Europa, ripartire dalla cultura

Intervista a Federico Favi, 29 anni, laureato in filologia classica all'università La Sapienza, un dottorato all’università Normale di Pisa e di Friburgo, attualmente docente presso l'università di Oxford

All’approssimarsi delle elezioni europee del 26 maggio è emblematico ascoltare un punto di vista di Federico Favi, giovane studioso italiano che ha avuto modo di vivere in alcune città del continente

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Il processo di unificazione politica ed economica europea presuppone un’effettiva integrazione sul piano culturale. Esiste un patrimonio condiviso a livello europeo in cui i cittadini degli Stati membri possano riconoscersi come parte di una comunità? In tal senso quale ruolo può svolgere la cultura classica?

L’esistenza di un patrimonio culturale condiviso in ambito europeo è riscontrabile chiaramente nella vita quotidiana. Si tratta di un patrimonio tangibile e intangibile, in quanto presente nel nostro immaginario, nei concetti e nelle parole che utilizziamo, ed è in massima parte derivato dalla tradizione classica. La scuola svolge senza dubbio un ruolo primario nella trasmissione di una simile eredità culturale, il curriculum scolastico, ad esempio, al di là delle differenze nazionali e degli sviluppi più recenti, ha come fondamento una stessa idea di educazione e uno stesso bagaglio di saperi.

La cultura classica può costituire al tempo stesso un argine al riemergere del nazionalismo?
La tradizione classica garantisce, di fatto, questa unione culturale. Trattandosi di un patrimonio sovranazionale, veicola dei messaggi che vanno al di là dei particolarismi e che quindi mantengono inalterato il loro ruolo guida e di collante fra le culture nazionali. La tradizione letteraria, filosofica e politica dei Paesi europei è di fatto allieva di quella classica. Figure di primo piano dall’età moderna in poi hanno sempre guardato agli autori antichi come a dei maestri, non sentendoli come estranei alla loro specifica realtà nazionale. Anzi, questo ha facilitato l’integrazione fra le culture. Anche oggi, studiare i classici significa studiare la cultura comune di tutta l’Europa.

Nel tuo percorso di studi classici sei entrato a contatto con alcune fra le più note università d’Europa. Alla luce dell’esperienza maturata all’estero qual è la tua percezione delle istituzioni europee e che cosa ti aspetti dalle imminenti elezioni per il rinnovo del Parlamento?
In occasione di soggiorni di studio all’estero ho potuto riscontrare, più nel concreto, quanto la dimensione istituzionale a livello comunitario (un esempio è ovviamente il progetto Erasmus ma non solo) abbia una forte ricaduta in positivo nel rendere più agevole e produttiva la mobilità, favorendo gli scambi culturali e lavorativi fra i Paesi membri. In tale prospettiva c’è da augurarsi che le forze politiche impegnate seriamente nel favorire il processo di unificazione politica a livello europeo, possano essere ripagate a livello elettorale, malgrado le tendenze nazionalistiche e separatiste.

C’è un tema specifico sul quale ritieni necessario soffermarsi nel dibattito in vista delle prossime elezioni europee?
A mio avviso sarebbe auspicabile lavorare maggiormente nel far capire al cittadino comune, che magari non ha l’occasione di viaggiare per lavoro o studiare all’estero, l’importanza di avere delle istituzioni comuni a livello europeo, una ricchezza di cui beneficiano tutti. A tale scopo, trasformare la Ue in una vera unione politica, più di quanto non sia oggi, sarebbe un traguardo importante.

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