persona, quando nelle sue Confessioni ripete quella famosa frase che poi avrebbe scombinato la sua vita: Se questi e quelli, perché non io?. Nel mio caso: Perché non io?. Chiaro: perché non sono il tipo. Ho 19 anni e amo fare passeggiate solitarie, scansando gli inevitabili amici della località di montagna nella quale sto trascorrendo le vacanze. Blue-jeans, un libro sotto il braccio e via, alla larga da tutti! Quando sono sicura che nessuno mi può scovare, mi siedo, mi immergo nella lettura della vita di qualcuno che ha lasciato tutto per Dio e il mio tormento ricomincia. Il mio cuore, anzi, tutto il mio essere, da un po’ di tempo è attirato da qualcosa che io stessa non saprei definire perché mai, fino ad oggi avevo pensato alla possibilità di una vita religiosa. L’ambiente nel quale sono vissuta non può certo aver influito su di me: sono nata e cresciuta in una famiglia di anticlericali. Terminato il liceo e in attesa di una specializzazione come tecnico pubblicitario, ho già ottenuto un ottimo posto di lavoro. Sono anche arrivata tra i primi in un concorso nazionale di cartellonistica. La carriera, insomma, promette bene: sempre in contatto col mondo del lavoro e con la possibilità di andare e venire dove mi piace, fuorché in chiesa, dove mi ci reco senza fare troppa” pubblicità. Non ho mai avuto direttori spirituali né amiche che condividano fino in fondo i miei ideali. Spesso penso, con rammarico, di essere nata in un’epoca sbagliata. Che il mio interesse per i valori religiosi sia nato su quelle bellissime illustrazioni ad acquaforte, in bianco e nero, del vangelo che mia nonna amava mostrarmi da piccolina, durante i tempi di guerra? Non so; ricordo solo che fin da allora rimanevo a bocca aperta nel sentirmi raccontare le parabole o i miracoli di Gesù e soffrivo di non poter condividere il mio entusiasmo con mamma e papà, gente onestissima e colma di grandi ideali, ma assai lontana dalla pratica religiosa. Tra i miei fratelli sono la maggiore e fungo pressappoco da piccolo capo avendo un carattere autoritario e volitivo, anche se nascosto da una certa dolcezza esteriore. Sto anche per fidanzarmi con un ragazzo col quale ho stabilito un rapporto di profonda comprensione oltre che di chiara impostazione cristiana. So sempre quello che voglio e per arrivarci non mollo mai, a costo della vita! Ma adesso” Adesso Dio incomincia a parlarmi in modo nuovo ed io ne sono terrorizzata ed affascinata. Mi dice che molte persone, lungo i secoli, si sono date a lui e per lui hanno lasciato casa, padre, madre, moglie, figli, campi” Ma non mi pare di averne la stoffa. Oggi il mio turbamento è arrivato al massimo. Ormai Dio ha messo il dito sulla piaga, e in ogni attimo di solitudine mi richiama ad un colloquio impegnativo che vorrei evitare. La sua domanda rimane senza risposta. Sta arrivando il tempo del fidanzamento ufficiale, e capisco che è ora di prendere una posizione netta. Voglio volare senza avere le ali: sarò pazza? E poi non devo forse tener conto delle circostanze che, nel mio caso, sono quelle più propizie per formare una futura famiglia? I giorni passano ed io non so decidermi. Poi, un incontro provvidenziale: in chiesa mi capita di parlare con un frate. Il discorso cade su Dio, e tutto si illumina. Mi invita a conoscere delle ragazze che, dice, mi sarebbero piaciute. Ci vado: sono ragazze semplici e moderne, vivono insieme in un appartamento arredato con senso estetico notevole, anche se i mobili sono pochissimi, addirittura insufficienti. Un focolare. La gioia che illumina i loro volti mi dice più delle parole con le quali mi spiegano la loro vita, il loro grande ideale evangelico e la semplicità con cui mi parlano di Gesù come del fratello maggiore di casa sempre presente: mi affascina. Incomincio a frequentarle e quando sono con loro il mio problema quasi sparisce. Capisco che per un cristiano l’importante è mettere veramente Dio al primo posto nella vita, indipendentemente dalla vocazione specifica di ciascuno. Mi metto a farlo con tutto l’ardore, credendo fermamente che la luce mi si sarebbe manifestata in proporzione all’amore che avrei avuto per i fratelli. Poco tempo dopo, ovviamente, vedo arrivare come un razzo il mio ragazzo che abita in un’altra città e ha intuito qualcosa. Preoccupato della piega che stanno prendendo gli avvenimenti, mi mette con le spalle al muro. Mi prendo un colpo: lì per lì non so che rispondere. Cerco così di temporeggiare. La compassione sta quasi per farmi capitolare, e decido così in cuor mio di rinunciare ai miei sogni assurdi. Dico al frate che mi aveva parlato di Dio che ho deciso di fidanzarmi, ma alla sua domanda: Sei contenta?, non rispondo e scappo via. Riesco a confessare a me stessa: No, non sono contenta. Ok, lascio tutto e mi do a lui completamente, e vediamo come lui se la caverà! Un salto nel buio che però mi apre al regno della pace, della gioia, della certezza. Concretizzo il mio atto interiore con un atto esterno: mi faccio tagliare cortissimi i capelli che ci tenevo a tenere lunghi ed accuratamente pettinati. Anche il mio ragazzo si rende conto che non sono più la stessa: è chiaro, ormai, che le nostre vie si sono distinte. Ci lasciamo, salutandoci da amici. Sono finalmente libera. Mi sento un po’ come quelle ragazze che ho conosciuto, e penso che forse presto mi unirò a loro. So quali lotte dovrò affrontare in famiglia e nel mio ambiente, ma non temo più nulla. Sono passati ormai tanti anni: la vita non ha lesinato le sue sofferenze e le sue prove. Come per tutti. Una cosa però non mi è mai mancata: la gioia e la certezza che si prova nel percorrere la propria strada. “Ormai Dio ha messo il dito sulla piaga, e in ogni attimo di solitudine mi richiama ad un colloquio impegnativo che vorrei evitare.”

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