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Flannery O’Connor, la ricerca dell’Assoluto

di Pasquale Pellegrini

- Fonte: Città Nuova

Cento anni dalla nascita della scrittrice statunitense di grande talento e di forte originalità nell’indagare il senso dell’esistenza e della vita

Flannery-O’Connor_Foto Wikipedia Common Wiki

Come confrontarsi oggi con Flannery O’Connor nel centenario della nascita? Nella sua letteratura c’è una indicibile tensione interiore, l’ansia di un Dio che rimesta nei meandri inquieti dell’umanità per portare luce nel cuore dell’uomo.

«Mary Flan – scrive Mariapia Bonanate su Famiglia cristiana – costruì ogni giorno la sua personale teologia, ispirata a san Tommaso, soprannominato ‘l’Aquinate’ e arricchita dalla scoperta di Teilhard de Chardin e di Simon Weil. Una teologia fondata sul volto di Cristo crocefisso che scopriva nel dolore della gente comune, nelle vicende di ogni giorno, nei protagonisti dei suoi racconti, nelle loro esistenze disastrate di falliti e di balordi, di violenti, dove Dio offre a ciascuno, come a tutti noi, la sua grazia redentrice».

Nata a Savannah, in Georgia, il 25 marzo 1925, da famiglia irlandese, Flannery O’Connor è morta, a causa di una malattia, il 3 agosto 1964, all’età di 39 anni, a Milledgeville. La sua produzione letteraria, due romanzi, ‘La saggezza nel sangue’ e ‘Il cielo è dei violenti’, e due raccolte di racconti, ‘A good man is to find and others stories’ e ‘Everything that rises must converge’, quest’ultima pubblicata postuma, rivelano una scrittura di grande qualità che consente a O’Connor di conseguire per ben tre volte l’O’Henry Award per i racconti e ottenere alcune borse di studio e due lauree ad honorem.

Fernanda Rossini, autrice di ‘Flannery O’Connor. Vita, opere, incontri’, pubblicato da Ares, scrive su Nuova umanità che «Flannery osserva con attenzione la sua terra e il suo mondo per cogliervi il senso profondo della vita e degli eventi: l’occhio dell’indagatrice conduce la fantasia della scrittrice attraverso percorsi tortuosi ed insoliti a scoprire il significato proprio sotteso a ogni evento, ad individuare in ogni risvolto della vita il mistero dell’esistere e del morire».

Lo fa con l’ottica della sua fede: la O’Connor è cattolica e la sua letteratura non può essere disgiunta dal suo credo. Esso – scrive Luca Doninelli nella postfazione al romanzo ‘La saggezza nel sangue’ – non è una chiave interpretativa del mondo, non è un modo di vedere il mondo, non è una weltanschauung. È il mondo così com’è.

«Se non fossi cattolica – dice la O’Connor’ – non avrei ragione di scrivere, nessuna ragione di vedere, nessuna ragione di provare orrore, o di provare piacere in nulla». «Avere come punto di riferimento la religione cattolica – spiega Fernanda Rossini – non costituisce una restrizione di prospettiva per Flannery O’ Connor, non comporta l’obbligo di vedere il mondo in un modo dettato, ma rappresenta la libertà di porre il concreto nella sua giusta dimensione, la possibilità di avere uno sfondo al quale far riferimento e con il quale comparare il mistero dell’uomo». In lei il cattolicesimo si identifica con la realtà, “è la forma stessa del mondo fisico”, suggerisce Luca Doninelli nella postfazione a ‘La saggezza nel sangue’.

Nelle storie di Flannery O’ Connor il punto nodale è la grazia. Proprio per questo, ragiona Doninelli, è una scrittrice disturbante: “sostiene che non si può essere realisti se non si è toccati dalla Grazia, ossia se non si è cristiani cattolici”. L’irruzione della grazia nelle narrazioni della O’Connor ha una tensione ineludibile, un valore salvifico, è il ‘Punto Omega’ dove tutto converge e si trasforma, secondo il pensiero di Pierre Teilhard de Chardin che la scrittrice ha ben chiaro. «Il protagonista delle sue opere, arroccato in se stesso viene attratto e respinto da un Assoluto, percepito in modo ambivalente come ingombrante e salvifico», chiariscono Antonio Spadaro e Elena Buia su Civiltà cattolica. «Il tutto fino al drammatico incontro-scontro finale, fino all’inesorabile capitolazione dell’Io, fino alla catartica accettazione di una trascendenza che salva attraverso una violenta irruzione della Grazia». Essa è il significato profondo, tutto ciò a cui ogni realtà mostrata dalla scrittrice di Savannah allude.

Il grottesco, il mistero, il terrore che infarciscono i racconti e i romanzi Flannery O’Connor sono espedienti per portare il lettore a comprendere la forza della grazia nei territori del diavolo.  «Creando un’atmosfera grottesca – osserva Antonio Spadaro – il mondo non viene più visto in modo convenzionale e si è obbligati, se così possiamo dire, ad andare oltre». In quell’oltre c’è il richiamo profondo a Dio. «La rappresentazione del mondo sulla pagina deve essere retta da una trama intrinseca, percepibile, che riesce a mediare per il lettore il significato profondo che le parole celano», suggerisce Rossini.

«L’equilibrio che la O’Connor stabilisce tra evento narrato e significato intrinseco, tra l’uso di simboli e realtà rappresentata dal suo particolare punto di vista è lo specchio del suo essere scrittrice: dettagliatamente curato e costruito, pungente, irripetibile». Come la sua breve, ma intensa esistenza. In Flannery O’Connor Dio è tutto, al di là di ogni umana tragedia, compresa la sua difficile condizione di salute. La sua letteratura è il rispecchiamento di quella totalità.

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