Il Movimento dei Focolari Italia aderisce alla proposta di istituzione di un Ministero della Pace così come formulata dall’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23). La condivisione risale fin dall’inizio del percorso, che vede l’adesione progressiva di numerose realtà ed è stata riconfermata, con un messaggio di Cristiana Formosa e Gabriele Bardo, responsabili dei Focolari in Italia, nell’incontro pubblico promosso il 24 giugno a Roma assieme alla Fondazione Fratelli Tutti su iniziativa dell’Apg23, con le Acli e l’Azione Cattolica italiana.
La proposta di istituire un Ministero dedicato ad una politica strutturale di pace è sempre più necessaria nello sgomento di queste ore in cui sembra di non avere parole. Non ci sono più parole, infatti, davanti allo strazio dei conflitti in corso e alle carneficine decise sui tavoli del potere da “pianificatori dell’orrore”. Ma più buia è la notte, più forte deve essere la luce della ragione e dell’umano.
Sono i popoli stessi che soffrono violenza a domandare che si riporti al centro della storia ciò che è umano e che ci unisce, affinché si metta in atto una politica di cura della persona, dei popoli, del creato.
La speranza ritorna dall’incontro con i testimoni: un esempio per tutti, la Terra Santa, dove nonostante il conflitto abbia raggiunto livelli drammatici, ci sono ancora uomini e donne che scelgono la via del dialogo, dell’ascolto, dell’aiuto reciproco e non si arrendono all’odio e alla divisione. Le comunità del Movimento dei Focolari, composte da ebrei, musulmani e cristiani, anche nei momenti più difficili, come hanno potuto, non hanno smesso di sostenersi a vicenda e di costruire rapporti di solidarietà. La pace nasce nel cuore delle persone prima ancora che nei trattati politici. È lì che ritroviamo le parole, le più profonde: quelle che dicono che siamo una sola umanità, abitiamo un’unica casa comune, questa nostra Terra in cui siamo tutti ospiti.
Le parole le ha trovate papa Leone nel forte appello all’Angelus di domenica scorsa: «Oggi più che mai, l’umanità grida e invoca la pace. È un grido che chiede responsabilità e ragione, e non deve essere soffocato dal fragore delle armi e da parole retoriche che incitano al conflitto. Ogni membro della comunità internazionale ha una responsabilità morale: fermare la tragedia della guerra, prima che essa diventi una voragine irreparabile. Non esistono conflitti “lontani” quando la dignità umana è in gioco».
La proposta del Ministero della Pace, nel nostro Paese come in altre nazioni, risponde così alla sua forte esortazione alle Nazioni, perché traccino il loro futuro con opere di pace, non con la violenza e i conflitti sanguinosi!
Si può ritrovare il senso delle parole da dire ripercorrendo il percorso di questi anni, che ha visto diverse realtà camminare insieme attorno ad una visione e a progetti condivisi – non ciascuna come un protagonista solitaria, ma insieme, come compagni di viaggio di un percorso che ci ha visto sostenere l’iniziativa degli uni e degli altri con tenacia.
Così, nella presa di coscienza, promossa e diffusa nelle realtà associative dei Focolari, della necessità di partire da scelte personali per essere concreti, coerenti, conseguenti:
- dal rifiuto di offerte di lavoro in fabbriche di armi o di carriere in studi di ricerca per strumenti di morte sempre più sofisticati,
- al coraggio imprenditoriale di aziende che hanno rifiutato commesse all’interno della filiera della produzione bellica,
- alla chiusura di conti presso banche armate da parte di singoli, associazioni, parrocchie, tesorerie comunali,
- all’impegno quotidiano del TIME OUT alle 12: un minuto di silenzio o di preghiera per la pace,
- al sostegno agli obiettori di coscienza russi, ucraini, israeliani che rifiutano di arruolarsi – in questo ci sono maestri gli attivisti del movimento non violento – insieme alla grande obiezione alla guerra,
- alla solidarietà concreta a tutte le vittime.
Insieme abbiamo lavorato su alcuni nodi decisivi, per andare alle cause strutturale delle guerre:
- Sulla grande questione della difesa della legge 185/90 – l’Italia è tra i primi 10 esportatori mondiali di armi, anche verso Paesi in guerra nonostante il divieto imposto dalla legge 185/90, norma voluta dalla società civile ma costantemente sotto attacco di vari gruppi di interessi.
- Sostenendo il comitato per la riconversione economica nel Sulcis Iglesiente, coinvolto nella produzione di bombe della RWM esportate in Arabia Saudita, che dal 2015 combatte una sanguinosa guerra in Yemen.
- Grazie anche alla mobilitazione dei consigli comunali di diverse città, è stato possibile arrivare a imporre, con voto del Parlamento, nel 2019 la sospensione e poi lo stop all’invio di queste armi, purtroppo rimosso dal Governo con un provvedimento del 31 maggio 2023.
- Il comitato di riconversione non si è arreso: è nata una rete di numerose imprese contraddistinte dalla decisione di essere libere dalla filiera della guerra, con un marchio riconosciuto a livello internazionale – Warfree – per la vendita e diffusione di beni e servizi.
- Insieme abbiamo promosso dal 2021 una forte azione di sostegno alla campagna che chiede l’adesione dell’Italia al trattato Onu di abolizione delle armi nucleari. Papa Francesco, superando ogni ambiguità, ha dichiarato immorale non solo l’uso, ma anche il possesso di tali strumenti di distruzione di massa, presenti anche sul territorio italiano nelle basi di Ghedi e Aviano.
- Abbiamo sostenuto tutte le istanze volte a porre fine al conflitto in Ucraina come in Terra Santa, tese a risparmiare più vite possibili e ad avviare trattative serie di pace. Sosteniamo in particolare la proposta avanzata da Mario Primicerio, che da poco ci ha lasciato e che vorrei qui ricordare, del cessate il fuoco senza condizioni.
- In tanti, abbiamo partecipato alla coalizione Stopthewarnow con le sue carovane verso l’Ucraina.
- E siamo a fianco, insieme alle Commissioni per la Pastorale sociale, dei portuali di Genova e di altri porti che abbiamo visto anche recentemente rifiutarsi di caricare e scaricare armi dirette ai teatri di guerra.
- Nel Movimento dei Focolari poi lavora un gruppo di riflessione e azione – Economia Disarmata – in risposta all’invito di papa Francesco a prendere sul serio il NO alla guerra a partire dalla radice dell’economia che uccide, perché invece di agire per ridurre le inaccettabili diseguaglianze, causa di tutti i mali sociali, fabbrica le armi da destinare ai Paesi attraversati da orribili conflitti. Rispetto al grido che sale da ogni parte della Terra, che dice con forza: “Mai più la guerra!”, restiamo sgomenti di fronte a chi giustifica l’orrore del fratricidio con le ragioni del cosiddetto realismo politico. Crediamo invece che il Vangelo della pace contenga, non solo per i credenti, il più grande realismo della storia. Da qui il nostro contributo per “disarmare l’economia che uccide”, lavorando per una riconversione integrale della produzione e della finanza.
- Nel 2024 nasce il “Laboratorio permanente sulla riconversione economica e industriale” per coordinare le azioni di sensibilizzazione nei territori dove è in forte sviluppo l’industria bellica, con l’obiettivo di riunire la società civile contraria alla deriva militarista della produzione scientifica e tecnologica. Promosso da Pastorale Sociale Lavoro Piemonte e Valle D’Aosta, Centro Studi Sereno Regis, Città Nuova vede le adesioni di: Economia Disarmata Focolari Italia, Comitato riconversione Rwm, Archivio Disarmo, Centro Studi Pax Christi, The Weapon Watch – Osservatorio sulle armi nei porti europei e del Mediterraneo, Fondazione Finanza Etica, Rete Italiana Pace e Disarmo.
La proposta di un ministero per la Pace non nasce sul vuoto, ma vuole dare casa e forza istituzionale al popolo della pace, alla sua cultura e ai suoi processi in atto, contiene una visione profetica, espressione di un realismo necessario in questo nostro tempo. La pace come risultato di un progetto, che si dota di strumenti strategici, come può essere l’istituzione del Ministero dedicato: un progetto di fraternità fra i popoli, di solidarietà con i più deboli, di rispetto reciproco.
Con quanti condividiamo questa costruzione della pace possiamo darci un obiettivo alto, ma non impossibile: mettere il massimo impegno per creare un movimento culturale simile a quello che nel passato portò ad abolire la schiavitù (un’idea forte cara a Gino Strada). La guerra non è inevitabile. Se ha segnato il nostro passato e segna questo dolorosissimo presente, ciò non significa che debba essere parte del futuro.
Possiamo chiamarla “utopia”, visto che non è mai accaduto prima, ma utopia non indica qualcosa di assurdo, piuttosto una possibilità non ancora esplorata e portata a compimento. Nel XVII secolo, “possedere degli schiavi” era ritenuto “normale”. Un movimento di massa nei secoli ha raccolto il consenso di centinaia di migliaia di cittadini, ha cambiato la percezione della schiavitù: oggi l’idea di esseri umani incatenati e ridotti in schiavitù ci repelle.
Un mondo senza guerra è un’altra utopia che non possiamo attendere oltre a vedere trasformata in realtà. Dobbiamo convincere milioni di persone del fatto che abolire la guerra è una necessità urgente e un obiettivo realizzabile.
La guerra non è uno strumento politico. Riconosciamo come strumenti della politica unicamente quelli del dialogo, della diplomazia, del riconoscimento dei diritti umani e dei popoli per la costruzione del presente e del futuro della nostra umanità.
Questo concetto deve penetrare in profondità nelle nostre coscienze, fino a che l’idea della guerra divenga un tabù e sia eliminata dalla storia dell’umanità.
E questo lavorare insieme per un mondo senza guerra è la miglior cosa che possiamo fare per le generazioni future.